Tari, in Puglia costa carissima: è la seconda regione d'Italia. Tutti i dati

Tari, in Puglia costa carissima: è la seconda regione d'Italia. Tutti i dati
Fare poco e male la differenziata e rifiutare ogni tipo di impianto di smaltimento dell’immondizia ha un costo elevatissimo non solo in termini ambientali, ma anche...

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Fare poco e male la differenziata e rifiutare ogni tipo di impianto di smaltimento dell’immondizia ha un costo elevatissimo non solo in termini ambientali, ma anche economici. Non a caso, infatti, in Puglia si paga una delle Tari più elevate d’Italia: è seconda dopo la Campania, con 402 euro di “bolletta” media 2022 per una famiglia. La raccolta differenziata si ferma al 54% (la media italiana è del 63%) con punte di eccellenza come Lecce, Barletta e Andria - che hanno già sfondato quota 60% - e città inchiodate fra il 19 e il 25%, come Foggia e Taranto. Il report “Re-user” dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva prende come riferimento nel 2022 una famiglia composta da tre persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. E ci dicono che la Tari pugliese è ben sopra la media nazionale: 402 euro contro 314, con alcune differenze tra i capoluoghi giacché si va dai 464 euro di Brindisi ai 349 di Lecce. La tariffa è aumentata mediamente del 5,5% rispetto al 2021, con picchi oltre il 10% in particolare a Brindisi e Taranto. 

Il quadro

È al Sud che si registra la spesa più elevata per il costo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, con la Campania in testa a livello regionale (414 euro, e un leggero decremento dello 0,6% rispetto all’anno precedente) e ben otto capoluoghi di provincia meridionali nella top ten dei più cari, guidata da Catania dove una famiglia spende mediamente 594 euro all’anno, un +28% rispetto al 2021. Una pugliese in questa poco lusinghiera classifica: Brindisi, che si piazza al terzo posto fra le più care, con 464 euro a famiglia. La regione nella quale si rileva la spesa media più bassa è il Trentino Alto Adige (212 euro), dove si registra però un aumento del 6,2% rispetto all’anno precedente. Fra i capoluoghi di provincia è Udine quello meno caro, con una spesa media a famiglia di 174 euro. Sono 63 i capoluoghi in cui si registrano aumenti della tariffa, soltanto 27 quelli in diminuzione: l’incremento più elevato a Cosenza (+40,9%), la riduzione più consistente a Caltanisetta (-17,4%). 


La Puglia, insomma, arranca sulla differenziata in aree densamente popolate, come Taranto e tutto il Barese, capoluogo di regione compreso, mentre fallisce l’obiettivo di sfruttare circa novanta milioni di euro del Pnrr per completare o realizzare ex novo degli impianti di compostaggio che consentirebbero di “digerire” l’organico abbattendo di molto le percentuali di rifiuti che finiscono in discarica. E fallisce non perché i progetti non fossero adatti - si pensi a quello, per esempio, di Masseria Ghetta nel Salento - ma perché «dal ministero dicono che sono finiti i soldi», spiega il direttore generale di Ager, Gianfranco Grandaliano. Eppure la Missione 2 del Piano nazionale di ripresa e resilienza si prefigge proprio «di migliorare la gestione dei rifiuti e dell’economia circolare, rafforzando le infrastrutture per la raccolta differenziata, ammodernando o sviluppando nuovi impianti di trattamento rifiuti, colmando il divario tra regioni del Nord e quelle del Centro-Sud». I bandi pubblicati a questo scopo si sono chiusi con oltre 3.800 proposte per nuovi impianti e ammodernamento di quelli esistenti e oltre 300 progetti di economia circolare per investimenti totali di 2,13 miliardi di euro (1 miliardo e 500 milioni per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e ammodernamento di quelli esistenti; 600 milioni per i Progetti “faro” di economia circolare e 30 milioni per Cultura e consapevolezza su temi e sfide ambientali). Secondo quanto riferisce Grandaliano solo otto progetti hanno ottenuto le risorse necessarie, concentrati fra Sardegna, Abruzzo, Molise e Sicilia. E il resto? Si vedrà. Quel che è certo è che il Piano regionale di gestione dei rifiuti, approvato appena un anno fa, sembra scritto sulla sabbia: la differenziata non aumenta, gli impianti non ci sono e le discariche, che si sperava di chiudere nel 2025, restano l’unico orizzonte possibile per la Puglia nel prossimo futuro. E che futuro.  Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia