La decisione è stata presa dal giudice Maritati valutando le stesse due consulenze dei medici legali Alberto Tortorella e Leopoldo Ruggiero sulle quali il pubblico ministero è giunto a conclusioni diametralmente opposte: se Alberto Santacatterina ha sostenuto che la polmonite interstiziale e batterica colpì il bimbo in modo così violento da non dargli alcuna chanche di sopravvivenza nemmeno se avesse versato in condizioni di salute migliori, il giudice Maritati ha ricordato invece le affermazioni dei consulenti sulle complicazioni intervenute a causa dello stato di debolezza generale: malnutrito, sottopeso (12 chili ed 800 grammi distributi lungo un’altezza di 99 centimetri) ed affetto da altre patologie. Il gip ha sottolineato anche le scelte terapeutiche valutate negativamente dalle consulenze medico-legali della Procura, poiché basate solo sull’impiego di farmaci omeopatici e senza l’aiuto della medicina tradizionale nemmeno per quei controlli, come gli esami radiologici, che avrebbero potuto fornire indicazioni appropriate sulla gravità del quadro clinico del bimbo.
Ed ancora: se il pubblico ministero ha parlato di atteggiamento riprorevole ed ingiustificabile dei genitori per una scarsa fiducia nella medicina tradizionale che si sarebbe concretizzata nella cura della febbre e della tosse con metodi omeopatici, il giudice è andato oltre ravvisando una condotta omissiva anche per il loro ruolo di garanti della salute dei propri figli. E valutando il comportamento degli indagati, il giudice ha fatto sua la ricostruzione fornita dalle consulenze sull’anamnesi del piccolo Luca: cinque mesi prima del decesso le condizioni di salute erano già piuttosto preoccupanti. Risultava malnutrito e carente di proteine e calorie. Ed agli atti non sono risultate visite specialistiche, approfondimenti diagnostici oppure l’adozione di una dieta adeguata.
L’unico medico del bimbo sarebbe stato il padre. Non un pediatra o qualche specialista. E dunque, terapie omeopatiche piuttosto che il ricorso agli antibiotici o al ricovero in ospedale. Sul punto la consulenza aveva detto: «Già nel maggio del 2011 il quadro clinico del piccolo Luca doveva essere di chiara evidenza anche per un non medico». E sulle scelte dei genitori: «Hanno condizionato negativamente l’ulteriore evoluzione clinica, favorendo l’insorgenza dell’episodio acuto, causa ultima del decesso».
Il processo, dunque, nell’eventualità di un rinvio a giudizio, la sede più adeguata a stabilire se ci sia un nesso causale fra la morte del bimbo e le attenzioni prestate dai suoi genitori alle sue condizioni di salute. Sono difesi dall’avvocato Lorenzo Valgimigli.