Federica Gatto, prima donna premiata dalla Guida Michelin per il servizio in sala: «La tavola delle feste, color oro e gioia»

La maitre e sommelier al “Cetaria” di Baronissi: «Prima di cucinare, pensate ad apparecchiare: calici, cestini di frutta secca e fermaposto a tema natalizio. Importante creare un’atmosfera»

Federica Gatto, prima donna premiata dalla Guida Michelin per il servizio in sala: «La tavola delle feste, color oro e gioia»
di Carlo Ottaviano
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Mercoledì 22 Novembre 2023, 12:01 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 07:47

Fino a qualche anno fa – giornalista pubblicista – era lei a porre le domande, adesso dà le risposte. Federica Gatto è stata la prima premiata in assoluto nella cerimonia a Brescia per la presentazione della guida numero 69 della Michelin.

A lei è stato assegnato il Michelin Service Award, cioè il riconoscimento per il miglior servizio di sala. «Sono grata alla Michelin – afferma – per due motivi. Perché ha acceso la luce su un territorio vicino alla Costiera e lontano però dai flussi turistici. E perché ha un valore inestimabile per me, rappresenta un motivo d’orgoglio e riscatto per tutte le donne coinvolte nel settore, essendo la prima volta che viene dato a una donna». Federica Gatto, calabrese, trentasei anni, mamma in attesa, laureata in giurisprudenza alla Federico II a Napoli, fa un lavoro prettamente maschile, maitre e sommelier al Cetaria, il ristorante di Baronissi (Salerno) dove chef è il marito Salvatore Avallone.

A premiarla sul palco è stata Marta Cotarella che con le sorelle Dominga ed Enrica ha fondato Intrecci, l’Accademia di alta formazione di sala, che ha sede a Castiglione in Teverina, al confine tra Lazio e Umbria.

«Non me l’aspettavo. L’organizzazione francese ci aveva invitato e raccomandato più volte di essere presenti. Ovviamente pensavano al “macaron” per Salvatore. È stata una sorpresa venire chiamata col mio nome. Non era mai successo che questo premio andasse a un ristorante non stellato. Una gioia immensa per me, grandissima anche per mio marito, forse addirittura ancora più felice di quanto lo sarebbe stato se avesse preso la stella, a cui chiaramente spera per il futuro. Io mi sono commossa. Chissà che emozioni ha vissuto anche la bimba in pancia?».

Premio meritato?

«Credo di sì. Durante i turni cerco di rendere le performance sartoriali e mai banali, in modo da esaltare le proposte gastronomiche. È molto importante creare complicità tra sala e cucina e, al tempo stesso, trovo fondamentale far sentire l’ospite a casa mantenendo sempre alti i livelli di professionalità e gentilezza».

Come si passa da una laurea in legge alla guida di un ristorante di charme?

«Arrivata a Napoli, mi piaceva il diritto e avevo la passione della scrittura e così ho iniziato a scrivere di nera e giudiziaria per un giornale locale.

Eravamo negli anni del primo boom dell’enogastronomia parlata e Salvatore, che avevo iniziato a frequentare, mi ha spronata a occuparmi di enogastronomia. Mi ha spinto a seguire i corsi per sommelier, così da essere ancora più preparata negli argomenti di cui mi sarei occupata. Contemporaneamente c’era l’emergenza di sala. Nessuno ne ha mai scritto, ma il personale di livello è sempre mancato. Un sabato sera ero nel ristorante di Salvatore. È mancato un cameriere e mi sono trovata a dare una mano d’aiuto. Da allora non ho più smesso».

Basta la passione per lavorare a certi livelli?

«È il primo passo. Poi servono tecniche di servizio specifiche. Ci si può formare negli istituti alberghieri, ma successivamente bisogna frequentare scuole di alta formazione. Anche la sala, esattamente come la cucina, è in continua crescita. Non ci sono più i camerieri impettiti, ingessati di un tempo. Adesso sono più spigliati, ma preparatissimi. Sala e cucina lavorano in sinergia. Si devono conoscere perfettamente gli ingredienti usati in cucina, perché il cliente è sempre più curioso. Serve saper parlare le lingue, e ancora non basta. Bisogna avere empatia con le persone, senso dell’accoglienza».

I ristoranti sono alla disperata ricerca di camerieri.

«La tv, con i tanti programmi di cucina, spinge i ragazzi tra i fornelli. Le candidature che riceviamo sono sbilanciate: 70% per la cucina, 30 per la sala. Una volta faceva il cameriere chi non aveva studiato e racimolava così qualche soldo. Oggi – lo dicono le statistiche – i laureati siamo tantissimi. Persone che a un certo punto della vita hanno cambiato rotta perché appassionati di vino e accoglienza. Siamo i frontman degli chef».

Sembra strano vedere una donna occuparsi di vino.

«Tutt’altro, sono sempre più le donne a scegliere cosa bere a tavola. C’è anche un motivo scientifico, che esprimo in modo semplice: abbiamo palato e naso più attento e allenato, maggiore sensibilità alla percezione del bouquet degli odori. Siamo sempre a contatto con i diversi profumi dell’ambiente, specialmente chi lavora a casa e fuori, e manteniamo in memoria le esperienze immagazzinate».

Tra un mese esatto è Natale. Un consiglio?

«Ancora prima di decidere cosa cucinare, pensiamo alla tavola che deve dare già la sensazione della gioia e della festa. Basta poco: fermaposti a tema natalizio, piatti color oro, i calici invece dei bicchieri. E i cestini di frutta secca che in inverno abbondano».

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