I malati oncologici: «Vaccinateci, non riusciamo più a curarci»

I malati oncologici: «Vaccinateci, non riusciamo più a curarci»
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Giovedì 11 Marzo 2021, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 10:10

La Regione assicura che per i soggetti fragili la campagna di vaccinazione partirà nel periodo compreso tra fine marzo e inizio aprile. Ma i malati oncologici chiedono a gran voce, e da tempo, i vaccini. Il focolaio scoppiato al reparto di Oncologia di Lecce ha allarmato ulteriormente una categoria fortemente a rischio, a cui la pandemia ha stravolto piani terapeutici, operazioni, esami. «Soprattutto gli anziani con patologie tumorali sono terrorizzati all'idea di entrare in reparto, preferiscono restare a casa e morire di tumore, piuttosto che rimanere soli in ospedale con l'infezione da Covid. È stata sottostimata la necessità di dare una precedenza alla categoria dei pazienti oncologici, non siamo più messi nelle condizioni di poterci curare e siamo ad altissimo rischio», afferma Manuela Giannone, 45enne di Lecce, paziente con un carcinoma mammario.


I malati oncologici vivono una vita densa di punti interrogativi, in questo periodo hanno poi vissuto la chiusura di reparti trasformati in focolai, la sospensione di operazioni, terapie e di esami fondamentali, spesso per la stessa sopravvivenza. Un effetto domino che ha aperto uno solco importante nella percezione di insicurezza. La necessità della vaccinazione anti-Covid per i malati oncologici si fa sempre più urgente e pressante. La Lilt ha lanciato più di un campanello d'allarme.

Lo ribadisce senza giri di parole Carmine Cerullo, oncologo e presidente della Lilt di Lecce. «Bisogna far presto, perché diversamente la battaglia contro il cancro rischia di trasformarsi in una catastrofe: sia per coloro che si sottopongono alle terapie, sia per coloro che devono eseguire gli screening, e quindi beneficiare della diagnosi precoce. Purtroppo - afferma Cerullo - la pandemia ha rallentato anche i programmi di prevenzione e il ritardo già accumulato, se non recuperato nel più breve tempo possibile, potrebbe avere un impatto drammatico nei prossimi anni. La priorità nelle immunizzazioni deve tener conto del fatto che i malati oncologici in trattamento pre e post-operatorio o con malattia in fase metastatica sono estremamente vulnerabili, così come lo sono tutti i pazienti con immunodeficit ai quali va data priorità assoluta nella campagna vaccinale, se si vuole scongiurare il pericolo di nuovi focolai diffusi nei nostri ospedali». Per queste ragioni, nei giorni scorsi la Lilt di Lecce ha lanciato un appello alla Regione Puglia e all'Asl, chiedendo che i pazienti oncologici vengano vaccinati il prima possibile.


Intanto, gli appelli si moltiplicano. Alla redazione di Quotidiano è arrivata una lettera, indirizzata anche al Ministro della Salute, Roberto Speranza, di una malata oncologica di Brindisi. «Sono malata di tumore dal 2007 - si legge nella lettera - ora al quarto stadio di tumore metastatico epatico e cerebellare. Sono sempre in chemioterapia, ma ho bisogno di andare al Besta di Milano per il tumore al cervello e a Padova per il tumore al fegato. Non posso viaggiare perché è rischioso, mi consigliano di fare prima il vaccino ma intanto il tumore non aspetta, e per il vaccino sono tutti in attesa di disposizioni. Ho chiamato la Regione Puglia e parlano di ritardi, all'Asl di Brindisi non risponde nessuno, in oncologia non sanno nulla e sono in attesa. Cosa devo fare? Morirò di covid o di tumore?».


La corsa ai vaccini rischia di diventare una guerra fra poveri, o meglio fra soggetti a rischio. È il punto di vista di Maurizio Portaluri, primario di Radioterapia all'Asl di Brindisi, duramente critico verso il comportamento delle case farmaceutiche. «La priorità andrebbe data a tutti i malati cronici. Ma il vero problema è il brevetto dei vaccini: in una situazione di pandemia, in cui solo in Italia sono morte 100mila persone, credo che i brevetti vadano tolti e che i vaccini debbano essere prodotti dallo Stato e somministrati a tutti rapidamente. In una situazione come questa non possiamo essere alla mercé delle case farmaceutiche, che hanno ottenuto i risultati sui vaccini grazie a delle conoscenze che sono maturate in ambito pubblico. In questo momento il collo di bottiglia è rappresentato proprio dalla disponibilità dei vaccini».

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