Preridotto: tutto da rifare. Il Tar annulla l’appalto da un miliardo di euro

Il Tar di Lecce
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Mercoledì 3 Aprile 2024, 22:08

Nuovo ostacolo sulla strada dell’impianto di preridotto di ferro (Dri) per l’alimentazione dei futuri forni elettrici dell’ex Ilva. Il Tar di Lecce, seconda sezione (presidente ed estensore Nino Dello Preite), con una sentenza di 32 pagine depositata ieri, ha annullato l’intera procedura di gara che tra fine luglio e agosto 2023 ha portato la società pubblica Dri d’Italia (presidente Franco Bernabè, ad Stefano Cao) ad attribuire l’impianto alla Paul Wurth, scartando la seconda offerta in corsa, quella di Danieli, che ha poi impugnato al Tar l’aggiudicazione.

Nuovo ostacolo poiché la scorsa estate, subito dopo la gara, l’impianto di preridotto si vide togliere dal Governo il miliardo del Pnrr che gli era stato assegnato con premier Mario Draghi.

Il definanziamento fu motivato dal Governo Meloni - e in particolare dai ministri Fitto e Pichetto Fratin - con la necessità di evitare che la conclusione dei lavori imposta dal Pnrr, giugno 2026, facesse saltare la costruzione dell’impianto, per il quale, evidentemente, si stimano tempi più lunghi. Dal mese scorso, col nuovo decreto Pnrr, che copre con fondi nazionali le opere in precedenza definanziate e le svincola dalla conclusione di giugno 2026, il Dri per l’ex Ilva ha riottenuto il miliardo, modulato in tranche.

Gara da rifare

Adesso però che i soldi sono tornati, la gara per l’impianto deve essere rifatta. Lo dicono i giudici del Tar e lo confermano fonti vicine a Dri d’Italia, mentre da parte di Danieli si dichiara sin d’ora la volontà della società a partecipare alla nuova gara. Accogliendo il ricorso di Danieli, il Tar, soffermandosi sulle motivazioni di quest’ultima, ha affermato che Dri d’Italia “avrebbe dovuto escludere l’operatore aggiudicatario”, cioè Paul Wurth alleato con Midrex per l’occasione, “per aver presentato un’offerta non conforme ai requisiti previsti dai documenti di gara”. Questi, infatti, “richiedevano un contratto Epc (Engineering, Procurement and Construction), mentre Paul Wurth ha offerto solo un contratto Ep (Engineering and Procurement) o, al più, EPS (Engineering, Procurement and Service)”. I giudici convengono sul punto e dicono che “è dimostrato che la procedura in questione - indetta per la fornitura dell’appalto ‘EPC’ (Engineering, Procurement and Construction), e cioè dell’appalto ‘chiavi in mano’, con realizzazione di un’opera progettata e costruita dall’appaltatore - è stata, in realtà, aggiudicata ad un’offerta avente le caratteristiche di proposta ‘EP’ (Engeneering and Procurement), quindi riguardante la sola progettazione e fornitura dell’opera.

Il Tar

L’offerta dell’aggiudicataria - argomenta il Tar - è, in definitiva, un’offerta diversa e, comunque, macroscopicamente carente rispetto all’oggetto della commessa e alle specifiche minime di carattere tecnico-prestazionale richieste, sicché la stazione appaltante - una volta riscontrata la mancanza di un elemento costitutivo indispensabile ai fini della sua valutazione - ne avrebbe dovuto disporre l’esclusione dalla procedura di gara”. Nè si può, dicono i giudici, affermare “la presenza di un ‘miglioramento sostanziale delle prestazioni dell’impianto e/o del programma di progetto’” poiché l’offerta di Paul Wurth è “tale da implicare la ‘non confrontabilità’ sul piano progettuale ed economico con altre offerte coerenti con le specifiche ed i requisiti minimi fissati nel bando”. Risultando quindi violate le disposizioni della legge, “l’operatore Paul Wurth - sostiene il Tar - avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura selettiva”. Il Tar richiama poi la natura pubblica dell’investimento e la necessità che Dri d’Italia rispetti procedure pubbliche, affermando che “non è condivisibile la tesi secondo cui si sarebbe in presenza di un’attività di impresa”.

E il rispetto “delle norme di evidenza pubblica”, sostiene il Tar, vale anche se l’impianto non è più finanziato dal Pnrr perché pubbliche sono le nuove risorse reperite.

D.Pa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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