Estorsione e usura al commerciante: arrestata la sorella del boss Stramaglia

Estorsione e usura al commerciante: arrestata la sorella del boss Stramaglia
di Nicola MICCIONE
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Mercoledì 20 Settembre 2023, 21:50

Destini familiari incrociati, a Valenzano, dopo la richiesta di un prestito pari a 25mila euro per cercare di estinguere un debito usurario contratto in passato con il boss Salvatore Buscemi, sul quale, però, gravava un tasso di interesse annuo del 60%. Ed un commerciante finito nella morsa dell’usura, una stretta che gli ha tolto il sonno. Fino a ieri mattina, quando un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Ilaria Casu, ed eseguita dalla Guardia di Finanza, ha fatto scattare le manette ai polsi della 67enne Chiara Stramaglia

In carcere la sorella del boss


Non un cognome qualunque.

Quel cognome, ancora oggi, evoca terrore in città: la donna, infatti, sorella dell’ex boss della cittadina alle porte del capoluogo pugliese, Michelangelo Stramaglia, soprannominato «Chelangelo», ucciso il 25 aprile 2009 a 49 anni e di cui il boss Buscemi è il nipote, è stata tratta in arresto con l’ipotesi di reato di usura - a suo carico anche quella di estorsione - e ristretta ai domiciliari nella propria abitazione. Con l’accusa di usura, invece, è stato arrestato - sempre dai finanzieri del comando provinciale di Bari - il figlio 30enne, Francesco Giangregorio. Anche per lui sono stati disposti i domiciliari. 


Una storia di destini incrociati, di usura e di estorsione che non può dirsi mafiosa - anche perché le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica ordinaria -, ma che ne ricalcherebbe, almeno per alcuni aspetti ancora da approfondire, certe sinistre dinamiche. La vittima è un commerciante di Valenzano a cui sarebbe stato applicato un notevole tasso d’interesse, dopo che lo stesso esercente, nel corso del 2020, avrebbe chiesto una somma di denaro in prestito ai due Stramaglia, madre e figlio. L’uomo, fra il concreto bisogno di liquidità e molto probabilmente le difficoltà di accedere ad un finanziamento tramite i consueti canali tradizionali, era alla ricerca di un prestito per coprire un altro debito usurario contratto con il boss Buscemi. Anche questo, non un cognome qualunque: Salvatore è il figlio di Giuseppe (palermitano trasferitosi a Valenzano dove, nel 1975, sposò Antonia Stramaglia), ritenuto a capo dell’omonimo gruppo criminale che sarebbe propaggine del clan mafioso Parisi, egemone al quartiere Japigia di Bari, e finito in carcere per un presunto scambio elettorale politico-mafioso. 
Al commerciante, sempre secondo le indagini, i due indagati avrebbero prestato 25mila euro con un tasso usurario del 5% al mese, il 60% annuo. La giudice, che ha firmato l’ordinanza con cui è stata disposta la misura, ha rilevato la concreta ed «estrema attualità del pericolo di reiterazione» del reato da parte dei due arrestati che, nonostante fossero incensurati prima di oggi, avrebbero mostrato «capacità di delinquere» agendo con «spregiudicatezza», è scritto nell’ordinanza. 

L'associazione antiracket


«Complimenti alla magistratura barese - è il commento di Renato De Scisciolo, vice presidente nazionale della federazione che riunisce le associazioni italiane antiracket e antiusura -. La gente deve denunciare e non si deve affatto vergognare perché chi lo fa crea a propria difesa un vero e proprio scudo di garanzia. Noi siamo più forti di loro (il riferimento e agli estorsori e agli usurai), ci sono leggi che tutelano le vittime: all’eventuale procedimento penale che dovesse scaturire dall’inchiesta - annuncia De Scisciolo - ci costituiremo parte civile e spero decida di seguire il nostro esempio anche il Comune di Valenzano».

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