Scandalo Sud Est, 23 milioni per 25 carrozze mai utilizzate

Scandalo Sud Est, 23 milioni per 25 carrozze mai utilizzate
di Paola Ancora
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Giovedì 29 Ottobre 2015, 11:53 - Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 11:24

Lo sperpero corre lungo i binari. E corre sotto gli occhi di tutti. Corre lungo 474 chilometri, da Bari a Gagliano del Capo, passando per altri 81 Comuni di Puglia, tanti quanti sono paesi e città raggiunti dalle linee delle Ferrovie Sud Est, la più estesa rete ferroviaria regionale d’Italia. Una rete che vanta, oltre a questo, anche altri primati, molto poco lusinghieri. Un esempio: Fse ha il fatturato da sbigliettamento più basso del Paese. E per capire perché basta salire a bordo delle datate littorine che accompagnano centinaia di pendolari e di turisti su e giù per la regione. Da decenni. Distribuendo disagi e disservizi quotidiani. E fagocitando denaro, milioni e milioni di euro, insufficienti persino a caricare i dispenser del sapone nelle toilette, figurarsi per velocizzare e ammodernare le linee di quella che sarebbe dovuta diventare una metropolitana di superficie.

Ed eccoli i numeri degli sprechi.

Di quelli reali, come i parcheggi inutilizzati di Capurso, Noicattaro e Triggiano costati sei milioni di euro, e degli sprechi ancora soltanto presunti sui quali, a fare chiarezza, penseranno prima i magistrati delle Procure di Bari e di Firenze e poi i giudici della Corte dei Conti, che indagano sulla gestione dei fondi trasferiti ad Fse da Regione e ministero dei Trasporti, socio unico dell’azienda. Nelle carte dell’inchiesta barese, si parla dell’acquisto di 25 carrozze ferroviarie tipo “Silberling”. Spesa complessiva: 22,9 milioni di euro. Numeri ripresi, questi come molti altri, dall’interrogazione parlamentare presentata a settembre dal senatore Dario Stefàno (Sel). Le carrozze “Silberling” sono state acquisite dalle ferrovie tedesche come rottami, vendute alla polacca Varsa per 280mila euro ciascuna, ristrutturate e poi rivendute alle Fse per 900mila euro a carrozza. Sud Est, secondo i consulenti della Procura barese, le avrebbe pagate il 50% in più del loro reale valore di mercato.

Le caratteristiche tecniche della maggior parte dei mezzi acquistati, però, non avrebbero alcuna corrispondenza con le linee ferroviarie delle Sud Est e dal 2009, dopo l’acquisto, quei mezzi sarebbero quindi rimasti inutilizzati. Carrozze che non hanno mai percorso un chilometro, né accolto un passeggero. Dopo qualche anno ferme ai depositi, sarebbero state anche sottoposte a revisione, senza successo né scopo, prima di essere dimenticate. E i mezzi meccanici, come un corpo umano, devono muoversi per affrontare con dignità l’usura del tempo e non farsi sopraffare dalla ruggine.

C’è stato poi l’acquisto di tre Gtw “Stadler” di seconda mano dalla Svizzera: altri sei milioni di euro. Costretti in officina per anni a causa di un peso assiale troppo elevato, i treni sono stati poi “riparati” e correrebbero - condizionale d’obbligo - fra gli ulivi del Salento. Circolanti anche quattro carrozze “Silberling”, sulle quali è stato però necessario modificare il sistema di chiusura sicura delle porte: tutte e quattro in servizio fra Bari e i Comuni del suo hinterland.

In tutto, 28,9 milionidi euro per treni inservibili, fermi o da “correggere”: nessun imprenditore o esperto di finanza, nessuna massaia o buon padre di famiglia riterrebbe di aver fatto un buon affare. Così come, non proprio un buon affare deve essere sembrato, agli agenti della Guardia di finanza e a chi ha seguito da vicino gli affari di Sud Est in questi ultimi decenni, l’acquisto per 93 milioni di euro di 27 treni Atr-220 “Pesa”, anche questi con difetti di compatibilità con gli armamenti già esistenti e, quindi, bisognosi di continua e costosa manutenzione. Che Fse ha scelto di affidare a società esterne, anziché sfruttare il personale interno e qualificato abbattendo i costi. La stretta strada del controllo e della razionalizzazione della spesa, del resto, non è mai stata allettante per la società del ministero dei Trasporti, che l’ha evitata negando prima la due diligence e poi il Piano di risanamento proposto dalla Regione Puglia. E questo, nonostante la mole di debiti accumulata sfiori - e secondo qualcuno, superi anche - i 250 milioni di euro.

Il buco nero delle Fse ha risucchiato, insieme ai 500 milioni di finanziamenti europei stanziati dalla Giunta regionale negli ultimi dieci anni, tutte le più elementari regole di trasparenza. Regole che, in questi anni, sono state usate come una bandiera da una nuova leva di Rottamatori, le cui ambizioni rivoluzionarie si sono fermate, però, sulla soglia del civico 106/D di via Amendola, a Bari, dove ha sede Fse. Così, lo scorso luglio, l’amministratore unico Luigi Fiorillo, tarantino, è stato riconfermato nel suo incarico per un altro anno. Nonostante i debiti e nonostante gli scandali e le inchieste della magistratura.

A Bari Fiorillo è indagato per truffa e frode ai danni dello Stato. A Firenze, invece, nel registro degli indagati per turbativa d’asta sono finiti lui e il responsabile del servizio “Gare e appalti” di Fse, Luciano Rizzo. L’inchiesta è quella sulle Grandi Opere, che ha costretto alle dimissioni super dirigenti del ministero dei Trasporti, vedi Ercole Incalza, e un ormai ex ministro della Repubblica, Maurizio Lupi. Il “sistema” di tangenti e favori scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Procura di Firenze avrebbe abbracciato per anni anche le Ferrovie Sud Est e chi le ha amministrate, falsandone le gare d’appalto o affidando direttamente agli “amici” incarichi e piccoli lavori. Con Fiorillo al timone, in quattro anni, Fse avrebbe pagato alla Green Field Systems dell’imprenditore Sandro Perotti, sodale di Incalza, ben due milioni di euro per diversi incarichi. E Perotti - è scritto nell’ordinanza del gip di Firenze, Angelo Pezzuti - avrebbe puntato a ottenere per l’impresa Speno SA del cognato Daniel Mor, i lavori di molatura delle rotaie di un tratto ferroviario delle Sud Est.

Perché Fiorillo, da trent’anni al timone di Fse, non è stato mai rimosso o sostituito? La risposta non può che venire da Roma, dove il ministro per i Trasporti e le Infrastrutture Graziano Delrio non ha ancora risposto all’interrogazione (atto n. 4-04514) presentata il 16 settembre scorso da Stefàno. «Il ministro - chiede Stefàno - è a conoscenza della grave situazione in cui versa la società Ferrovie del Sud Est, nonché dei notevoli disservizi e disagi a cui sono sottoposti ormai regolarmente gli utenti della Puglia? E ritiene necessario oppure no assumere adeguate iniziative volte a garantire un servizio in linea con gli standard di un Paese civile e conforme a quanto previsto dal diritto alla mobilità?». La Puglia aspetta una risposta.

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