La corsa al voto: tutti uniti, ma senza esagerare. Da Foggia a Bari, Lecce ed Europee: gli scenari

Oggi e domani si vota a Foggia, centrodestra e centrosinistra in assetto ormai "classico". Ma le variabili non mancano, anche in vista delle fondamentali sfide di primavera

A Foggia si vota oggi e domani. In primavera tocca a Bari e Lecce
A Foggia si vota oggi e domani. In primavera tocca a Bari e Lecce
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 22 Ottobre 2023, 11:34 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 12:23

La città pugliese più di tutte assetata di svolte, legalità e stabilità, oggi e domani torna al voto dopo il lungo commissariamento per infiltrazioni mafiose, ed è di per sé una buona notizia. Ma non solo: il verdetto di Foggia, presumibilmente spalmato tra primo e secondo turno, sarà anche un detonatore politico e un segnale-spia in vista della primavera elettorale di fuoco. Sarà un detonatore perché darà ulteriore impulso all’interminabile e spericolata corsa verso Europee e amministrative di Bari e Lecce. E Foggia sarà pure un segnale-spia, perché ai blocchi di partenza oggi ci sono centrodestra e centrosinistra nell’assetto ormai consolidato, quantomeno nelle rispettive spine dorsali, e cioè FdI-Lega-FI e Pd-M5s. Un “crash test” che può esaltare le alleanze o comprometterne in parte la tenuta.

Le alleanze: uniti, ma senza esagerare

Ecco, gli schemi di gioco sono il primo elemento d’analisi. Potremmo sintetizzare così: uniti, ma senza esagerare. Le forze politiche predicano il valore dell’unità – e lo applicano se non altro per un banale istinto di sopravvivenza e autoconservazione – però sempre guardinghe, tra distinguo, paletti, diffidenze. Da un lato è il frutto avvelenato della polverizzazione politica (sai che novità), dall’altro è un inevitabile antipasto delle Europee. Alle elezioni per Bruxelles si vota infatti col sistema proporzionale, dunque non sono previste alleanze ed è viceversa uno spietato “tutti contro tutti”. Che induce i partiti e i leader a caratterizzarsi con tratti più marcati, a “estremizzare” l’offerta politica, a caricare il linguaggio e i toni, a massimizzare il consenso, anche a costo di accentuare le differenze con gli abituali compagni di viaggio, tra non poche contraddizioni. Sotto questa luce è allora più semplice interpretare gli strappi della Lega e di Matteo Salvini, il quale per certi versi sta ripescando lessico e temi della fugace golden age del 34%, anche cavalcando la crisi internazionale; oppure le periodiche stilettate di Giuseppe Conte al Pd, o anche le sortite liberal-europeiste di Forza Italia e le strategie di Fratelli d’Italia, che oscillano tra responsabilità di governo, cauti tatticismi in Europa e tentativi di mantenere il contatto con l’agenda elettorale di destra (esempio: l’emergenza migranti, riportata con prepotenza da Giorgia Meloni tra i temi trend).
Anche a Foggia, del resto, è andato in scena un saggio del copione “uniti, ma senza esagerare”. Conte ed Elly Schlein tra giovedì e venerdì sono stati in città per sostenere Maria Aida Episcopo, ma niente palco condiviso, e niente abbracci e photo opportunity: iniziative separate e cordialissimo gelo. Il candidato di centrodestra, Raffaele Di Mauro, aveva invece al suo fianco i ministri Raffaele Fitto (FdI) e Annamaria Bernini (FI), e almeno una parvenza di unità è stata preservata, ma sempre con la sensazione di fondo dell’eccezionalità dettata da una sorta di stato di necessità.

D’altro canto, a sinistra come a destra, la stessa scelta dei due candidati è stata piuttosto travagliata. Un film già visto, la scorsa primavera, a Brindisi.

Le partite (a scacchi) dei leader pugliesi

Prego prestare attenzione, anche, alla postura dei leader regionali: tutti in surplace e vigile attesa. Tradotto: non è ben chiaro cosa fare, né come farlo, ma prima o poi bisognerà alzarsi sui pedali e scattare. I destini incerti dei big pugliesi di fatto bloccano tutto e tengono (anche inavvertitamente) in ostaggio le coalizioni. Michele Emiliano prova a incerottare tutto a Bari e Lecce e guarda alla successione in Regione, senza però scenari chiari sul piano personale. Antonio Decaro sta gestendo a fari spenti la delicata e complessa transizione verso un nuovo candidato di centrosinistra al Comune, ma senza imporre una netta linea d’indirizzo, e correrà alle Europee (in attesa, forse, delle Regionali del 2025). Fitto – che potrebbe candidarsi per Bruxelles, puntando pure al ruolo di commissario europeo – e gli altri colonnelli pugliesi di centrodestra fanno melina, tanto a Bari quanto a Lecce battono sottotraccia anche le piste del civismo e della società civile, ma soprattutto aspettano le prime, vere decisioni del centrosinistra.


Una partita a scacchi, insomma. Giocata spesso al ribasso. E appesantita parecchio dalla paura di sbagliare mosse. Il centrosinistra a Bari e Lecce fa quello che meglio gli riesce quando non sa come orientarsi: si rifugia nel guscio delle primarie, ormai più un espediente d’ingegneria politica che altro, interpretate come la medicina a ogni male che purifica da peccati, divisioni, indecisioni. Oltretutto le primarie – proprio a confermarne la funzione a tratti provvisoria e illusoria – potrebbero essere cestinate in fretta e furia, in entrambi i casi: a Bari, se il Pd riuscirà a compattarsi attorno a un solo nome, convincendo il resto della coalizione; e a Lecce, se si riuscisse a convergere sul sindaco uscente Carlo Salvemini. Soluzioni suggerite più (appunto) dalla paura e dagli appelli emergenziali all’unità, che dal senso strategico e dalla capacità di alzare l’asticella su progetti e nomi. Tra l’altro – e sempre nel segno di “uniti, ma senza esagerare” – i cinque stelle a Bari e Lecce non vogliono saperne di primarie, mentre Sinistra italiana a Bari le boccia e a Lecce le sponsorizza. Troppo caos, per una coalizione che è al governo della Puglia e di Bari da 20 anni e che perciò dovrebbe farsi trovare più attrezzata e pronta.


Il centrodestra, nel frattempo, sta lì a bordocampo. Spera di sfruttare il vento nazionale, ma da qui alla primavera il fisiologico e parziale logoramento del governo, la strettoia di una Legge di bilancio a saldi rigorosi, la crisi internazionale, la possibile impasse energetica possono assestare non pochi scossoni al pendolo dei consensi e ai rapporti di forza. E allora uniti, ma senza esagerare. Perché da un momento all’altro tutto può sempre cambiare.

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