Lavoro: in 10 anni persi 2,3 milioni di posti per
i giovani. Oltre 3 milioni pensano di emigrare

Lavoro: in 10 anni persi 2,3 milioni di posti per i giovani. Oltre 3 milioni pensano di emigrare
di Valeria Arnaldi
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Venerdì 11 Luglio 2014, 03:36 - Ultimo aggiornamento: 10:39
ROMA - Non sar forse – neanche – un Paese per vecchi, ma di certo l'Italia non lo per i giovani. Tra il 2004 e il 2013, secondo l'analisi Censis e Forum Ania-Consumatori, sono “scomparsi” 2,3 milioni di posti di lavoro per under 35.





Il tasso di occupazione dei 18-34enni è diminuito di 12,7 punti percentuali negli ultimi dieci anni, passando da 58,7% a 46%. Un danno per la generazione dei “millennials”, nati tra gli anni '80 e il '96, ma anche per il Paese, cui il calo del lavoro, in termini di mancata creazione di valore economico, è costato oltre 152 miliardi di euro. Una cifra pari alla somma del Pil di tre Paesi europei, come Croazia, Slovacchia e Lituania. E, soprattutto, una cifra che pesa fortemente sul futuro.



Il 43,2% dei millennials si dice preoccupato per il domani, rispetto al 29,2% dei cittadini. E 3,2 milioni di ragazzi pensano che sarebbe il caso di trasferirsi all'estero. Tra quelli che vivono fuori casa, 980mila non riescono a coprire le spese mensili con quanto guadagnano – il reddito medio annuo è di 22.900 euro, inferiore di 7mila euro a quello medio degli italiani - e 2,3 milioni ricevono regolarmente o frequentemente la “paghetta” dai genitori.

Pochi soldi, poche certezze, poche prospettive e dunque, inevitabilmente, poca indipendenza, con ciò che comporta. Il 61% dei 18-34enni, 6,9 milioni di persone, vive con i genitori. Appena uno su cinque è sposato nel 2013, con una riduzione del 38,7% rispetto a dieci anni prima. La spiegazione è in un generalizzato e, a questo punto, diffuso in più settori, sentimento di precarietà. Il 26,6% dei giovani prova ansia per l'assenza di una rete di protezione, il 17,9 vive in uno stato di incertezza, solo il 12,3 dichiara di sentirsi abbastanza sicuro. «Attualmente siamo in un contesto di crescita debole e incerta, soprattutto tra i giovani», ha dichiarato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, all'assemblea Abi: «Non ci sono scorciatoie per la crescita, è necessaria una strategia a più piani». Chiara: sostenere crescita e occupazione come “priorità” e ridimensionare la pressione fiscale. «Le condizioni del mercato del credito riflettono con ritardo i segnali di lento miglioramento della congiuntura», per il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, che confida nelle misure assunte a giugno scorso dalla Bce per «contribuire a una crescita aggiuntiva del Pil pari all'1% a fine 2016».



Nell'area Euro, però, l'Italia stenta ad affermarsi. Intanto, nel secondo trimestre 2014 si stima una riduzione della produzione industriale dello 0,5% sul precedente, secondo le previsioni del centro studi Confindustria che stima però «un aumento della produzione industriale dello 0,7% in giugno su maggio».
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