Botte durante un arresto: 5 carabinieri a giudizio

Botte durante un arresto: 5 carabinieri a giudizio
di Veronica VALENTE
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Giovedì 25 Febbraio 2016, 06:38 - Ultimo aggiornamento: 20:55
Torna sotto la lente di un giudice la vicenda con protagonista Antonio Torquato Epifani, il 37enne originario di Galatina ma residente a Seclì diventato invalido a 30 anni per colpa delle botte che avrebbe subito da un carabiniere. Stiamo parlando di Michele Gatto, 53 anni, di Nardò, già condannato, nel luglio 2012, per il presunto pestaggio alla pena di tre anni e due mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 50mila euro, confermata in appello il 30 gennaio 2015 e pendente in Cassazione. 
A partire dal 28 giugno il brigadiere in congedo dovrà difendersi dall'accusa di abuso d'autorità dinanzi al giudice Fabrizio Malagnino, perché, il 15 aprile del 2009, dopo aver arrestato Epifani (in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per tentata estorsione), lo avrebbe preso a calci e pugni su tutto il corpo sino a provocargli lesioni al midollo della spina dorsale. Ma non sarà solo.
 
Insieme a lui al banco degli imputati siederanno quattro colleghi: Vincenzo Zuccheroso, 45 anni, di Parabita, Carmelo Morello, 55, di Martignano, Gregorio Panzera, 41, di Muro Leccese, e Luigi Paglialonga, 51, di Galatone. Questi risponderanno di falsa testimonianza per aver mentito proprio durante il primo giudizio nei riguardi di Gatto e del loro superiore, l’allora comandante del Norm di Gallipoli Alessandro Carpentieri, che si concluse con la condanna dell'uno e l'assoluzione dell'altro (per difetto di querela).

Fu proprio il giudice Michele Toriello dinanzi al quale si celebrò il processo a rimettere gli atti alla Procura, sollevando nella sentenza come «tutti i militari escussi non hanno inteso contribuire in maniera asettica alla obiettiva ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione, ma si sono adoperati per proteggere i loro colleghi imputati e metterli al riparo dalle gravi accuse elevate nei loro confronti, nella convinzione, drammaticamente errata, che l'onore e il decoro dell'Arma potessero in questa vicenda essere tutelati solo con l'assoluzione degli imputati, obiettivo da perseguire anche a costo di tradire la fiducia che l'Autorità giudiziaria ripone nell'operato degli appartenenti all'Arma».
La posizione di Carpentieri (riguardo al reato di abuso di autorità) è stata definitivamente archiviata lo scorso novembre perché giunse sul luogo ad aggressione già avvenuta. Quella di tutti gli altri, invece, dovrà essere approfondita a dibattimento. Così ha deciso ieri il gup (giudice per l'udienza preliminare) Giovanni Gallo - dopo aver disposto una serie di accertamenti (sui telefoni degli imputati e sui tabulati) che non hanno portato a nulla di fatto - accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal procuratore aggiunto Antonio De Donno. 

Un nuovo capitolo giudiziario quindi si aprirà sull'episodio avvenuto sei anni fa e costato allo stesso Epifani anche un processo per resistenza a pubblico ufficiale che si concluse poi con la sua assoluzione. 
Il 37enne, attraverso l'avvocato difensore Stefano Stefanelli, ha chiesto allo Stato il risarcimento del danno per due milioni di euro, somma che va ad aggiungersi ai 300mila euro pretesi per ingiusta detenzione, perché si legge nell'atto depositato lo scorso ottobre e al vaglio della Corte d'Appello di Lecce, nonostante le sue condizioni di salute fossero incompatibili alla detenzione, come accertato dalla stessa magistratura e dall'ente pubblico (che gli ha riconosciuto la pensione di invalidità quale inabile al 100 per cento e l'indennità di accompagnamento), Epifani è rimasto in carcere per dodici giorni e ai domiciliari per altri 296. 
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luca Laterza, Dimitri Conte, Salvatore Corrado, Luigi Greco. 
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