Elezioni, il risiko del centrodestra e il rischio spaccature: a Bari e Lecce le idee Romito e Pagliaro

Il risiko del centrodestra e il rischio spaccature: le idee Romito e Pagliaro
​Il risiko del centrodestra e il rischio spaccature: le idee Romito e Pagliaro
di Francesco G. GIOFFREDI
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Venerdì 12 Gennaio 2024, 08:21 - Ultimo aggiornamento: 12:20

Il passo dal «fare presto e bene» al «fare, limitando danni e spaccature», alla fine, s'è rivelato più breve di quanto s'immaginasse. Il centrodestra si sta avvitando pericolosamente sul dossier candidature e la Sardegna è il caso urgente (per la Regione si vota a febbraio, entro dieci giorni bisogna depositare simboli e candidature) e scottante (FdI e Lega oscillano tra lo stallo e lo scontro frontale) di queste ore. Non solo: la Sardegna per il centrodestra rischia d'essere la miccia d'innesco di un vero e proprio effetto domino - è la riflessione che trapela dalle retrovie della coalizione pugliese - «che può portare davvero a tutto», da un complicato sistema di compensazioni, pesi e contrappesi, «fino anche alla spaccatura, con potenziali conseguenze ovunque».

È, ovviamente, lo scenario estremo e da nessuno auspicato. Ma succede sempre così: il risiko dei nomi, delle candidature, delle quote da assegnare alle singole forze politiche è un diabolico gioco di vasi comunicanti e di fili tra loro intrecciati. E in primavera si voterà a Bari e a Lecce, due partite-termometro dal valore politico cruciale.

Gli scenari

Come sempre accade per il centrodestra, sarà il tavolo nazionale a soppesare equilibri e nomi, ma le segreterie pugliesi di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia provano da tempo a imbastire uno schema di gioco preliminare, predicando unità. Nelle ultime giornate le carte sono state rimescolate e il quadro potrebbe essere il seguente: a Bari correrebbe Fabio Romito, giovane consigliere regionale della Lega; a Lecce invece il consigliere regionale de La Puglia domani (non direttamente riconducibile a nessuno dei partiti ammiraglia) Paolo Pagliaro, editore televisivo e leader del Movimento Regione Salento. Questo per ora.
Ipotesi, idee. Al momento parcheggiate in ghiacciaia, in attesa di sbloccare - con fatica - il complicato dossier Sardegna. Ieri c'è stato il vertice a sorpresa tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, minimizzato da note e smentite a stretto giro. E nel braccio di ferro tra la premier e il vicepremier leghista - punta di un iceberg molto più vasto e profondo che ingloba pure le Europee: ci arriviamo - potrebbe prevalere il cambio di rotta: non più la ricandidatura dell'uscente leghista Christian Solinas, ma tutti a sostegno di Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari a trazione FdI e opzione difesa strenuamente da Meloni&co. Ovviamente, la partita di giro prevederebbe "remunerazioni elettorali" adeguate e a controbilanciare per la Lega, tra Regionali dei mesi successivi (Basilicata, Abruzzo, Piemonte, Umbria: tutte con governatori uscenti di centrodestra), del 2025 (focus in particolare sul Veneto e sul terzo mandato per Luca Zaia, previa modifica normativa) e Comunali.

Ecco, appunto, i vasi comunicanti, i fili intrecciati e le proposte da scongelare al momento opportuno. «Bisogna tenere conto dei rapporti di forza», ha scandito con una certa perentorietà in questi giorni Giovanbattista Fazzolari, influente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e meloniano doc: come dire, tra proporzioni elettorali del 2022 e sondaggi, FdI è ampiamente avanti agli alleati e nel valzer di candidature bisogna rispettare le distanze.

Il contesto resta comunque teso e muscolare, dettato e condizionato principalmente dalle Europee: banco di prova per i partiti di maggioranza, che battaglieranno col proporzionale a voti di preferenza e perciò ognuno per sé, niente alleanze e coalizioni e competizione solitaria. Il verdetto delle Europee potrebbe rimodulare gli equilibri della maggioranza di governo e tendere la corda nel centrodestra. Anche per questo Meloni valuta attentamente se candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni: il "boost", la spinta alle liste di FdI sarebbe indubitabile, proiettando il partito oltre il 30% e ritagliandosi il ruolo di king maker delle alleanze in Ue, ma la corsa da front runner della premier sarebbe pure un atto di sfida verso i partner di governo, schiacciati all'angolo e cannibalizzati in termini di consensi, con immaginabili nuove frizioni in maggioranza. Qualora Meloni decidesse di non candidarsi, le postazioni di capilista potrebbero andare a cinque ministri FdI, e al Sud toccherebbe a Raffaele Fitto. Valutazioni in corso, tenendo peraltro presente che tanto Salvini (lo ha già dichiarato) quanto Tajani (molto probabile) rinunceranno alla candidatura.

Le mosse in Puglia

È su questo campo minato e cercando di compattarsi che si muovono i partiti pugliesi, già abituati a camminare su un terreno mai semplice: il centrodestra regionale poggia su equilibri difficili, a volte precari, e su antiche ruggini e continue fibrillazioni. Per Bari e Lecce lo schema dei mesi scorsi assegnava le due città rispettivamente a FdI e Lega. Ma tra difficoltà a reperire nomi civici di unità, indisponibilità di parlamentari e dirigenti di maggior curriculum e altri intoppi, è in corso la virata già accennata: ai leghisti andrebbe Bari, e Romito è nome che piace anche ai maggiorenti del partito meloniano, che potrebbero mettere sul piatto il ticket col senatore Filippo Melchiorre; e in questo modo si libererebbe la casella leccese fin qui potenziale appannaggio leghista. Nel capoluogo salentino sono tre i nomi finora sul tappeto: oltre a Pagliaro, anche l'ex sindaca Adriana Poli Bortone e Ugo Lisi, ex parlamentare Pdl e carta suggerita dalla Lega. Pagliaro incasserebbe l'ok di FdI e non verrebbe ostacolato da Forza Italia, che osserva e che ha già speso i jolly a Brindisi (vincendo) e Foggia. «La candidatura della Lega a Bari - racconta qualche dirigente fittiano - "responsabilizzerebbe" il partito di Salvini», una chiara illusione a qualche presunta strizzata d'occhio sottobanco dei leghisti a Michele Emiliano negli ultimi anni. Va da sé che se sul capoluogo pugliese venissero fatte scelte diverse, e non di stampo leghista, a Lecce si potrebbe tornare all'ipotesi delle scorse settimane: Lega e perciò Lisi.
Entro fine mese, assicurano i livelli pugliesi del centrodestra, ci saranno i candidati di Bari e Lecce. O perlomeno il dossier sarà chiuso, impacchettato e spedito al tavolo nazionale, perché è lì che si decide e blinda tutto. Sempre che nel mare di Sardegna non siano destinate a naufragare buone intenzioni e propositi di unità.

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