Delibere al femminile: sugli atti ora è "sindaca"

Delibere al femminile: sugli atti ora è "sindaca"
di Roberta Grassi
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Martedì 19 Luglio 2016, 13:26 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 10:13

BRINDISI - Se nel Regno Unito a mutare - e non di poco - è perfino l’inno nazionale, modificato da “God save the queen” in ”God save the king” in caso di successione di un re a una regina o viceversa, a Brindisi si rifanno i documenti. Dopo l’elezione della sindaca Angela Carluccio, infatti, sono state modificate al femminile tutte le intestazioni ufficiali. Mancano all’appello soltanto le carte d’identità, per le quali bisognerà attendere che i moduli dell’epoca passata vadano esauriti, per farne arrivare dei nuovi, aggiornati ai tempi che corrono. Al di là delle comunicazioni informali, i comunicati stampa e le locandine degli eventi, dopo l’elezione (recentissima) della sindaca c’è stato un restyling generale. Sin dalla primissima ordinanza. In ossequio a quanto ormai sdoganato dall’Accademia della Crusca e condiviso da linguisti di fama riconosciuta. La scelta, la stessa delle due pentastellate di Roma e Torino, Virgina Raggi e Chiara Appendino, è destinata a far discutere. Dà puntualmente il via a un dibattito, tra favorevoli alla declinazione al femmile e contrari alle manomissioni, che coinvolge uomini e donne tra cui indistintamente si collocano favorevoli e contrari alle trasformazioni linguistiche di genere.

 

C’è chi sostiene che la scelta del femminile di una parola non “ambigenere” sia atto dovuto, nel rispetto dell’evoluzione della lingua che va di pari passo alle trasformazioni della società. Tra questi, il docente universitario Rosario Coluccia, ordinario di Linguistica italiana e Accademico della Crusca. E c’è chi invece ritiene che il prodotto sia cacofonico, anche una volta sopraggiunta l’abitudine. Qualche perplessità iniziale l’ha nutrita perfino la nuova eletta allo scranno più alto della città messapica. Superata poi dall’uso comune della parola “sindaca” a cui Brindisi non ha faticato ad abituarsi. Via le vecchie carte, insomma. Le delibere di giunta, le determine dirigenziali, ogni singolo provvedimento redatto a palazzo di città, saranno intestati e firmati al femminile singolare.

Si fa chiamare “sindaca” anche Francesca Torsello, neoeletta ad Alessano. Quanto al Comune salentino va segnalato per altro una sorta di piccolo record. Le donne sono in maggioranza tanto in giunta, quanto in consiglio. Le assessore battono gli assessori tre a due, le consigliere i consiglieri 7 a 6. I documenti ufficiali sono rimasti al maschile, una scelta che ossequia il rigore della tradizione. Ma anche Torsello preferisce “sindaca” a “sindaco” ed è così che viene riportato, ad esempio, sui manifesti degli eventi in cui viene indicato il suo nome.

La querelle linguistica 2.0 è, quindi, ancora aperta nonostante i chiarimenti dell’Accademia della Crusca. E riguarda non soltanto la politica, dove la pioniera dell’adeguamento di genere è stata l’attuale presidente della Camera, Laura Boldrini, ma anche altri settori.
Il sindacato, dove permangono i “segretari” anche quando la carica è ricoperta da donne. La magistratura, dove è difficile trovare un’alternativa alla definizione “sostituto procuratore”. Sembra piuttosto risolto il problema tra gli avvocati: avvocata, al femminile. Avvocatessa, è stato anche formalmente rappresentato in Tribunale, non sembrerebbe appropriato.  

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