La guerra all’esame delle scienze sociali

La guerra all’esame delle scienze sociali
di Claudia PRESICCE
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Domenica 1 Maggio 2022, 05:00

Tra crimini e diritti umani, tra Storia e presente, tra ideologie e mediazioni della comunicazione, tra variabili sociali e psicologiche: che cosa significa per la contemporaneità fare la “guerra” oggi. Che cosa si muove, e resta dietro, quella che è comunque un’apocalisse vicina che nessuno avrebbe mai voluto vedersi accendere. Guardare oggi dentro alla tempesta contemporanea, dentro ai venti di guerra in Ucraina che sembrano spostare il baricentro delle cose dell’Occidente (e non solo), può servire a metter in piedi un dibattito tra chi, in maniera trasversale e da latitudini diverse, si occupa di analisi culturali. E può anche diventare un tappeto su cui poggiarsi per cominciare a tessere tele sulle quali poi, con impegno, ricamare futuri possibili…

Si intitola “Scienze sociali e Guerra. Prospettive analitiche” il Convegno di Studi che si svolgerà il 3 e 4 maggio presso l’edificio 6, aula 7, del Complesso Studium 2000 organizzato dall’Università del Salento (nella fattispecie dal Dipartimento di Storia Società e Studi sull’Uomo e dal Corso di Studi in Sociologia; è possibile seguirlo anche in collegamento su Microsoft Teams: http://bit.ly/3vFaqKl ). Vedrà il coinvolgimento della comunità accademica nel tentativo però di interessare un pubblico più vasto per fornire «un’opportunità per interpretare la guerra in Ucraina con gli strumenti delle scienze sociali», come spiegano i docenti UniSalento Emiliano Bevilacqua, Angelo Salento e Ferdinando Spina, componenti del comitato scientifico dell’iniziativa. 

Una discussione pubblica

Per iniziare un dibattito pregnante bisogna partire dalla comprensione del contesto geopolitico dei territori interessati al conflitto, e così, spiegano i docenti, «individuare le forze sociali che muovono gli attori politici e immergersi nel drammatico vissuto interiore delle vittime attraverso una prospettiva scientifica interdisciplinare, che contribuisca alla discussione pubblica veicolando una conoscenza consapevole e attenta dei conflitti e delle politiche europee». 

Naturalmente non si può, in una stagione come questa, aprire un tavolo di discussione senza coinvolgere altre università italiane, ma soprattutto senza coinvolgere protagonisti della cultura e della vita pubblica direttamente interessati dai due fronti, ucraino e russo. Interverranno infatti, con i loro differenti approcci, Vincent Ligorio, docente di Relazioni internazionali alla Russian presidential accademy of national economy and public administration, e Yulia Sobolta, psicologa clinica direttrice della Ong “Consenso” in Ucraina. 

«La guerra in Ucraina mostra come in un mondo post-materialista i conflitti vengano combattuti sempre più, oltre che con sorprendente brutalità militare, attraverso guerre culturali che ricorrono alla strumentalizzazione della memoria storica e dei valori morali – spiega Bevilacqua – va sottolineato infatti come sia attuale la visione di Max Weber, tra i padri fondatori della sociologia, per cui sono interessi materiali e anche ideali a motivare i comportamenti delle persone. Non soltanto dunque bisogni materiali, ma anche intime convinzioni interiori che trovano legittimità nella storia. Il caso evidente del ricorso alle ideologie come strumento di lotta politica è offerto dalle retoriche antinaziste della federazione russa, i cui vertici hanno in realtà recentemente finanziato movimenti sovranisti e post-fascisti del mondo occidentale…». 

Due tipologie di relazioni sociali

Evidenze di nazionalismi tuttavia in questa guerra sono visibili da entrambe le parti, sia pure con posizioni opposte, ma la narrazione mediatica degli eventi non sempre però ne coglie le sfumature. Parla di una Russia in cui le decisioni prese siano meno nette di quanto l’Occidente pensi, Vincent Ligorio, docente russo che sarà a Lecce per il Convegno: «Uno dei principali errori che abbiamo commesso e che stiamo commettendo nell’analisi delle vicende russe – dice il docente di Relazioni internazionali – è quello di considerare questo paese come un unicum monolitico dal punto di vista politico-sociale. Ma il processo di decision making è dettato da due tipologie di relazioni sociali che si sovrappongono: l’esistenza e il rapporto tra le elite di potere, come siloviki, apparatchik, diplomatici, e relazioni tra centro e periferia in un sistema politico altamente istituzionalizzato».

A capire dunque possibili prospettive e dove stiamo andando, può certamente contribuire l’analisi dello storico delle relazioni internazionali. «Le previsioni sono difficili, anche se ormai analisti degli Usa prevedono che, con la resistenza ucraina, il conflitto potrebbe durare anche per anni – spiega Daniele De Luca, docente Unisalento – riguardo le soluzioni possibili le richieste sono già sul tavolo: la demilitarizzazione dell’Ucraina e l’impossibilità di entrare nella Nato. La seconda è la più fattibile, non credo che sarebbe entrata nella Nato neanche prima del conflitto. Invece la demilitarizzazione è più difficile, nessuna nazione può ritrovarsi nella totale impossibilità di difendersi e per fortuna così l’Ucraina è andata avanti. Bisogna stare molto attenti però a quello che avviene sul fianco meridionale della federazione russa dove ci sono due province già autoproclamatesi indipendenti…».

Gli effetti sulla psiche della popolazione

Entrerà tra le pieghe sociali invece, il discorso della psicologa ucraina Yulia Sobolta, e verterà soprattutto sugli effetti del conflitto sulla psiche della popolazione: «La predisposizione al disturbo da stress post-traumatico e ad altre conseguenze della guerra varierà a seconda del ruolo sociale e del modo in cui si sarà affrontata questa guerra – spiega – la preparazione fisica e morale sarà diversa per tutti.

Anche i militari non possono essere sicuri delle reazioni fisiologiche del loro corpo sul primo campo di battaglia o sotto il primo fuoco».

Ma anche in chi non la vive in prima persona, è facile avvertire un senso di spaesamento di fronte a un fenomeno inatteso e odioso come la guerra, è facile sentirsi in balìa di eventi troppo grandi e non sempre i media sono in grado di offrire risposte efficaci.

«Nell’organizzare questo convegno, come sociologi – spiega Spina – abbiamo avvertito il bisogno di dare ai nostri studenti e alla nostra comunità, delle risposte utili ad una lettura autoriflessiva, consapevoli che la comprensione degli eventi non sia mai obiettiva, ma condizionata dalla nostra posizione specifica nella società e nel mondo, e che quindi sia sempre necessario il confronto con posizioni e idee diverse dalle nostre».

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