Fermare la spirale pericolosa dei “cattivi maestri”

di Claudio SCAMARDELLA
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Venerdì 24 Novembre 2017, 14:20 - Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre, 18:46
Lo scienziato Ferdinando Boero, ambientalista al di sopra di ogni sospetto, in campo ogni giorno con le sue competenze e le sue conoscenze - basta leggere gli articoli firmati su Quotidiano, Stampa e Secolo XIX - in difesa della natura, del territorio e del mare, fiore all’occhiello dell’Università del Salento, è tornato nella lista nera dei No Tap. Prima gli insulti sui social, poi qualche scritta sui muri della città, infine - la notizia è di ieri - le scritte minacciose a Ecotekne, sede della facoltà dove insegna. L’unica colpa di Boero, da scienziato e da ambientalista, è di non condividere l’ostracismo contro il gas - che considera una tappa transitoria per sostituire definitivamente in tempi brevi l’era del carbone e del petrolio - e di non assecondare la levata di scudi contro il gasdotto, che ritiene molto meno impattante e molto meno pericoloso di scempi edilizi e aggressioni perpetrati in questi anni lungo le coste del Salento. Una posizione che si può condividere o meno, ma che va ascoltata e rispettata, non fosse altro per il profilo accademico di Boero e per il suo impegno costante in difesa del territorio e dell’ambiente. Il suo articolo su Quotidiano, dieci giorni fa, pubblicato a fianco di un altro articolo - delle stesse dimensioni - del sindaco di Melendugno, Marco Potì, che sosteneva opinioni contrapposte sul gasdotto, è stato considerato un affronto dai No Tap. Ecco perché il professore Boero è accusato di essere un “traditore”, un “ekoterrorista” (autogol da ignoranza) e un “servo di Tap”.
Nelle stesse ore, un’altra sede del Pd salentino, quella di Carpignano, è stata imbrattata da scritte dei No Tap, dopo che la stessa azione era stata portata a compimento qualche giorno fa nella sede della federazione provinciale del partito. Anche qui, l’unica colpa è che il segretario del circolo pd di Carpignano e il sindaco dello stesso comune si sono espressi a favore della trattativa con Governo, Regione e Tap sulle compensazioni, convinti - come gli amministratori di altri tredici comuni salentini - che il gasdotto ormai si farà e che sarebbe, dunque, una scelta senza senso non ottenere ricadute economiche e sociali, oltre che di risanamento ambientale del territorio. Per questo sono sul banco degli imputati con l’accusa di essere “traditori”, “venduti”, “scambisti” tra salute e soldi. Poco importa se mossi anche dalla nobile intenzione di strappare a quel tavolo la riconversione in tempi ravvicinati della centrale a carbone di Cerano e dell’Ilva, che rappresenterebbe - questa sì - una storica conquista ambientalista e la più grande battaglia per la salute che il Salento potrebbe ottenere oggi. Si possono, per carità, nutrire legittimamente dubbi sull’esito positivo di quel tavolo, si può contestare la fattibilità della riconversione e considerarla velleitaria, si può avere una posizione contraria e rifiutare di trattare, ma da qui a processare, condannare e mettere alla gogna i sindaci e gli amministratori “trattativisti”, ce ne corre.
C’è chi tenta di minimizzare, ridimensionare, giustificare, liquidare con un sorrisetto di circostanza questa aggressività (per ora) verbale. Che saranno mai le scritte e gli insulti sui muri? Che sarà mai l’imbrattamento delle sedi di partito? Che danni può fare la campagna di odio sui social contro chi non si schiera con i No Tap, ma esprime posizioni e opinioni non allineate nei confronti del gasdotto? Quali conseguenze reali può avere un assalto (di questo si è trattato: as-sal-to) in un’aula universitaria per interrompere un convegno sull’energia e zittire i relatori? In fondo, dicono i minimizzatori, si tratta solo di semplici manifestazioni di dissenso, accompagnate tutt’al più da bravate notturne di pochi imbrattatori di muri. Alt. Fermiamoci un attimo. Lasciamo al loro delirio gli squadristi da tastiera, i volontari a pagamento (delle istituzioni) che di professione fanno ormai gli agit prop, i professori universitari che la mattina insegnano il diritto e la sera arringano i giovani nelle assemblee a “opporsi in modo radicale” contro le leggi dello Stato (povera Università del Salento!). E lasciamo alla loro ipocrisia quanti, per calcoli politici e per lucrare qualche consenso, soffiano sul fuoco pur avendo responsabilità di governo locale e regionale, o parlamentari, europarlamentari e consiglieri regionali che oggi partecipano alle barricate dopo aver taciuto quando dovevano parlare e, soprattutto, quando potevano cambiare davvero il corso delle cose, a cominciare dall’approdo del gasdotto. Cerchiamo, piuttosto, di ragionare con lucidità, se ancora un lume di ragione ci è rimasto.
La spirale dell’odio e dell’intolleranza si sa da dove parte, ma non si sa dove può arrivare. I “cattivi maestri” - e ce ne sono - che fomentano la protesta lo sanno bene, coltivando il conflitto anche quando il conflitto è fine a se stesso e, soprattutto, alimentando il conflitto anche a conclusione di tutte le procedure democratiche previste dalle leggi della Repubblica; anche all’indomani di sentenze di tribunali di primo e secondo grado; anche dopo i pronunciamenti della Corte costituzionale; anche dopo le archiviazioni di inchieste della Procura. Qui siamo oltre il legittimo diritto di dissenso, oltre il legittimo diritto di critica e di protesta, oltre la legittima e democratica contestazione di una decisione. Siamo alla rottura del patto di convivenza civile fondato sulle leggi dello Stato, al superamento del reciproco riconoscimento delle istituzioni, alla lacerazione di quel tessuto connettivo che fa di una società democratica una cosa distinta e distante dallo stato di natura hobbesiano. “Oltre” c’è solo la violenza, c’è la situazione di  “bellum omnia contra omnes”.
Per questo la strategia dei “cattivi maestri” è pericolosa. Si è voluta creare una situazione dove a prevalere è la logica binaria amico-nemico, con l’inseminazione quotidiana dei sentimenti di odio verso chi non asseconda le proprie posizioni: o “sei con noi” o “sei contro di noi”, o “ti schieri contro Tap” o “sei al soldo di Tap”, o “sei contro il gas” o “sei un traditore del territorio”, o “rifiuti di trattare e sei un sindaco eroe” o “ti siedi al tavolo della trattativa e sei un sindaco venduto”. Una situazione resa ancora più incandescente dalle nuove forme di comunicazione, dettate da quel conformismo digitale che estremizza e radicalizza le posizioni attraverso le comunità chiuse e autoreferenziali della rete, dove monta il pensiero unico, dove viene espulsa a suon di insulti qualsiasi posizione di dissenso, dove si smarrisce l’educazione al dialogo, al confronto, alla tolleranza verso pensieri altri, alla discussione democratica. Dove ci si disabitua alla mediazione sociale e politica, alla composizione degli interessi e delle posizioni divergenti, alla convivenza civile. E dove il conflitto resta senza sbocco positivo.
Una logica aberrante, quella dell’amico-nemico, che sta portando, nella comunità salentina, anche alla rottura di amicizie consolidate nel tempo e di sodalizi di vecchia data. È in questo brodo di coltura che il seme dell’odio e della violenza può cominciare dagli insulti sui muri e può facilmente degenerare in altri campi. Per questo, guai a sottovalutare, minimizzare, ridimensionare, giustificare le intimidazioni con le scritte sui muri e con gli as-sal-ti. La condanna da parte di chi crede nell’esercizio della democrazia e della libertà di opinione deve essere senza “se” e senza “ma”. E la guardia delle istituzioni deve restare altissima.
Noi non abbiamo dubbi. Non su Tap, non sull’approdo, non sul gas. Noi non abbiamo dubbi non sulla scelta di militarizzare l’area del cantiere a San Foca, rendendo complicato anche ai residenti la libertà di muoversi. Saremmo sciocchi a non averli. E saremmo ancora più sciocchi a chiedere agli altri di non averli. Noi non abbiamo dubbi da che parte stare tra chi sollecita la logica amico-nemico, tra chi predica l’intolleranza verso pensieri altri, tra chi soffia sul conflitto fine a se stesso per andare “oltre” il patto di convivenza, e chi invece crede ancora nel libero confronto tra le parti, nella discussione democratica, nel rispetto delle regole e delle leggi, nel diritto di manifestare e di contestare pacificamente, partecipando a manifestazioni di popolo in difesa della propria terra. Si mettano, perciò, l’anima in pace i “cattivi maestri”, i volontari a pagamento e gli agit prop in servizio permanente effettivo, che già tanti danni hanno provocato su questo territorio con il flagello della xylella: continueremo a denunciare le aggressioni verbali, gli insulti, le intimidazioni sui muri e sui social. E non esiteremo a chiamare gli atti e i fatti con i loro nomi in caso di as-sal-ti alle aule universitarie, di raid, di violenze e di azioni squadristiche. Perché “oltre” la democrazia non ci lasciamo portare. Nemmeno con le minacce e le intimidazioni.
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