Voto di scambio, Cataldo risponde al gip: «Non esiste alcun sistema». Donatelli si dimette

Sopra, il Tribunale di Bari, dove una delle presunte vittime di Paolo il mistico, poi diventato Sveva Cardinale, ha testimoniato nell’ambito di uno dei processi per truffa
Sopra, il Tribunale di Bari, dove una delle presunte vittime di Paolo il mistico, poi diventato Sveva Cardinale, ha testimoniato nell’ambito di uno dei processi per truffa
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Lunedì 8 Aprile 2024, 14:58 - Ultimo aggiornamento: 16:20

Sandrino Cataldo (ai domiciliari) ha risposto a tutte le domande della gip Paola Angela De Santis nell’interrogatorio di garanzia. Assistito dall’avvocato Mario Malcangi, spiegherà l’inesistenza delle condotte a lui contestate. Cataldo è accusato di aver architettato un sistema di compravendita di voti, pagati 50 euro per ogni elettore, per le elezioni di Triggiano del 2021 e di Grumo Appula del 2020, compravendita di cui avrebbe beneficiato anche sua moglie, l’ex assessore regionale ai Trasporti Anita Maurodinoia, indagata. 

Ha negato davanti a gip e pm l'esistenza di un «sistema Sandrino» e si è detto estraneo a qualsiasi ipotesi di compravendita. «È tutto nato da una suggestione investigativa - ha detto al termine dell'interrogatorio di garanzia il suo avvocato, Mario Malcangi - ha negato il pagamento di 50 euro a voto. I problemi di corruzione elettorale sono documentati, ma non sono in alcun modo ascrivibili né fanno capo a lui. Era il coordinatore della campagna elettorale, ma le ipotesi criminose non sono ascrivibili a lui». «Capisco la suggestione di credere che un sistema politico di porta a porta e telefonate sottenda un comportamento illecito - ha aggiunto il legale -, eticamente la cosa può essere non compresa dai più», ma non «sottende illeciti». Quanto agli elenchi con i dati degli elettori, Malcangi ha spiegato che sono «tipici delle campagne elettorali per tenere sotto controllo il territorio nel senso migliore del termine, per verificare che tutte le possibilità di voto siano state approfondite». «Confidiamo - ha aggiunto - di poter chiarire le cose, anche se ci vorrà di tempo».

Su Armando Defrancesco, accusatore di Cataldo, il legale ha detto che si tratta di «un soggetto su cui va fatta una ponderata valutazione», e che comunque «si è sempre rifiutato di rendere dichiarazioni alla Guardia di Finanza». Per Cataldo è stata infine chiesta l'attenuazione della misura cautelare. 

Allo stesso modo si dice tranquilla Anita Maurodinoia che ha consegnato agli investigatori il suo smartphone oltre a un elenco di elettori del Pd le cui tessere erano in rinnovamento. Elementi che non sarebbero utili all’indagine, almeno secondo il suo legale. Intanto dall’ordinanza di custodia cautelare, emergono dettagli a sostegno della tesi accusatoria. «Tra i messaggi d'interesse - si legge - c’è quello registrato il 14 maggio 2019» quando una presunta complice di Cataldo «spiegava alla sua interlocutrice: “Questo è il bigliettino, e semplicissimo, quel giorno dovrà votare sia al Comune che al Municipio. Il Comune è la scheda azzurra, dove dovrà barrare il simbolo di Sud al centro e scrivere Maurodinoia-Di Giorgio. Sulla scheda rosa dovrà fare la stessa cosa e scrivere De Giosa”». Il riferimento è alle elezioni comunali di Bari quando l’ex assessora regionale ai Trasporti era candidata con Carlo De Giosa, consigliere del 1° Municipio di Bari, eletto con la lista di centrosinistra Sud al centro grazie a 494 preferenze, e con Giuseppe Di Giorgio, ex consigliere comunale.

«I voti, in sostanza, - scrivono i pm Claudio Pinto e Savina Toscani e il procuratore aggiunto, Alessio Coccioli - venivano raccolti sia per il Comune che per il Municipio e la candidata su cui farli confluire era Anita Maurodinoia (all'epoca dei fatti non indagata), che in quelle consultazioni ottenne 6.234 preferenze, entrando in Consiglio comunale. In quanto alle modalità di consegna del quantum stabilito, si riporta un significativo messaggio parimenti acquisito nel corso delle indagini». Il 30 maggio 2021 la figlia di De Giosa scriveva a una elettrice per informarla delle modalità di riscossione: «Amo, papà ha chiuso l'ufficio, devi passare da casa, i soldi te li metto nella busta con la molletta e te li lancio dal balcone». Continua l’ordinanza: «A chiusura di quella indagine non si poté fare a meno di considerare come il De Giosa, dichiarazione dei redditi alla mano, non potesse disporre in prima persona di una liquidità tale da potergli disinvoltamente permettere dapprima di promettere e poi finanche soddisfare il pagamento di quella somma di denaro offerta ad una platea molto vasta di elettori. Di qui la concreta ipotesi che, pur di raggiungere lo scopo, con un vantaggio per entrambi, a "foraggiare" tale condotta siano stati soggetti diversi e al di sopra del presunto "gregario" De Giosa».

La procura di Bari sta proprio cercando di indagare su questo aspetto: da dove arrivavano i soldi per foraggiare il presunto sistema di corruzione elettorale messo in atto da Cataldo? Un ruolo importante potrebbero ricoprirlo le sedi baresi dell’Università telematica Pegaso e del centro di formazione Ascogi che, secondo i magistrati, sarebbero gestiti da Sandrino anche se, formalmente, il marito di Maurodinoia ne risulta dipendente. Le classi potevano rappresentare un ottimo bacino di contatti, magari da inserire nel database ritrovato dalle forze dell’ordine.

Cataldo, con il suo “figlioccio” Armando Defrancesco, ai domiciliari, risulta anche aver promesso posti di lavoro come docente a una presunta elettrice. Sui finanziatori di Mauridonia, qualche dato interessante si può ricavare da documenti di trasparenza pubblicati online da Regione Puglia dove vengono ratificati i contributi versati nei confronti dell’ex assessora regionale ai Trasporti. Pratica assolutamente lecita e dichiarata ma che apre un focus, alla luce dell’inchiesta della magistratura barese, sulla disponibilità di soldi dell’entourage che ha sostenuto Maurodinoia. Spiccano i 10mila euro versati da Marco Smaldone e Lucio Rocco Smaldone, quest’ultimo figlio di Gianlucio, presidente del II municipio di Bari nella lista “Sud al centro”. Insomma soldi che ruotano all’interno di elementi della stessa lista.

L'interrogatorio di Donatelli

Ha risposto a tutte le domande del gip e dei pubblici ministeri, respingendo le accuse e annunciando le sue dimissioni irrevocabili da sindaco di Triggiano, l'ormai ex primo cittadino del Comune barese Antonio Donatelli, ai domiciliari dal 4 aprile scorso con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. A riferirlo, al termine dell'interrogatorio di garanzia svolto oggi in Tribunale, è stato il suo avvocato Giuseppe Modesti. «Donatelli è sereno - ha detto il legale - e ha chiesto al giudice l'autorizzazione per comunicare alle autorità comunali e prefettizie le sue irrevocabili dimissioni. Ha detto di avere una responsabilità morale e politica nei confronti della sua coalizione, per cui» se c'è il sospetto «che anche un solo voto sia inquinato, si dimette». Donatelli, ha spiegato Modesti, «ha ammesso di conoscere Cataldo e Defrancesco ma non era a conoscenza» di eventuali illiceità né «ne ha avuto alcune percezione». «Siamo fiduciosi - ha aggiunto - che verrà dimostrata la sua estraneità ai fatti». «Se ipoteticamente fossero stati comprati tutti i voti di tutte le liste che sono nel mirino delle investigazioni - ha concluso Modesti -, la coalizione di Donatelli avrebbe comunque vinto le elezioni» del 2021 dato «lo scarto talmente grande» con l'avversario. Ora è in corso l'interrogatorio di Alessandro Cataldo, fondatore del movimento politico Sud al centro e considerato il capo dell'associazione che avrebbe procacciato voti a pagamento in diverse tornate amministrative tra il 2019 e il 2021. 

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