Lo studio: il mare si riprende la costa nel Salento, nel giro di qualche anno a rischio ville e lidi

Lo studio: il mare si riprende la costa nel Salento, nel giro di qualche anno a rischio ville e lidi
di Paola ANCORA
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Sabato 8 Luglio 2023, 05:00

«Abbiamo scoperto che l’estensione delle inondazioni costiere previste è tale che alcune strade e alcune abitazioni vicine alla costa potrebbero essere a rischio». Nero su bianco: il futuro della costa pugliese – in questo caso specifico, leccese – dipenderà da come si sceglierà di fruirne nei prossimi anni. Perché l’impatto dei cambiamenti climatici ci chiama, già oggi, a scegliere fra continuare sulla via dello sfruttamento intensivo della costa oppure preservarne le ricchezze a beneficio della collettività di oggi e di domani. Il progetto europeo Adriaclim, condotto da Regione, Politecnico di Bari e Università di Bari, è servito proprio a quantificare l’impatto del clima sulla costa in termini di erosione costiera, turismo e acquacoltura. E ad Adriaclim si richiama espressamente anche lo studio effettuato dal Centro euromediterraneo per il Clima, in collaborazione con il Politecnico di Milano, per conto del Comune di Lecce che, in questi mesi, sta scrivendo il nuovo Piano urbanistico generale e intende, quindi, indirizzare in senso sostenibile la pianificazione dello sviluppo urbano della città che verrà. A parlare, nell’incipit, è Gianandrea Mannarini, della divisione Ocean Predictions and Applications (OPA) del CMCC, ricercatore senior e primo autore dello studio. L’obiettivo della ricerca era determinare le aree costiere potenzialmente soggette a inondazioni con riferimento a tre diversi orizzonti temporali - 2030, 2050, 2070 – e due scenari, uno di minore e l’altro di maggiore impatto climatico. Tutti i risultati sono disponibili on line (www.cmcc.it) e possono essere esplorati con Google Earth. 

La situazione

Lecce abbraccia una linea costiera che si estende per quasi 23 chilometri, otto di questi sono stati esaminati a fondo con un “bathtub model”, ovvero un modello rapido e dettagliato che evidenzia le potenziali aree soggette a inondazione costiera, perché si trovano al di sotto della quota futura del mare e sono idraulicamente connesse alla costa.

Non solo si è scoperto che strade, case e spiagge – se non si interverrà a ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici – potrebbero essere invase dal mare, ma anche che «l’estensione dell’avanzamento del mare dipenderà sia dall’elevazione della costa che dalla sua pendenza. In particolare – spiega Mannarini - le spiagge in cui il sistema dunale è stato danneggiato o rimosso, come quelle utilizzate per i campi sportivi, saranno le prime ad essere colpite e nel tempo subiranno gli impatti più significativi». Con un peggioramento significativo del clima - qual è quello atteso dagli studiosi - ci saranno inondazioni periodiche importanti, anche più volte all’anno, a partire dal 2030 e «a causa di un aumento previsto dell’innalzamento del livello medio del mare nell’intervallo di 10-20 centimetri entro il 2050 (rispetto al 2015) e del pendio poco profondo della maggior parte delle spiagge in questione, è attesa una trasgressione marina permanente di alcuni metri». Vuol dire che case e strade costruite sulla costa finiranno in acqua. 

Secondo gli scienziati l’innalzamento del livello del mare impatterà soprattutto sulla parte settentrionale del territorio leccese, tra le storiche torri di avvistamento di Torre Rinalda e Torre Chianca, dove un tempo erano presenti delle paludi costiere. Le aree più vulnerabili, in particolare, sarebbero la zona della torre costiera di Torre Rinalda, via Rapallo, via Lido Smeraldo, via Gatteo a Mare, via Jesolo, lido San Basilide, lido Approdo, lido Circeo, la zona di spiaggia libera della marina, il lido Maluha Bay, l’area dunale e il canale di scolo della torre costiera di Torre Chianca. Ancora, via della Gioventù e l’area dove sorge il campetto, via Marebella fino a via Favignana a Spiaggiabella e, sempre nella stessa marina, da via Pianosa a via Tavolara.
Dati ed evidenze che devono diventare patrimonio comune, che vanno diffuse fra i cittadini perché ciascuno sia consapevole di quanto fragile e compromesso sia l’ambiente che abitiamo. «I risultati degli studi che il Cmcc consegna alla città - commenta l’assessore all’Urbanistica del Comune di Lecce, Rita Miglietta - segnalano l’urgenza di intervenire con azioni finalizzate ad attenuare l’impatto dell’innalzamento del livello del mare che, in particolare nei casi di mareggiate e fenomeni estremi, rischia di mandare sott’acqua la parte più fragile della nostra costa. Fragile perché le dune sono state distrutte, perché è stato costruito sulla sabbia o su aree paludose, senza vincoli e tutele. Chi oggi e nel prossimo futuro dovrà decidere per il futuro della città non potrà ignorare questi studi, che sono un campanello d’allarme che il Cmcc fa suonare al momento giusto». Per Miglietta, «la redazione del Pug rappresenta l’occasione che abbiamo per tutelare la sicurezza del territorio e dei cittadini, con la rinaturalizzazione delle aree a rischio, l’eliminazione delle costruzioni realizzate in zone pericolose accompagnata da compensazioni e la ricostruzione delle dune». Un cambiamento di paradigma probabilmente difficile da digerire per molti, ma che secondo il Cmcc e, in questo caso, il Comune di Lecce è indispensabile. «Già con il Piano comunale delle coste ci siamo occupati dell’erosione, condividendo con la Regione l’esigenza di sottoporre a monitoraggio obbligatorio le concessioni in zone erose e vincolando la concedibilità alla messa in atto di misure di mitigazione. La riproducibilità delle dune e del paesaggio - chiude l’assessore - è ciò a cui dobbiamo tendere, perché perdere i beni ambientali e l’integrità della costa sarebbe un danno di incalcolabile valore che comprometterebbe il futuro di Lecce». E non solo di Lecce, visto che ciò cui il progetto Adriaclim e gli studiosi tutti richiamano è la necessità di condividere una linea e regole comuni di fruizione e gestione della costa perché, quando si parla di mare, un’opera sbagliata realizzata in un punto provoca i suoi effetti anche a 50 o 100 chilometri di distanza. A questo servivano i Piani delle Coste fermi nei cassetti delle città rivierasche. Non è mai troppo tardi per tirarli fuori e cominciare a farli vivere.
 

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