‘Lo rifarei’, gioie e dolori di militanza comunista

Una storica fotografia di via delle Botteghe Oscure a Roma, sede del Partito Comunista
Una storica fotografia di via delle Botteghe Oscure a Roma, sede del Partito Comunista
di Umberto UCCELLA
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Giovedì 28 Aprile 2022, 05:00

Ciccio e io ci conosciamo da tanto tempo. Siamo di quella generazione di militanti e dirigenti comunisti, a diversi livelli, nati sul finire degli anni Quaranta fino alla seconda metà dei Cinquanta. Una generazione fortunata perché abbraccia un intero secolo di storia. È la generazione che ha conosciuto i grandi del Pci, quelli che hanno fatto la Resistenza e la Repubblica, ed è giunta sulla soglia del confronto con coloro che si affacciano alla politica oggi, in questi anni Venti del ventunesimo secolo.

Una storia vissuta dal di dentro

Lo rifarei. Vita di partito da via Barberia a Botteghe Oscure” di Francesco (Ciccio) Riccio (con la prefazione di Gianni Cuperlo) è un affresco su un pezzo importante di storia del Partito Comunista Italiano e di ciò che è venuto dopo (Pds, Ds). Una storia vissuta dal di dentro. Con una folla di personaggi che si distinguono per costumi, stili di vita, comportamenti che appartengono a una tradizione di disciplina e di austerità, ma persone colte e, allo stesso tempo, umili e alla mano. Voglio però dire che quello che Ciccio ha scritto è un libro di storia. Sì, pur non avendolo inteso in tal modo, è storia quella che racconta. La storia di una generazione importante di dirigenti comunisti postberlingueriani che porteranno la sinistra al governo dell’Italia in un assetto bipolare del nostro sistema democratico.

È il diario, arricchito da un’acuta riflessione politica, di un lungo processo politico che si snoda dalla guida del Pci nelle mani di Enrico Berlinguer fino ai governi dell’Ulivo, passando per il triennio ‘89-‘91. Quello in cui si conclude la vicenda del Pci, in seguito alla caduta del Muro di Berlino. È l’agenda quotidiana, infarcita anche di una gustosa aneddotica, delle gesta di un gruppo dirigente che imprime alla Sinistra una svolta epocale. 

Ciccio, da Locri, si trasferisce a Bologna nel 1967. È il luogo e il tempo dell’Università. Si laurea in Medicina e Chirurgia, ma sarà per oltre trentacinque anni un funzionario del Pci (Pds-Ds). Comincia nella stessa Bologna nella “Federazionepiugrandedoccidente”, detta tutta d’un fiato. Poi, a Roma, nella mitica sede di Via delle Botteghe Oscure. Uno di quelli dell’apparato, come si diceva anche con una punta di esplicita diffidenza. O con aria di arrogante superiorità, persino dall’interno stesso del partito. Insomma uno di quelli che sapevano ben dosare e maneggiare disciplinata obbedienza e pensiero critico. E che, nei passaggi cruciali, non hanno mancato di schierarsi nella vivace dialettica interna. È il caso della svolta di Occhetto, nel 1989, ma anche quello della disputa per la Segreteria del Pds tra Massimo D’Alema e Walter Veltroni, nel 1994. 

Ciccio Riccio si occupa, con passione e profitto, dell’organizzazione delle Feste dell’Unità. I grandi eventi di massa che segnavano, a settembre, la ripresa dell’iniziativa politica del partito. Poi, nel 1995, con la scomparsa del compianto Marcello Stefanini, assurge alla carica di Tesoriere nazionale del Pds. Era una carica particolare. La responsabilità era caratterizzata da grande autonomia e il Tesoriere era eletto direttamente in Segreteria nazionale dal Congresso. È con lui che, nel 1996, avrò spessissimo a che fare.

Occupandomi della campagna elettorale del Segretario del partito (D’Alema) nel Collegio di Gallipoli-Casarano nelle elezioni politiche di quell’anno, busso a denari. Che, al Segretario, ovviamente, non si negano mai. Anche se le risorse della Direzione del partito sono aggiuntive e non sostitutive di una larga sottoscrizione organizzata tra i sostenitori locali e nazionali del parlamentare del Salento. 

L'accesa campagna elettorale del 2001 a Gallipoli

Ciccio verrà poi a dare personalmente una mano cinque anni dopo nello stesso Collegio. Questa del 2001 è infatti la campagna elettorale più difficile in quel Collegio. Massimo D’Alema decide di sfidare Alfredo Mantovano senza il “paracadute” del listino proporzionale. Dove indica Peppino Caldarola a capeggiarlo. Berlusconi scende a Gallipoli in elicottero per “cacciare D’Alema dal Parlamento italiano”. Ma noi non siamo certo una forza imbelle e, con Ciccio (io ero il Segretario della Federazione provinciale Ds) e tanti altri che lui stesso ricorda e cita, organizziamo una vivacissima campagna elettorale. Viene Giuliano Amato, Presidente del Consiglio in carica. E, poi, artisti e intellettuali di prima grandezza. Ci sono Gianni Morandi e Fabio Fazio e altri ancora. I sondaggi di Collegio, fino a pochi giorni dal voto, ci danno in svantaggio. Ma vinciamo. D’Alema supera il 51% dei voti, Mantovano si ferma al 45%. Vinciamo nel Collegio e perdiamo in Italia. Al governo, torna Berlusconi, la destra. Il Mezzogiorno, che con l’Ulivo aveva accorciato di qualche punto la sua distanza dal centro-nord, torna nell’ombra, ricacciato lì dal forzaleghismo che si riprende la scena.

Storia di vita quotidiana e di eccezionali eventi

Dunque, quella che ci presenta Ciccio Riccio, è la ricostruzione di una lunga catena di vicende, narrate con fluidità di penna e con grande ironia e senso dell’umorismo. Perfetto è il profilo dei personaggi che campeggiano sulla scena. Particolari comici emergono di tanto in tanto. Le battute taglienti di D’Alema, le “visioni” veltroniane, le crude reprimende degli uomini della tesoreria di fronte all’enorme quantità di questioni da gestire. Insomma, l’autore svolge un grande lavoro di memoria e di cesello. Nato praticamente dal nulla. Lui, infatti, propone sui social frammenti di memorie che, però, via via assumono il quadro organico di una puntuale rivisitazione di un’esperienza personale che, per i luoghi in cui si dipana, diventa storia. Storia di ordinaria vita quotidiana che incrocia la storia di grandi eventi, di svolte profonde e anche di rotture dolorose. Insomma, storia di Sinistra.

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