Ex Ilva, quale futuro? Due forni elettrici (al via i lavori nel 2025) e il ripristino di due altiforni. Il piano

Ex Ilva, quale futuro? Due forni elettrici (al via i lavori nel 2025) e il ripristino di due altiforni. Il piano
Il futuro prossimo dell’ex Ilva sono il ripristino degli altiforni 1 e 2, la manutenzione dell’altoforno 4, la messa in cantiere, nel primo semestre del prossimo anno,...

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Il futuro prossimo dell’ex Ilva sono il ripristino degli altiforni 1 e 2, la manutenzione dell’altoforno 4, la messa in cantiere, nel primo semestre del prossimo anno, di due nuovi forni elettrici che entreranno in attività nel secondo semestre 2027 e sostituiranno gli altiforni 1 e 2, il tutto per giungere a 6 milioni di tonnellate tra fine 2025 e 2026. Ma prima ancora di vedere realizzati questi step, che fanno parte del nuovo piano industriale presentato nel vertice di ieri a Palazzo Chigi, c’è un nodo urgente da sciogliere: i soldi. Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ha un immediato bisogno di liquidità per non affondare. I 150 milioni arrivati nelle scorse settimane da Ilva in amministrazione straordinaria, che li ha prelevati dal patrimonio destinato, sono la classica goccia nel mare. Serve ben altro. E allora il Governo corre ai ripari e mette in cantiere un altro intervento da 150 milioni. Che arriveranno con un decreto nella prossima settimana. Complessivamente, quindi, saranno 300 milioni che si aggiungeranno ai 320 del prestito ponte previsti dal decreto legge di gennaio ma attualmente indisponibili in quanto l’Unione Europea non ha ancora dato il via libera. Ora la presentazione del piano industriale dovrebbe convincere la Ue ad accendere la luce verde sul prestito.

Il piano industriale

«Se non arrivano nel giro di un mese e mezzo, chiudiamo» dice sui 320 milioni Giovanni Fiori, commissario di AdI, secondo quanto riferiscono fonti che hanno partecipato al tavolo, che ha visto al completo le terne delle due amministrazioni straordinarie (Acciaierie e Ilva), i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl e per il Governo il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, e i ministri Adolfo Urso (Imprese), Marina Calderone (Lavoro) e Giancarlo Giorgetti (Economia), quest’ultimo in collegamento. Un prossimo incontro è previsto il 7 maggio tra commissari e sindacati nella sede di Confindustria nazionale. «La situazione ha un livello di gravità che supera quello previsto - dice Urso, sempre secondo quanto raccontano fonti al tavolo -. Acciaierie è tra i dossier più complicati che ci troviamo a gestire. Il piano industriale serve a dimostrare che le risorse del prestito potranno essere restituite. Poi è chiaro che altre risorse dovranno essere messe dal privato che verrà e il Governo farà la sua parte con i fondi pubblici». Urso insiste sulla gravità della situazione. Ricorda che quando si è insediato Giancarlo Quaranta come commissario, il primo ad essere nominato, in azienda c’era un approvvigionamento per altri 3-4 giorni di attività. «Se si fosse spento anche l’altoforno 4, e ci stavamo arrivando, avremmo messo la parola fine - rileva il ministro -. Abbiamo preso l’azienda per i capelli». «La strada è difficile, ci sono molti ostacoli, ma non vedo quale altra strada ci possa essere» risponde il ministro delle Imprese ai sindacati che gli manifestano critiche, dubbi e perplessità sul piano industriale. La cui linea di fondo, spiega il ministro, è la messa in sicurezza degli impianti per poi cedere l’azienda a «chi ci presenterà un piano credibile». «Sapete che mantengo le mie posizioni, mi hanno persino chiamato Adolfo Urss» dice il ministro, che poi rivela come la battaglia con ArcelorMittal non sia affatto chiusa. Ci sono ancora code, strascichi, ma questa è materia su cui stanno lavorando gli uffici legali.

Sul fronte degli impianti si lavorerà sulla ripresa dei tre altiforni esistenti, 1, 2 e 4. È stata invece accantonata la possibilità di riaccendere l’altoforno 5, spento da marzo del 2015. «Le condizioni critiche dell’altoforno 5 imponevano di fermarlo ed è stato fermato - dice il commissario Quaranta -. Mai ArcelorMittal è intervenuta su Afo 5 e oggi ci troviamo con un impianto che non è tale. Se dovessimo intervenire, sarebbe necessario un impegno economico superiore ai 500 milioni. Il rifacimento richiederebbe non meno di due-tre anni». In più, con la futura scomparsa della gratuità delle quote di CO2, produrre 4 milioni di tonnellate con l’altoforno 5 richiederebbe l’acquisto di 8 milioni di quote e questo non sarebbe sostenibile. «Può darsi che possano cambiare le regole - dice Quaranta -, ma intanto abbiamo basato la progettazione del piano industriale sulle regole attuali». E quindi, aggiunge Quaranta, si è puntato al ripristino degli altiforni più piccoli, «per avere tranquillità e sicurezza. Per rifare un altoforno piccolo ci vogliono 250 milioni per altoforno per adeguarlo ad una durata immaginiamo di 20 anni. Abbiamo invece puntato a interventi da 50-60 milioni, mirati alla sicurezza, tra rifacimento del crogiolo e sistema di raffreddamento».

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Quotidiano Di Puglia