Ex Ilva: «Dissequestrate l'area a caldo, l'Aia è quasi completata»

Ex Ilva: «Dissequestrate l'area a caldo, l'Aia è quasi completata»
di Domenico PALMIOTTI
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Martedì 5 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:17

Ilva in amministrazione straordinaria ha presentato nei giorni scorsi alla Corte d’Assise di Taranto istanza di dissequestro per gli impianti dell’area a caldo del siderurgico, ora in gestione alla società pubblico-privata Acciaierie d’Italia.

Per i commissari dell'Ilva in As, «le garanzie soggettive di discontinuità rispetto alla gestione che aveva originato il sequestro in atto sono assolute e non richiedono ulteriori specificazioni». Lo scrivono gli avvocati Angelo Loreto e Filippo Dinacci, legali della gestione commissariale, nella istanza di dissequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico ex Ilva (ora Acciaierie d'Italia di Taranto. La richiesta «di restituzione di bene sottoposto a sequestro preventivo» è di 28 pagine.

La vicenda

Gli impianti sono sequestrati dal 26 luglio 2012 su ordinanza dell’allora gip Patrizia Todisco nell’ambito dell’indagine “Ambiente Svenduto” ma all’azienda è da tempo concessa la facoltà di usarli. Per questi impianti, i pubblici ministeri, nella requisitoria del processo “Ambiente Svenduto”, hanno chiesto la confisca. Richiesta accolta dalla Corte con la sentenza di fine maggio scorso. Confisca che scatterebbe solo dopo il giudizio della Corte di Cassazione. I commissari di Ilva hanno avanzato istanza di dissequestro evidenziando come la gran parte delle prescrizioni ambientali dell’Aia sia stata ormai ottemperata. E d’altra parte la stessa Aia (Dpcm di settembre 2017) si chiuderà, come termine ultimo per l’attuazione delle prescrizioni, fra poco più di un anno, il 23 agosto 2023. Anche Acciaierie d’Italia, nella lettera con cui l’1 marzo scorso ha comunicato ai sindacati l’avvio della cassa integrazione straordinaria per un anno, per ristrutturazione, per 3.000 dipendenti di cui 2.500 a Taranto - cassa che, fallita la mediazione al ministero del Lavoro, è partita lunedì della scorsa settimana -, afferma, relativamente agli investimenti ambientali, che “le attività già realizzate rappresentano l’88 per cento delle prescrizioni previste dal piano ambientale complessivo”. Nel già fatto, Acciaierie d’Italia inserisce tra l’altro il primo filtro Meros per i fumi dell’impianto di agglomerazione (camino E312), l’adeguamento delle batterie coke 7, 8, 9 e 12, la copertura dei parchi delle materie prime e dei parchi agglomerato sud e calcare.

Nel lavoro da fare, l’azienda colloca invece gli ulteriori filtri Meros per l’agglomerazione, l’impianto di trattamento delle acque di processo delle cokerie per abbattere il selenio, la raccolta e trattamento delle acque piovane che impattano sull’area a caldo. 

Oltre a tenere conto di quell’88 per cento di prescrizioni eseguite, i commissari Ilva hanno presentato l’istanza di dissequestro anche in vista della scadenza di maggio. Il prossimo mese, stando all’accordo del 10 dicembre 2020 tra ArcelorMittal e Invitalia (che rappresenta lo Stato in Acciaierie d’Italia), è quello in cui la parte pubblica, a fronte di un versamento di ulteriori 680 milioni, dopo i primi 400 di ingresso versati un anno fa, dovrebbe passare dal 38 al 60 per cento del capitale e acquisire la maggioranza. Questo passaggio, tecnicamente definito closing perchè legato all’acquisto dei rami di azienda da Ilva (adesso, invece, il gestore è in fitto e corrisponde un canone), è però subordinato ad alcune condizioni sospensive. Che, come specificato a dicembre 2020, sono: modifica del piano ambientale esistente per tenere conto del nuovo piano industriale; revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; l’assenza di misure restrittive, nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata, nei confronti di AM InvestCo. Allo stato, nessuna di queste condizioni si è verificata. E che il dissequestro degli impianti non possa esserci entro fine maggio, è ormai un dato ritenuto molto reale da Governo, addetti ai lavori, sindacati e imprese dell’indotto. Ma questo già da un pezzo. Anche perché le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Assise ha condannato la gran parte degli imputati di “Ambiente Svenduto” e disposto la confisca degli impianti, non sono ancora uscite. Probabile, quindi, che la mossa dei commissari di avanzare comunque l’istanza di dissequestro sia anche un tentativo di saggiare il terreno e verificare l’orientamento della Magistratura in vista di sviluppi futuri. 
Intanto Acciaierie d’Italia avrebbe già manifestato disponibilità ad un nuovo accordo. Il relativo contratto sarebbe in preparazione da parte del Governo, ora alle prese con ben altre emergenze. Il nuovo contratto dovrebbe essere pronto a maggio e confermerebbe sia l’alleanza pubblico-privata che il piano industriale da 8 milioni di tonnellate proiettato sino al 2025.
 

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