Vanessa Ballan, le falle dell'indagine e le diverse valutazioni dei due pm: «Un fermo preventivo? Non sembrava urgente»

Il procuratore: «Non basterebbero le celle per tutti gli stalker che dicono “ti uccido”»

Vanessa Ballan, le falle dell'indagine e le diverse valutazioni dei due pm: «Un fermo preventivo? Non sembrava urgente»
Vanessa Ballan, le falle dell'indagine e le diverse valutazioni dei due pm: «Un fermo preventivo? Non sembrava urgente»
di Angela Pederiva
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Giovedì 21 Dicembre 2023, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 08:29

Giulia Cecchettin non si era rivolta alla giustizia. Vanessa Ballan invece sì, eppure è stata uccisa lo stesso. «Resto convinto che le donne debbano denunciare, ma cercheremo di capire cosa non ha funzionato in questo caso», annuncia amaramente Marco Martani, procuratore di Treviso, ricostruendo con oggettiva onestà intellettuale tutti i nodi attorno a cui si è aggrovigliata l’inchiesta per atti persecutori a carico di Bujar Fandaj. Le diverse valutazioni dei due magistrati che si sono passati di mano il fascicolo, la mancata applicazione del divieto di avvicinamento e l’infondatezza giuridica della custodia in carcere, i tempi lunghi per la disponibilità dei tabulati telefonici, l’illusoria sparizione dello stalker nei 54 giorni intercorsi fra la querela e il femminicidio.

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I DUE EPISODI
La frequentazione tra Vanessa e Bujar è andata avanti per un anno, dalla metà del 2022 all’estate del 2023, quando lei ha deciso di interromperla e lui non ha accettato questa volontà. «Lascia tuo marito e torna con me», le diceva insistentemente il kosovaro, alludendo al suo compagno Nicola Scapinello.

Ma la trevigiana non ha ceduto e così è cominciata la persecuzione. «Una volta – rivela Martani – Fandaj le era entrato in casa: aveva scavalcato la recinzione ma non aveva avuto un comportamento violento contro di lei. Il fatto più grave è accaduto nell’ambito di un avvicinamento al supermercato, confermato da un collega della ragazza, quando lui l’ha spinta e le ha detto: “Ti ammazzo”. La donna ha sopportato i ricatti per un certo di lasso di tempo, anche abbastanza lungo, nel tentativo di tenere celata la relazione extraconiugale. Poi a un certo punto il compagno se n’è accorto e ha deciso di sostenerla nella querela».


L’IPOTESI DI REATO
Dunque i due gesti molesti e minatori sono stati descritti nella denuncia dello scorso 26 ottobre per stalking, ipotesi di reato contestabile nel momento in cui quelle «condotte reiterate» causano alla vittima «un perdurante e grave stato di ansia o di paura», «un fondato timore per l’incolumità propria», o la costringono «ad alterare le proprie abitudini di vita». Una condotta da “Codice Rosso”, per cui la querela è stata presa in carico dal pubblico ministero di turno, che ha assunto un provvedimento di immediata urgenza, disponendo già l’indomani la perquisizione domiciliare che è stata effettuata in quello stesso 27 ottobre. Nell’occasione sono stati sequestrati tutti i telefonini del 41enne. «Fandaj – riferisce Martani – ha dichiarato che nel cellulare c’erano i video che lui utilizzava per ricattare la donna. Da quel momento in poi non ci sono più stati episodi». Nel frattempo, in base all’organizzazione dell’ufficio giudiziario, il caso è stato trasmesso al pm del gruppo specializzato “Fasce deboli e violenza di genere”, il quale ha reputato che la situazione non imponesse una immediata richiesta di misura cautelare. «Il magistrato – specifica Martani – ha ritenuto di approfondire gli atti di indagine, chiedendo i tabulati del telefono di Bujar perché i messaggi che mandava erano stati cancellati da Vanessa. Bisognava capire quanti erano i messaggi. Per quasi due mesi non ci sono stati altri episodi allarmanti. Quindi la valutazione di non urgenza sembrava corretta ma alla luce di quello che è successo si è rivelata infondata». 


LE MISURE
In base alla legge, il pubblico ministero avrebbe potuto chiedere una misura restrittiva, quale il divieto di avvicinamento. «C’erano i presupposti secondo me – sottolinea il procuratore – però il magistrato ha ritenuto di approfondire i tabulati. Quindi non c’è stata una intempestività di trattazione del caso, ma forse c’è stata un’inadeguatezza nella valutazione delle esigenze cautelari e in particolare della loro urgenza. Tuttavia c’è da dire che, di fronte a una volontà così feroce e determinata di omicidio, commesso in una ventina di minuti, non so fino a che punto questa misura l’avrebbe potuta impedire. L’unica soluzione sarebbe stata la custodia in carcere, per la quale però non c’erano assolutamente i presupposti, perché Bujar almeno in Italia non aveva alcun tipo di precedente, né di tipo indiziario né a livello di denuncia, men che meno per reati di violenza. Lui era un incensurato e gli episodi non erano sufficienti a costituire un pericolo per l’incolumità di lei». 
Detta in altri termini: «Non c’erano segnali univoci sul pericolo gravissimo di vita». Nemmeno sapendo che Fandaj si era introdotto nella proprietà della 26enne e all’Eurospin l’aveva minacciata di morte? «Con uno stalker – risponde il capo della Procura di Treviso – la minaccia “ti uccido” c’è quasi sempre: non basterebbero le carceri per rinchiudere tutti quelli che dicono quelle parole. Ad ogni modo in questo caso i presupposti normativi non c’erano. E ribadisco che il divieto di avvicinamento purtroppo non c’è stato, ma non sapremo mai se questa misura sarebbe bastata o meno, di fronte a un’irruzione così fulminea. Alle donne comunque dico di denunciare lo stesso. Quanto successo sarà uno stimolo a essere ancora più attenti e ancora più tempestivi in futuro».
 

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