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Tre in uno e non era per niente semplice e scontato, per tante ragioni. Tre incontri di massimo rango in una sola missione europea, per apparecchiare il tavolo dei dossier roventi e strategici e per lanciare un segnale politico a tutti i naviganti: la prima trasferta in veste istituzionale di Giorgia Meloni è a Bruxelles, per gettare le basi di relazioni almeno non conflittuali con i vertici europei. Sarà accompagnata da Raffaele Fitto, il ministro degli Affari europei e della Coesione territoriale, sempre più saldo nel ruolo di ambasciatore in Ue e di playmaker dei fondi europei. Gli incontri sono in agenda per dopodomani, premier e ministro vedranno – separatamente – la presidente della Commissione europea Ursula Von de Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola. E proprio Fitto è stato tra i principali propulsori e sostenitori della terzina di incontri. Del resto, in questi anni da capogruppo dei Conservatori e Riformisti al Parlamento europeo, ha intrecciato con Von der Leyen, Michel e Metsola un filo continuo e proficuo, spianando la strada a Meloni e abbattendo qualche steccato che separava, e in una certa misura ancora separa, la destra italiana dalle alte sfere Ue. E Metsola, intervistata domenica a “Mezz’ora in più” su RaiTre, ha accennato oltretutto al buon rapporto con Fitto.
L’agenda, i fronti
Dopodomani saranno confronti perlopiù conoscitivi ed esplorativi, ma con inevitabili incursioni sui principali fronti che stanno già impegnando il governo: caro energia, argine all’impennata dei costi in bolletta, rimodulazione del Pnrr, target di spesa e riforme. Temi, in larga parte, sull’agenda di Fitto. Il ministro salentino, sin dal giorno della nomina, sta facendo ciò che gli riesce più naturale: ha spento i microfoni, s’è inabissato dietro le quinte e ha dato avvio alla serie di incontri con le strutture tecniche dei Dipartimenti. L’obiettivo, a stretto giro, è chiaro: una ricognizione a largo spettro dei livelli di spesa e attuazione, delle risorse residue o incagliate, dei progetti bloccati, per accelerare e se è il caso per attivare i poteri sostitutivi del governo. Una cassaforte da circa 510 miliardi, tra Pnrr, Fondo sviluppo e coesione e risorse europee “ordinarie”.
La rimodulazione del Pnrr
Un po’ promessa elettorale, in parte esigenza dettata dalle circostanze e in altra misura spauracchio per le amministrazioni regionali e locali: la rivisitazione del Pnrr è uno dei fili più delicati del programma di centrodestra lungo l’asse Roma-Bruxelles.
Gli altri fondi e le nomine
Non c’è solo il Pnrr, naturalmente. Al ministero guidato da Fitto stanno passando in rassegna tutte le risorse europee e per la coesione territoriale. Lo stesso ministro ha incontrato i vertici dell’Agenzia della Coesione nei giorni scorsi, constatando come - col precedente governo - l'asse fosse stato spostato più sulla spesa del Pnrr che sui fondi europei "ordinari". Incontri e audizioni informali proseguiranno, presto toccherà anche a Regioni ed enti locali. Faro soprattutto sull’interlocuzione con le amministrazioni del Mezzogiorno, per intuibili ragioni di dotazione finanziaria e di capacità di spesa. E incroci “pepati” con Michele Emiliano, «ma il ministro - fanno sapere tra i fittiani - tratterà tutte le controparti allo stesso modo». Per la Puglia in ballo ci sono almeno 18 miliardi tra Pnrr, Fsc, fondi europei e Contratti istituzionali di sviluppo.
E sono ore febbrili anche in chiave strettamente organizzativa per Fitto: lo staff prende forma, e al ministro salentino spetta l’indicazione verso nuove nomine in postazioni chiave. Tre su tutte: Agenzia della Coesione, Dipartimenti della Coesione e degli Affari europei. Scelte quasi nero su bianco, ufficialità a breve.
Gli incontri e le soluzioni
Proprio le risorse non spese del ciclo di programmazione europea 2014-2020 potrebbero essere convogliate sul maxi-tesoretto per calmierare le bollette: è uno dei jolly che Meloni e Fitto proveranno a introdurre negli incontri di dopodomani. Non l’unico, seppur con tutta la prudenza imposta da un primo giro di “consultazioni” europee. Premier e ministro, per esempio, rilanceranno la proposta avanzata dai commissari Ue Paolo Gentiloni e Thierry Breton: una specie di nuovo fondo europeo finanziato dall’emissione di titoli di debito comuni garantiti dagli Stati, sulla falsa riga del Sure del 2020 (e che in piena pandemia mise in circolo 100 miliardi per assicurare la cassa integrazione), per abbattere i costi energetici. Tutte partite tra loro connesse e annodate, e sulle quali si misureranno la credibilità del governo Meloni a Bruxelles e le abilità da tessitore e mediatore di Fitto.
Quotidiano Di Puglia