Tutto e niente: il caso Bari e la strategia a maglie larghe di Giuseppe Conte

L'addio (forse) alla giunta regionale di Emiliano, la mano tesa e il calcolo politico: il capo M5s è come il grigio e il beige, sta bene su tutto

Giuseppe Conte in conferenza stampa a Bari
Giuseppe Conte in conferenza stampa a Bari
di Francesco G. GIOFFREDI
5 Minuti di Lettura
Venerdì 12 Aprile 2024, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 13:55

Giuseppe Conte è come il grigio e il beige: è il capo (politico) che sta bene su tutto. Sulle maggioranze e sulla opposizioni, sul governo e sulla lotta, sugli accordi e sui disaccordi, sulla destra e sulla sinistra: è duttile, litiga e strappa con questo e quello ma senza eccedere, stringe accordi e però sempre con quella dose di autonomia e diffidenza. E in primavera (pugliese), quando il clima è pazzo e non si sa che indossare, il capo del M5s va che è una meraviglia. 
In questi giorni di fuoco Conte è il protagonista che quasi monopolizza la scena politica. Dopo aver messo in crisi il campo largo col Pd di Elly Schlein per il caso Bari, mandando in malora le primarie tra Michele Laforgia e Vito Leccese, ha annusato il clima e fiutato l'occasione: una, due, tre inchieste per voto di scambio e corruzione in poche settimane in Puglia, dal Comune capoluogo alla Regione, e allora – dice l'ex premier – è il momento di «non fare sconti nemmeno a chi è nel nostro campo», «pulizia e tabula rasa» e via così, con quel lessico “purista” un po' da pentastellato della primissima ora, perfetto per massimizzare visibilità e consensi verso le Europee e impennare l'audience politica.
Fino alla decisione finale (più o meno): via dalla giunta regionale guidata da Michele Emiliano, al quale ha però sottoposto un “patto per la legalità” e l'idea di un assessorato ad hoc. Tradotto: un'ultima mano tesa al governatore per tirarsi fuori dalle sabbie mobili e non spezzare completamente il filo col M5s. «Approccio costruttivo», ha commentato ieri Conte lasciando aperto più di qualche spiraglio per ricucire, riappacificarsi e riportare i cinque stelle nella squadra d'assessori regionali. Insomma: strappo ma non troppo, vado via ma senza sbattere più di tanto la porta, perché Conte è il capo che deve stare bene su tutto e in fondo con tutti, e perciò con nessuno in particolare, oggi e anche domani, quando non si sa mai cosa può accadere.
È la strategia del tutto e niente, a maglie larghe. L’ex premier, del resto, s'è alleato con la Lega, ci ha governato insieme, e poi ha rumorosamente divorziato; ha quindi scelto il Pd, tra continui alti e bassi; ha saldato l'asse di ferro con Emiliano, e ora ne mette in dubbio coalizione extralarge ed eredità politica. Perché il punto, in fondo, è anche questo – sollevato da più di qualcuno nelle ultime, convulse ore: ma Conte sta scoprendo davvero solo adesso che cosa erano e sono il sistema di potere regionale e il trasformismo alla pugliese? Non certo misteri svelati d’incanto, anzi: contesti e circostanze ben noti sin dagli albori dell’alleanza pugliese. Ma forse l’improvvisa, recente presa di coscienza di Conte è solo lucido calcolo politico. Ed è senz’altro frutto della forza d'urto delle elezioni europee, che – col sistema proporzionale – obbligano tutti a correre in solitaria e pertanto a distinguersi politicamente persino dagli abituali alleati, anche a costo di danneggiarli.
Nella ventosa, ventosissima appendice finale della primavera pugliese, che tutto spazza via e che rimescola pensieri ed equilibri, non è più ben chiaro a nessuno cosa accadrà, e cioè se il centrosinistra a trazione Pd-M5s finirà a pezzi per sempre, in Puglia come in tutto il Paese; o se i cocci verranno in qualche modo ricomposti. Conte però è sempre lì, tanto se c'è da bacchettare rievocando la “questione morale” e puntando l’indice contro i “capibastone locali del Pd” per incalzare Schlein, e quanto se bisogna viceversa proporre patti per la legalità come estrema soluzione.
In politica, soprattutto nella politica degli influencer, pesa tantissimo il tempismo. E Conte sta dimostrando senz'altro d'averne: è stato il primo nel centrosinistra a cavalcare l'onda barese, e non ne è sceso più. Ora però è il tempo delle scelte, vere e concrete, e senza più surfare sulle indecisioni altrui (si legga alla voce “Schlein”). E allora, nell'ordine: il M5s vuol trovare o no col Pd una via d'uscita unitaria per le Comunali di Bari? E poi: a quali condizioni può e vuole ritornare nella giunta regionale di Emiliano? Quello di ieri è un gelido addio senza lacrime e nemmeno ripensamenti, oppure è semplice scenografia? E ancora: quanto è profonda la frattura con il Pd di Schlein, e fin dove si ramifica? Arriva anche in realtà nelle quali l'intesa dem-pentastellati è di sana e robusta costituzione? Ieri, tra i democratici più vicini a Emiliano, circolava una riflessione, del tipo: «Conte poteva affondare i colpi sulla Regione, dare il ko, ma non l'ha fatto».

In sostanza, la bufera che s'è abbattuta su Bari e sulla Puglia potrebbe essere, tatticamente, l'arma impugnata da Conte non solo in ottica Europee, ma anche per alzare il prezzo con gli alleati del Pd al tavolo delle trattative, tutte le trattative: sulle candidature (marcando la tendenza, già naturale, a gradire perlopiù i nomi in qualche modo direttamente riconducibili al movimento) e magari su rimpasti di giunta e nomine (per esempio in Regione). Tutto cambia velocemente: il campo largo alle regionali in Sardegna veniva celebrato come l'inizio di una nuova era, e – negli anni scorsi, quasi una vita fa – Emiliano immaginava una sorta di ambizioso progetto del “civismo nazionale” proprio con “l'avvocato del popolo”, e sembrava il matrimonio perfetto con reciproca e durevole soddisfazione. Ora, Conte è la spina nel fianco del Pd. Che punge e pungola, ma senza mai spingere fino in fondo e fino alla carne viva, fermandosi un attimo prima. Perché bisogna stare bene su tutto, e su nulla in particolare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA