Alessandro Leogrande e le "Male vite", l'illegale specchio della società

Alessandro Leogrande e le "Male vite", l'illegale specchio della società
di Claudia PRESICCE
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Giovedì 1 Aprile 2021, 13:52

Il crimine è la faccia sporca della medaglia, ma secondo alcuni produce tra il 5 e il 10 per cento del Pil mondiale. E ciò che porta benessere, difficilmente viene messo in discussione. È stato così nel secolo scorso, è così anche in quello che stiamo vivendo. Quando si dice voglia di cambiare il mondo, chi lo ha letto o ancora di più chi lo ha conosciuto, o sentito parlare, o visto all'opera, quaggiù da noi in Puglia (ma non solo qui) pensa a persone come lui.

Pensa ad Alessandro Leogrande. Una mente come quella dello scrittore e attivista tarantino, nonostante l'amarezza delle tante cose non fatte per la scomparsa prematura, lascia una scia luminosa di idee e progetti che non si spengono con la luce dei suoi occhi. Perché lui è una dimostrazione tangibile di quanto le utopie possano essere cavalcate e segnare un inizio di plausibilità all'impossibile. L'inizio per lui è stata sempre una ricerca sul campo, un'inchiesta con dati e fatti che poi argomentati dalla sua penna sono diventati letteratura, bella e militante. Ma un inizio sempre, mai un virtuosismo sterile.

È il caso dell'opera da oggi ritornata in libreria con un nuovo costume che Alessandro Leogrande pubblicò due volte, in due Italie diverse: prima nel 2003 e poi, riaggiornata, nel 2010. Si tratta di Le male vite. Storie di contrabbando e di multinazionali, ripubblicata ora da Feltrinelli con una illuminante prefazione di Gianfranco Bettin.

Il libro entra nelle dinamiche del contrabbando di sigarette che fino a due decenni fa era un fenomeno visibile agli angoli delle strade, una sorta di corredo urbano tollerato nelle città di cui era difficile scorgere il volto criminale. Sembrò poi scomparire dopo le incisive operazioni di polizia. Mai la criminalità organizzata però perde del tutto un affare d'oro pianificato così capillarmente, semmai, abbracciando un postulato rubato alla scienza, lo ripensa: nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.

Il crimine è uno specchio straordinario delle trasformazioni sociali scrive Leogrande non è mai attività delinquenziale fine a se stessa, né semplicemente la manifestazione del male, dell'illecito, della frode, della violenza Il crimine ha a che fare con la produzione di denaro, con la sua accumulazione e la sua redistribuzione. Ha a che fare con i rapporti di forza insiti nelle società che attraversa, con i palazzi del potere politico, con i consigli d'amministrazione delle multinazionali, con l'internazionalizzazione dei mercati finanziari, con la de-localizzazione della produzione, con l'erosione delle funzioni degli stati nazionali, con la privatizzazione del mondo.

È solo l'inizio, le prime righe bollenti di un libro che diventa necessario per capire le dinamiche di un certo mondo delinquenziale che corre più veloce di noi. La stessa società quindi va vista attraverso le sfaccettature delle mutazioni della malavita. Lo diceva Pasolini, lo ripete attualizzando il concetto Leogrande. Spiega che bisogna ripartire dall'analisi profonda della corruttela e delle disfunzioni della società italiana novecentesca, del rapporto economia criminale e politica, delle metastasi del Palazzo e della sua burocrazia che ci hanno fornito intellettuali come Salvemini, Pasolini e Sciascia, ma poi guardare avanti senza il conforto dei padri.
Se un tempo si guardava al Palazzo, oggi, scrive Leogrande, il rapporto crimine-economia-politica si de-localizza, si disperde nel tessuto sociale e nella creazione di nuovi poteri. La società tardo capitalistica ha nuove regole per un'ascesa sociale arbitraria: la scalata all'arricchimento facile viaggia sui binari cariati della globalizzazione dove volano tra i continenti traffici e mercati illeciti. Per questo, per le mille diramazioni possibili, Leogrande diceva che oggi bisogna parlare di male vite al plurale, più che di malavita: dalle gang criminali pseudomafiose ai colletti bianchi che favoriscono business illegali, tra politici, avvocati e poliziotti corrotti e soprattutto broker internazionali che sanno immettere capitali illeciti nella finanza internazionale.

E prima di tutto è un problema sociale.

Quando delinquere diventa l'unica scelta per il raggiungimento di uno standard di vita che permetta il soddisfacimento di tutti gli input che sono lanciati dalla società dei consumi, il crimine si fa fatto sociale: queste parole proprio oggi dovrebbero ancor più allarmare... Infatti il sistema del contrabbando ha trovato linfa vitale nell'impoverimento di molti, è diventato un altro sistema economico integrato con quello lecito, e soprattutto si è fatto interlocutore delle aree povere e marginalizzate del Sud e dei Balcani, creando quelle migliaia di posti di lavoro che la politica ha spesso promesso e mai realizzato. Questo intero indotto economico si è annodato al riciclaggio, poggiandosi e a sua volta rafforzando una rete criminale definibile economico finanziaria tra Stati Uniti, Svizzera, Montenegro, Italia, Spagna, Gran Bretagna. Quindi, l'omino che vendeva sigarette all'angolo della strada col cofano aperto che avrà tirato su un milione di lire al mese, o poco più, era l'ultimo infinitesimale tassello di un'organizzazione enorme.

Dopo il 23 febbraio 2000 con il successo dell'Operazione Primavera quel traffico è stato colpito al cuore. Sgominato quell'ultimo strato, nessuna cassa di sigarette è più sbarcata indisturbata sulle coste adriatiche italiane. Accanto al lavoro della polizia, lunga e silenziosa è stata l'azione delle Direzioni distrettuali antimafia di Bari e di Lecce con pm come Giuseppe Scelsi, Leonardo Leone De Castris, Cataldo Motta e altri: è grazie a loro che sono stati arrestati i trafficanti di sigarette e molti boss della Sacra corona unita, strettamente legati ai primi.

Leogrande segue come un segugio tutta la storia articolata tra queste pagine, e poi la aggiorna con i dati degli anni successivi alla prima stesura, con i processi non sempre finiti bene (ulteriori aggiornamenti in questa edizione). Così scrive nel 2010 alla fine, i grandi trafficanti non hanno perso. Dopo la trasformazione del Montenegro, il traffico è stato riorganizzato in altro modo. Il mercato ha trovato le sue nuove strade. Stando alle informazioni dell'Olaf (Ufficio europeo per la lotta anti-frode), attualmente le sigarette vengono trasportate per mare o per via aerea a Cipro, dove vengono stoccate in depositi doganali. Dopo essere caricate in container (esattamente ciò che avveniva prima che arrivassero in Montenegro), lasciano Cipro verso le più svariate destinazioni....

La storia continua quindi tra Medio Oriente, Mar Nero, Mediterraneo centrale, tra Tunisia, Libia, Gioia Tauro, Capodistria. Ma a quel mercato del tabacco organizzato il libro guarda come parametro oggi del processo di finanziarizzazione delle nuove mafie e dei loro campi di azione molteplici, dalle sigarette al traffico di organi, droga, armi, rifiuti, avvantaggiati dall'indebolimento degli Stati nazionali, dall'inconsistenza di controlli sull'economia globale, ma soprattutto dalla libertà delle multinazionali di non avere freni alle transazioni finanziarie né rogne nei paradisi fiscali.

La Prefazione davvero densa di Gianfranco Bettin si chiude con un pensiero condivisibile. I libri, il lavoro di Alessandro, la sua figura stessa di ragazzo, di giovane uomo, di intellettuale e di attivista civile e politico, non isolato, hanno mostrato e mostrano anche in questo libro prezioso verso dove bisogna guardare, verso dove bisognerebbe andare.

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