Il saluto e l’eredità del prefetto Bellomo: «La sfida è investire in cultura»

Il saluto e l’eredità del prefetto Bellomo: «La sfida è investire in cultura»
di ​Elga MONTANI
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Sabato 2 Settembre 2023, 05:00

Dal primo settembre, cioè da ieri, è in pensione, dopo aver vissuto la sua ultima esperienza come prefetto a Bari negli ultimi tre anni e mezzo. La dottoressa Antonella Bellomo racconta quest’ultima tappa lavorativa in città e i suoi progetti futuri.
Dottoressa Bellomo, qual è il suo bilancio di questa esperienza a Bari con la quale ha chiuso la sua carriera da prefetto?
«Difficile condensare in poche parole tre anni e otto mesi vissuti intensamente, almeno da parte mia. Siamo partiti con l’euforia dell’arrivo della visita del Papa, del congresso della Cei, della presenza del presidente della Repubblica, attenuata subito dopo dal periodo del Covid, il lockdown, la chiusura delle attività. Abbiamo visto una città silenziosa e spettrale, in cui c’era necessità di osservare delle regole che non sempre i cittadini comprendevano, perché eravamo di fronte ad un fenomeno completamente nuovo. Questi anni e questa situazione hanno visto cambiare la nostra modalità di approccio, per la prima volta le riunioni venivano fatte in videoconferenza, e tante problematiche dovevano essere affrontate a distanza. Ma c’è stata anche la scoperta di un sistema che poteva essere efficiente in un altro modo. Ormai, con il Ministero, facciamo solo riunioni in remoto. Nel periodo Covid, inoltre, la criminalità era azzerata, il fenomeno dell’immigrazione era al minimo, avevamo i centri vuoti. Ora siamo al contrario. La ripresa delle attività in questi ultimi anni, anche economica, che per fortuna ha attutito l’impatto sociale del periodo precedente, ha visto anche la ripresa delle attività criminali. Tante le lamentele dei cittadini per la ripresa dei reati contro il patrimonio o di quei fenomeni di degrado sociale che i cittadini percepiscono con disagio, come tutto quanto legato alle sostanze stupefacenti o all’ubriachezza. Abbiamo avuto una inversione di tendenza e la necessità di gestire tutto insieme alle istituzioni dedicate, oltre alle forze di polizia, la magistratura e il mondo dell’associazionismo».


C’è stato un problema o un fenomeno che rispetto agli altri è stato più difficile affrontare?
«La nostra memoria è sempre un po’ corta.

Metabolizziamo quanto accaduto nel passato, anche problematiche importanti, e pensiamo al presente. Penso alle cosiddette spaccate, per le quali sono stati individuati gli autori e si sono ridotte, che ora sono “dimenticate”. Ora quello che è più emergente, ed apparente, è la gestione dell’accoglienza degli immigrati con strutture che al momento sono solo quelle governative. Questo, ovviamente, ci porta a fare fatica. Ci saranno stati momenti difficili, ma per fortuna li abbiamo superati e sono archiviati nella nostra memoria. Chiaro che non ci si deve accontentare, né fermare. La sicurezza non è qualcosa di statico, e va conquistata ogni giorno. Il controllo del territorio e la vigilanza devono essere costanti e bisogna sempre tarare al meglio gli interventi necessari».


Parlando di sicurezza e di percezione di sicurezza, negli ultimi giorni a Bari ci sono stati episodi importanti come la sparatoria a Carbonara o l’aggressione da parte di una baby gang a Bari Vecchia, che cosa ne pensa?
«L’episodio di Carbonara penso sia legato strettamente al discorso criminalità, mentre per quanto riguarda l’aggressione da parte di alcuni ragazzi a Bari Vecchia credo rientri in quel malessere che i giovani continuano ad esprimere, e che dovremmo intercettare con adeguate misure di prevenzione, non solo con la repressione. Non dobbiamo stancarci di investire in educazione, educazione alla legalità, promozione della cultura della tolleranza. Solo reprimere o controllare il territorio non serve in questi casi, bisogna intervenire sullo strato culturale. Dobbiamo interrogarci su questi episodi, ed evitare di enfatizzarli. Connotare la nostra gioventù come violenta e aggressiva non me la sentirei».


Lei dal primo settembre è in pensione, ha un consiglio per chi prenderà il suo posto?
«Mai dare consigli, il mio successore sarà sicuramente più bravo di me. Deve approcciarsi alla realtà di Bari senza alcun pregiudizio, deve conoscerla e farsi una sua opinione. Sarà assolutamente in grado di farlo, sarà un collega esperto e capace, e non avrà alcun bisogno di seguire il mio consiglio».


Invece, la dottoressa Bellomo cosa farà da domani?
«Prima di tutto devo pensare un po’ a me stessa, ai miei affetti, alla mia casa, alla mia famiglia, dedicarmi un po’ alla lettura, a qualche hobby. Poi, perché no, potrei dedicarmi al volontariato, mettermi a disposizione della società nell’ambito delle competenze che possiedo. Non dico che mi devo rimettere a studiare, ma sicuramente affrontare le cose con uno spirito critico».


Ha mai pensato di dedicarsi alla politica?
«Non ci ho mai pensato, in realtà, nella mia lunga vita. Non ho mai avuto alcuna esperienza al riguardo e forse non sarei nemmeno capace di farlo. Finora non mi sembra ci siano state esperienze positive in tal senso, dato che abbiamo una diversa connotazione, ma mai dire mai».


Ha avuto qualche proposta in tal senso?
«No nessuna proposta al momento. Non c’è nulla all’orizzonte».
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