«Non basta scrivere piano di rigenerazione per porre rimedio»: il tempo perduto non potrà essere in nessun modo recuperato. Nella guerra per contrastare l’avanzata della Xylella tante battaglie sono state perse irrimediabilmente. Insieme a gran parte degli 85mila ettari olivetati. Ora serve comprendere la vocazione del territorio, studiarlo particella per particella, ricompattare ciò che resta. E mettere in salvo la filiera. In trincea ci sono loro: produttori olivicoli, imprenditori turistici, sindaci. Compatti, oggi, contro le strumentalizzazioni politiche.
Il ruolo della politica
La politica ha delle responsabilità in questo ritardo siderale tra le prime avvisaglie e le decine di migliaia di ettari di alberi di ulivo andati, letteralmente in qualche caso, in fumo? «La legislatura precedente a quella in corso è stata un disastro totale – dice senza esitazione Giovanni Melcarne, agronomo e imprenditore titolare del frantoio Forestaforte di Gagliano del Capo-. Si era già in una fase molto particolare, in più la vicinanza del presidente Emiliano ai negazionisti non ha facilitato la collaborazione tra organizzazioni e imprenditori che vivono di questo mestiere. Oggi un cambio di rotta c’è, ma è ovvio che non si possono recuperare i cinque anni disastrosi precedenti. Riguardo all’ipotesi commissario non comprendo la convenienza del Governo nel caricarsi questa patata bollente; inoltre sarebbe davvero difficoltoso e lungo trasferire la struttura attualmente messa in piedi. Il Governo piuttosto dovrebbe investire altri fondi dato che siamo fermi ai 300 milioni di Centinaio. Serve un’attività di concerto tra Governo e Regione per mettere in campo quei soldi che per altri territori del Nord vengono investiti. Gli imprenditori illuminati in questo territorio e con queste cultivar da cui si faceva il lampante si sono inventato l’extravergine.
Il turismo
L’urgenza è quella di rendere al paesaggio quella bellezza oggi deturpata di cui chiedono conto anche i turisti. «Questo disastro impatta anche sul turismo - commenta Alessandro Zezza di Masseria Panareo ad Otranto -. Sono in aumento camminatori e cicloturisti e come operatore è una realtà con la quale sono chiamato a confrontarmi giornalmente. I miei ospiti ci chiedono il perché tutti gli olivi sono secchi. A questo punto se il commissariamento ha reali funzioni operative ben venga: purtroppo in questa triste storia ciò che è mancato in Regione è un coordinamento tra gli assessorati Ambiente e Agricoltura per giungere ad un piano di ripristino ambientale paesaggistico e produttivo, nonché la politica in generale. Cosa che sinceramente non desta molto stupore visto che il presidente Emiliano poco tempo fa dichiarava che la vera olivicoltura inizia a Bari. Noi operatori siamo pronti a fare la nostra parte, nella nostra azienda abbiamo già piantato le nuove varietà, ma serve un piano organico ed un vero coordinamento».
Dall’Adriatico allo Jonio anche i sindaci in campo. «Gli agricoltori – commenta Andrea Barone, sindaco di Alezio – si sentono abbandonati. Una soluzione potrebbe essere affidare ai Gal i fondi per la rigenerazione perché sono strutture pubblico-private che funzionano benissimo e che hanno già gestito alcuni progetti per interventi di riqualificazione. Occorre essere vicini agli agricoltori, far sentire loro la vicinanza delle istituzioni. Accanto ai Gal ci sono i comuni che possono aprire degli sportelli. Nel frattempo bisogna dare un segnale non facendo pagare le cartelle dei Consorzi di bonifica a chi ha subito danni da Xylella».
Levata di scudi anche dalla politica pugliese. Per il gruppo consiliare Azione, guidato dal consigliere e commissario regionale Fabiano Amati «solo puntando su produzione e resa si potrà ricostruire il paesaggio pugliese distrutto dalla Xylella e battere l’abbandono delle terre. In un settore produttivo come l’agricoltura non si possono perseguire modelli culturali non adeguati alla modernità e all’innovazione nelle tecniche colturali». Contro le mode e le strumentalizzazioni la “Puglia in più”. «Per contrastare questa esiziale e drammatica sterilità delle politiche che sin qui ci hanno accompagnato - ha affermato Donato Ratano, responsabile agricoltura del movimento - occorre approcciare al problema con un modello multidisciplinare, che tenga conto sì degli aspetti ambientali e paesaggistici, ma anche e soprattutto degli aspetti agronomici, economici e commerciali».
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