Un epistolario di oltre 200 lettere, un racconto intimo ed essenziale, eppure così profondo ed umano.“Cara mamma, lettere ai familiari” (1948-1964) è il titolo del libro che raccoglie le missive che il futuro sacerdote e vescovo Tonino Bello (venerabile e in attesa di essere dichiarato beato) ha scritto a sua madre negli anni in cui era seminarista. Sono stati il fratello e il nipote a decidere di pubblicare i testi custoditi gelosamente per anni. Il volume, come si legge infatti sulla copertina, è curato da Trifone e Stefano, con la prefazione del presidente della Fondazione Don Tonino Bello di Alessano, Giancarlo Piccinni.
Il volume
Centotrentadue pagine scritte da don Tonino ragazzo e giovane, «lettere ingiallite dal tempo e impregnate di un profumo quasi secolare», riporta la prefazione «che per oltre un decennio sono state l’unico mezzo di comunicazione tra il giovane e la sua “cara mamma”, mamma Maria, quando l’allora giovanissimo Tonino frequentava i seminari di Ugento prima, Molfetta e Bologna successivamente. Lettere con le quali il Tonino esprimeva una frequentazione costante, quasi quotidiana, una presenza assidua nel cuore della sua casa e della sua mamma, un modo per dire ogni giorno “ci sono”, “ti voglio bene”.
L'epistolario
Un epistolario che offre elementi nuovi e originali, che contribuiscono in maniera preponderante alla ricostruzione della biografia di una figura che, a distanza di tempo, appare sempre più profetica nella storia della Chiesa contemporanea. Missive molto semplici nel linguaggio, ma che già testimoniano, attraverso le attenzioni alla madre e alla sua famiglia, una profonda attenzione verso il prossimo, verso gli ultimi. Attenzione che diventerà più esplicita, quando don Tonino, da vescovo “scomodo” conierà l’espressione “Chiesa del grembiule”, a sottolineare con forza il dovere e la bellezza di stare sempre dalla parte dei più deboli.
Una scrittura, la sua, dal potere evocativo, che in questi testi emerge in tutta la sua complessità. «Intense sensazioni mi rapiscono quando mi abbandono alla lettura dei testi di don Tonino Bello - scrive Piccinni nell’incipit del libro - dal rispetto profondo a un timore inspiegabile, dalla attesa incessante di qualcosa di nuovo al senso di edificazione che solo la bellezza può donare. Ma quando i testi sono scritti di suo pugno, la sua grafia evoca in me indicibili emozioni sino al batticuore. E’ questo che ho provato quando Trifone Bello e Stefano Bello mi hanno affidato queste cartoline, perché potessero essere messe a disposizione di quanti amano don Tonino».
L'attenzione agli ultimi
La semplicità e l’umanità che emergono dall’epistolario raccontano un’epoca fino a qui poco conosciuta di don Tonino: quella della sua formazione e della comprensione del proprio ruolo nel mondo e nella Chiesa. Una crescita di cui proprio la mamma è la prima testimone. «Tonino spostava sempre più in là l’orizzonte della sua conoscenza e stargli dietro non era semplice» si legge ancora nella prefazione curata da Piccinni. Mamma Maria «lo seguiva, lo ascoltava, lo “spiava”. Lo generò alla spiritualità dell’essenziale. Poi pian piano il giovane prese il volo, verso nuovi mondi: custodiva l’antico, ma era affascinato dall’inedito, era premuroso verso di lei e verso i fratelli ma anche attento agli ultimi della sua città, innamorato della sua terra ma anche attratto dall’ignoto, da ciò che l’oltreconfine già respirava. Non sempre sua madre lo capiva, ma sempre lo seguiva, non sempre ne afferrava i concetti, ma comunque custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».
E fu proprio mamma Maria «la prima a meravigliarsi per le potenzialità, la grandezza, la generosità, la mitezza, l’intelligenza di fede del suo Tonino e gli stette accanto». E della sua creatura - conclude Piccinni - percepì la diversità, l’unicità, l’originalità. E, forse, incredula, intravide anche le prime gemme di santità, capendo che quel figlio non le apparteneva più. «E vedendo come il giovane Tonino cercava con tutte le energie, ogni giorno, un percorso di senso, lei stessa scopriva il senso del suo percorso di donna, di cristiana. Da lui imparò. E da madre si fece figlia, figlia del figlio». Di quel figlio, il cui ministero episcopale, caratterizzato dalla rinuncia ai segni esteriori del potere, si svilupperà sull’idea di fede al servizio, per un usare un’espressione tanto cara a papa Francesco, di una Chiesa davvero in uscita, che si spinge oltre il dovere dell’elemosina, che cammina con le persone indigenti e ne condivide i problemi e le speranze.