Motociclista morto a Bari, la mamma: «Voglio la verità, basta minacce ai carabinieri»/L'intervista

Motociclista morto a Bari, la mamma: «Voglio la verità, basta minacce ai carabinieri»/L'intervista
di Nicola MICCIONE
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Mercoledì 28 Giugno 2023, 11:02 - Ultimo aggiornamento: 15:22

Un pianto silenzioso. «So che nessuno mi ridarà mio figlio, ma voglio giustizia». Il dolore di Annamaria Marino per la perdita di suo figlio Christian Di Gioia, il motociclista 27enne morto dopo un incidente avvenuto al quartiere Japigia di Bari tra il 21 e il 22 giugno scorsi, è inquantificabile. Ma c'è spazio anche per le scuse: «Quel corteo non doveva essere fatto, è stato un errore», ammette.

E un appello a placare gli animi

 «C'è molta rabbia, è vero, ma non prendetevela con i carabinieri, vi prego, smettetela». Ma poi torna l'angoscia: «Non si può morire così, i carabinieri si dovevano fermare. Perché non lo hanno fatto?», si chiede la donna, che piange e si dispera con la sua t-shirt bianca con la foto di suo figlio in bianco e nero, mentre la sua mano accarezza una delle tante immagini che ritraggono «Big» nel campo 10 all'interno del cimitero comunale di Bari in via Crispi.

Chi era Christian Di Gioia?

«Era il marito di Maria e il padre di un figlio che ad agosto compirà appena due anni.

Non era un pregiudicato, era "pulito" e non ha mai fatto un giorno di carcere: queste sono parole, lette sui social, che fanno male al mio cuore. Mio figlio non era un boss e non era nemmeno un criminale: in una sola occasione non si fermò ad un posto di controllo. Era, in realtà, amato da tutti, persino dagli anziani, e invocava sempre la pace. Lo chiamavano "il gigante" per la sua altezza e la sua stazza, ma era un gigante buono. Ho perso un figlio che regalava un sorriso a tutti quanti. Non è giusto, ora voglio solo giustizia».

Cosa chiede?

«Noi vogliamo che emerga la verità perché ancora non sappiamo come è morto Christian. Solo loro lo sanno. Quando sono arrivata sul posto mio figlio era già morto, era irriconoscibile. L'ho toccato, ma ormai non dava più segni di vita e l'ho abbracciato per l'ultima volta. Ho organizzato io il suo funerale, dai palloncini alle t-shirt. Solo chi ha provato sulla propria pelle il dolore della perdita di un figlio può capire».

Ce l'ha un messaggio per i carabinieri?

«Non voglio accusare nessuno, ma loro indossano una divisa e da loro pretendo la verità. Non credo che il tutto sia avvenuto al termine un inseguimento. Si è trattato, come loro sostengono, di una caduta accidentale? E allora perché non si sono sono fermati a soccorrerlo? Voglio giustizia».

Cosa ne pensa del corteo funebre con gli scooter contromano davanti al carcere?

«Chi lo ha organizzato ha sbagliato e per questo chiedo scusa e perdono. I ragazzi, evidentemente mortificati dal dolore, sono passati davanti al carcere per salutare il cugino di Christian a cui hanno negato la possibilità di vederlo per l'ultima volta: erano due corpi, ma con un solo cuore».

Sua sorella Clementina ha chiesto scusa per il post pubblicato su Facebook in cui lei insulta uno dei due militari dell'Arma che componevano la pattuglia

«Quel post l'ho scritto io, ma non chiedo scusa perché è la verità. E voglio giustizia. Non sono stati loro? E allora perché dopo averlo visto, l'hanno lasciato a terra e sono andati via?».

Proprio in quegli attimi, avevano avuto la segnalazione di un omicidio, quello di Giovanni Colaianni, avvenuto al Libertà

«L'omicidio di via Napoli è avvenuto all'una e mezza. Noi abbiamo un testimone che ci ha detto cosa è successo: i carabinieri, prima di lanciarsi all'inseguimento di mio figlio, avevano fermato un'altra persona, sempre di Japigia, a cui stava controllando i documenti. Per questo è impossibile che Christian sia fuggito. Loro hanno lasciato perdere questa persona e si sono lanciati all'inseguimento di mio figlio. Perché? Noi vogliamo capire questo, vogliamo visionare le immagini delle telecamere di videosorveglianza e verificare le condizioni della pattuglia».

«La Polizia locale ha escluso che il decesso di suo figlio sia stato causato da un'auto dei carabinieri»

«Noi non ci crediamo. Noi non possiamo addossare colpe e non puntiamo il dito contro nessuno, ma chiediamo di capire cosa sia realmente accaduto perché erano loro, i carabinieri, dietro a mio figlio, questo è il discorso. E vogliamo che emerga la verità perché Christian deve riposare in pace».

Cosa pensa delle parole del sindaco Antonio Decaro?

«Lui non conosceva mio figlio. A Japigia nessuno dirà mai che Christian era un delinquente, amava persino gli anziani per i quali si faceva in quattro. Era buono».

Intanto, in città, c'è chi cavalca l'odio delle divise e giura «vendetta contro i carabinieri

«Mio figlio non era un boss, era amico di tutti. Non conosco queste persone (la donna si riferisce ai due fratelli arrestati in via Mazzitelli), anzi approfitto per chiedere scusa. Io non voglio che avvenga ciò, voglio solo giustizia, mentre queste azioni fanno solo del male. È vero, c'è molta rabbia, ma non prendetevela con i carabinieri: vi prego, smettetela. Nessuno mi ridarà mio figlio, noi chiediamo solo giustizia e vogliamo che, finalmente, sia ricostruita la verità».

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