Gianel rileva Meltin'Pot all'asta per 2 milioni: rilancio del marchio e piano assunzioni

Gianel rileva Meltin'Pot all'asta per 2 milioni: rilancio del marchio e piano assunzioni
Alleanze strategiche e sonanti affari scaldano l’industria della moda all’ombra del Covid. E, come i capannoni, fioccano pure le assunzioni. Più di 450 addetti...

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Alleanze strategiche e sonanti affari scaldano l’industria della moda all’ombra del Covid. E, come i capannoni, fioccano pure le assunzioni. Più di 450 addetti tra Supersano e Casarano a Gianel shoes non bastano più: l’azienda ha appena rilevato all’asta il marchio Meltin’Pot e l’ex Romano di Matino, in cui, però, presto produrrà sneakers di lusso per un big brand e con il nome Lgm: newco sancita con Barbetta Holding e Stil. 

 

L'alleanza con Barbetta: nuova società per sneakers di lusso

 

Un’operazione da 10 milioni di euro, che ne promette almeno il doppio: da un lato, segna l’ingresso nella leadership del calzaturiero salentino di un’altra realtà che fino a 10 anni fa non occupava più di 50 dipendenti e oggi diversifica riportando sul mercato una storica griffe, dall’altro saluta l’esordio nel settore della più rappresentativa impresa dell’abbigliamento sul territorio (Barbetta).

 

Altri 100 operai da assumere

 

L’inattesa “variante” che fa boom. La mega commessa della (segreta) maison è già in esecuzione da qualche settimana in tre piccole aziende di Casarano: 100 operai sono stati assunti ad hoc e altrettanti se ne aggiungeranno tra qualche mese nell’ex Romano da ristrutturare. «Dobbiamo realizzare 400mila paia l’anno», rivela Gianni Casarano nella sua stanza, mentre al pian terreno dello stabilimento di Supersano la sorella Elena coordina il lavoro in modelleria. Insieme intitolano e amministrano Gianel: un’idea concepita con Antonio De Matteis nel 2007, sulla scia dell’esperienza maturata al fianco del padre, imprenditore ed ex dirigente della Filanto. Il rilancio di Meltin’Pot è, invece, una sfida per certi versi più ambiziosa.

 

La rinascita del brand: jeans e abbigliamento in vendita solo online

 

Dopo il fallimento di Romano, Gianel si è aggiudicata marchio e fabbrica per poco più di 2 milioni di euro. Ma non intende certo riportare nel Salento la produzione di jeans e t-shirt: «Il ciclo ripartirà dove si era interrotto, ossia nelle aziende terze di Turchia, Albania, Tunisia e Marocco».  A Matino saranno assunte solo 10 persone, «perchè la commercializzazione», ecco la novità, «avverrà esclusivamente online, tramite una piattaforma di una start up di Milano che utilizza personal shopper. E inizialmente riguarderà prodotti fedeli allo stile consolidato. Poi - spiega Casarano -, vorrei ampliare la gamma di calzature». Dal Salento al bacino Mediterraneo, passando per l’Est: quel che Gianel shoes sta ergendo è dunque un network di processo e di prodotto, fisico e virtuale, alimentato da sinergie e collaborazioni di livello, in grado di attrarre maggiori investimenti attraverso l’ampliamento del portfolio clienti, dell’offerta e della capacità produttiva.

 

Da Dolce&Gabbana a Dior: qui nascono le scarpe da migliaia di euro

 

Il biglietto da visita è rappresentato dal compendio aziendale plasmato dal 2015. Avviata nello spazio ora adibito a magazzino, l’azienda consta oggi di 4 stabilimenti (con impianto fotovoltaico): 3 a Supersano - «l’ultimo ha aperto 3 mesi fa e, con oltre 100 assunzioni, ha garantito un balzo di fatturato del 30%» - e il quarto, più piccolo, a Casarano. I primi, discreti tra quelli della minuta zona industriale supersanese e stretti attorno al corpo centrale che offre ingresso a mo’ di villetta, sono riservati all’attuale core-business: le sneakers Dolce&Gabbana, prodotte in esclusiva per l’Italia. In camice bianco, 300 gli addetti. La predominanza operaia maschile al “montaggio” è compensata da quella femminile per “orlatura”, “confezionamento” e “modelleria”, “regno” di Francesco La Porta. Ovunque scatole griffate: «Qui realizziamo prodotto finito», spiega l’imprenditore che rifiuta di definirlo “mero assemblaggio”: «Certo, suole e fustelle provengono da Marche e Toscana», quando non da Barletta, «e le tomaie da Albania e Bulgaria, Ma sono le singole lavorazioni (dal taglio al cucito) a render qualità alla calzatura», indica, sollevandola sul palmo, una sneaker ricoperta da pietre brillanti cucite alle tomaie con un filo che le attraversa da ciascun foro. 


Modelli dal design avveniristico, quasi assenti dalle vetrine salentine perchè “simulacro” di un mercato da 140 miliardi di dollari, in exploit soprattutto in Cina. Le Nike-Dior certificate - che la fabbrica di Casarano (con 150 addetti) sforna in esclusiva da tre anni, con le Converse - costano anche 12.500 euro. Oltre 3.500 paia al giorno, 700mila l’anno. Sogni per l’elìte, frutto del terreno, meticoloso lavoro di giovani che tagliano il traguardo di un’occupazione stabile. All’artigianalità ereditata nel tempo abbinano la conoscenza appresa nella gestione degli automatismi che le tecnologie 4.0 innescano, consentendo anche da remoto il controllo del ciclo produttivo. Crescita? «Io ho diploma commerciale, opero nell’amministrazione di Gianel dal 2016 e oggi guadagno 1.700 euro netti al mese. Fare su e giù da Gallipoli mi stanca un po’, ma sono contento di esser qui», racconta Gianmarco, 32 anni. Opportunità colta. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia