Vanessa Ballan uccisa in 26 minuti. Fandaj al bar dopo il delitto: il passaporto in auto e la telefonata (registrata) al 112, cosa sappiamo

Non è escluso che sapere della nuova gravidanza possa aver acuito il risentimento provato

Vanessa Ballan, Bujar Fandaj e l'ipotesi della furia omicida. «Lei era rimasta incinta dopo averlo lasciato»
Vanessa Ballan, Bujar Fandaj e l'ipotesi della furia omicida. «Lei era rimasta incinta dopo averlo lasciato»
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Giovedì 21 Dicembre 2023, 15:02

Bujar Fandaj ha chiamato il 112 alle 19 di sera di martedì 19 dicembre con un cellulare privo di scheda sim. Ha confermato di essere l'uomo che aveva ucciso Vanessa Ballan e assicurato che si sarebbe costituito spontaneamente l'indomani alla stazione dei carabinieri del paese. All'uscita dalla doccia, mentre stava probabilmente progettando di scappare all'estero, Fandaj Bujar, 41 anni, cittadino kosovaro di Altivole (Treviso), gli uomini dell'Arma li ha trovati già pronti ad attenderlo sulla soglia di casa. L'accortezza di usare un cellulare non rintracciabile, elemento che assieme ad altri accredita la premeditazione del femminicidio, insomma, non è servita perché da ore i militari tenevano d'occhio la palazzina dove risiede.

Dopo il delitto una sosta al bar di Altivole per bere una birra, come se niente fosse, appena tre ore dopo aver picchiato e accoltellato la 26enne.

 

Imprenditore edile

Titolare di una piccola impresa edile, al suo nome erano arrivati piuttosto rapidamente, perché l'unica persona che avrebbe potuto avere un movente contro la giovane 27enne, madre di un bambino di quattro anni ed in attesa, da almeno un paio di mesi, di un secondo figlio.

Non è escluso che sapere della nuova gravidanza possa aver acuito il risentimento provato, e nato nel momento in cui era stato lasciato, alla fine di agosto. Da lì una lunga serie di persecuzioni e minacce, telefoniche e non. In particolare Bujar aveva avvertito Vanessa che avrebbe diffuso sui social un video che la smascherava. Per Ballan, convivente con il compagno, Nicola Scapinello (28) e un figlio, era una prospettiva inaccettabile, al punto di farla decidere, il 26 ottobre scorso, di denunciare lo stalking. È stato Scapinello a indirizzare da subito gli inquirenti sulla giusta strada. Accompagnato in caserma subito dopo la scoperta del crimine - consumato tra le 11.21 e le 11.47 di ieri, orari di due messaggi whatsapp alla donna - il compagno ha riferito quanto sapeva. Ad esempio anche che, pochi giorni prima, Bujar aveva già provato a scavalcare la recinzione di casa e che dopo la denuncia le minacce erano sparite.

Le minacce finite dopo la denuncia

Forse anche per questa circostanza, di cui la magistratura era a conoscenza, dopo il sequestro del telefono con le immagini per ricattare la donna, non si è ritenuto di adottare altre misure restrittive della libertà. Così, in mancanza di elementi allarmanti, l'incensurato e apparentemente innocuo stalker è stato perso di vista.  «La valutazione fatta - ha ammesso il procuratore di Treviso Marco Martani - era di non urgenza, cosa purtroppo che si è rivelata infondata» Il modo con cui ha messo in pratica il delitto, infatti, lascia intendere che il gesto fosse stato a lungo premeditato. Per raggiungere la casa Bujar ha usato una bicicletta, per evitare di lasciare tracce nei dispositivi di rilevamento delle targhe. Con sé ha portato una borsa contenente lo strumento per sfondare la porta dell'abitazione, un grosso martello, ed un coltello, lasciato sul posto dopo aver inferto almeno sette pugnalate mortali a Vanessa, e identico ad altri trovati poi a casa sua.

La nuova utenza telefonica

Infine, la scelta di aprire una nuova utenza telefonica appena due giorni prima apre la strada ad ipotesi dell'esistenza di un progetto di fuga. Sono tutti elementi che, secondo il procuratore della Repubblica di Treviso Marco Martani, indirizzano l'indagato alla più severa delle pene, precludendo la possibilità di ricorrere a riti alternativi. La comunità di Riese Pio X, intanto, soltanto poche settimane dopo il festoso ritorno in paese della salma del pontefice che dà il nome al paese, si ripiega sul proprio sbigottito dolore. «La terra di Pio X - scrive oggi il parroco, mons. Giorgio Piva - è messa a dura prova, proprio in questi giorni nei quali tutto intorno a noi parla del Natale ormai vicino. Il Signore sostenga chi è chiamato a indagare, perché chi è responsabile del delitto sia assicurato alla giustizia e possa pentirsi del male compiuto».

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