Giudizio immediato per il prete accusato di aver abusato di un minorenne

La parrocchia del quartiere Bozzano a Brindisi
La parrocchia del quartiere Bozzano a Brindisi
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Venerdì 9 Settembre 2016, 17:32 - Ultimo aggiornamento: 10 Settembre, 12:16
Processo sarà, con rito ordinario, per il prete accusato di pedofilia. Il gip di Brindisi, Maurizio Saso, ha disposto il giudizio immediato per don Francesco Caramia, sacerdote 42enne di Mesagne arrestato e posto in carcere nel giugno scorso per abusi sessuali su un minore e ora ai domiciliari presso una comunità religiosa fuori regione. Il processo che si svolgerà inizierà l’11 ottobre prossimo dinanzi al Tribunale di Brindisi in composizione collegiale.
Caramia, assistito dagli avvocati Giancarlo Camassa e Rosanna Saracino, non ha chiesto l’ammissione a riti alternativi.

Don Francesco Caramia


I fatti che gli vengono attribuiti risalgono agli anni 2008 e 2009, quando avrebbe abusato – secondo quanto denunciato da un pediatra e poi confermato dalla presunta vittima – di un chierichetto che all’epoca dei fatti aveva 8 anni. Il ragazzino è stato già ascoltato nel corso di un incidente probatorio celebratosi a porte chiuse, davanti allo stesso gip. Le indagini sono state condotte dai carabinieri e coordinate dal pm Milto Stefano De Nozza: don Caramia nel dicembre del 2015 aveva ricevuto un decreto di perquisizione e sequestri in seguito al quale si era dimesso dall’incarico di parroco della chiesa San Giustino de Jacobis. È stato poi sospeso dalle proprie funzioni dall’arcivescovo di Brindisi Domenico Caliandro.

L’inchiesta prende avvio dalla denuncia di un pediatra. Da lui il minore si reca con la madre e inizia a parlare. La segnalazione del professionista all’autorità giudiziaria è immediata. Il medico decide di superare il limite imposto dal segreto professionale nel nome di un senso della legalità che, a prescindere dai fatti e da come andrà a finire il processo, ha da prevalere su tutto il resto. Così come rimarcato anche dagli inquirenti.
Nel 2008 e nel 2009, per almeno “due volte a settimana” il piccolo sarebbe stato costretto a compiere atti sessuali “per opera di Dio”.

Rapporti sessuali non completi dopo il catechismo, della durata di dieci o quindici minuti. Sempre “intorno alle 18 o 18.15” a quanto riferito dal diretto interessato che qualche volta, trovando una scusa, sarebbe riuscito a sfuggire. Avrebbe sottostato nelle altre occasioni perché “sottoposto a minaccia”. A quanto ha narrato, il prete gli avrebbe rappresentato che nel caso in cui avesse parlato egli avrebbe fatto valere il proprio “grande potere” e avrebbe “fatto perdere il posto di lavoro al padre o avrebbe fatto separare i suoi genitori”.
A ciò si è poi aggiunto il j’accuse in forma privata fatto da don Giampiero Peschiulli, l’ex parroco della chiesa di Santa Lucia, arrestato lo scorso anno e condannato in primo grado a tre anni e otto mesi. In una conversazione intercettata Peschiulli fa esplicito riferimento a don Francesco: “Avessi fatto come tanti che vanno in discoteca pure travestendosi, non ho fatto niente. Poi ci stanno certi, tipo Caramia, che lo fanno proprio alla luce del sole e nessuno rompe i c…”.
A peggiorare il quadro, sempre secondo gli investigatori, la narrazione consegnata dal giovane ex chierichetto al gip, nel corso dell’incidente probatorio. Il parroco, stando sempre alla ricostruzione della presunta vittima, avrebbe detto che “tutto ciò che facevo con lui dovevo stare tranquillo perché era per opera di Dio e che quello era solamente amore che voleva ricevere”.
C’è il racconto dettagliato degli atti sessuali e poi il commento: “Io capivo che non era una cosa per bambini, mi immaginavo che non era una cosa per bambini, gli dicevo sei grande, lasciamo stare. Qualche volta piangevo”.




 
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