Lo zio con la sindrome di Down finisce in ospedale per il Covid, il nipote 29enne si fa ricoverare per restargli accanto

Lo zio con la sindrome di Down finisce in ospedale per il Covid, il nipote 29enne si fa ricoverare per restargli accanto
di Alessia Strinati
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Martedì 24 Novembre 2020, 12:29 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 11:04

Lo zio affetto da sindrome di Down è positivo al covid e il nipote si fa ricoverare insieme a lui per non abbandonarlo. Matteo Merolla, ventinove anni, ha trascorso due settimane nel reparto Covid del Celio a Roma, per restare accanto a suo zio Paolo. I due non si sono mai separati e questo ha permesso a Paolo di vivere meglio una malattia che per lui sarebbe potuta essere mortale.

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Matteo anche aveva scoperto di avere il covid, ma come asintomatico. Quando le condizioni dello zio hanno reso necessario il ricovero il 29enne ha chiesto un permesso speciale all'ospedale per poter restare con l'amato zio nel corso della degenza. Paolo infatti aveva sviluppato una polmonite e il rischio che potesse aggravarsi era alto, ma il nipote non ha voluto che lo vivesse da solo.

Matteo non ha tolto il letto a nessuno, in terapia subintensiva, in cui si trovava lo zio, c'era un altro letto in cui però non sarebbe potuto stare un altro paziente per l'assenza di strumenti necessari al monitoraggio.

Ad elogiare l'operato del giovane è stata la madre su Facebook che ha descritto Matteo come un angelo: «Ha condiviso la sua malattia, il suo smarrimento, la sofferenza, il rumore incessante dei segnalatori dell'ossigeno e dei parametri vitali, lo ha pulito, sostenuto, vegliato, abbracciato, coccolato. Per tanti giorni e tante notti, e pianti, e ritmi allucinati di un ospedale in un reparto Covid, dove le persone faticano a respirare e a volte muoiono, nella stanza a fianco e intanto medici e infermieri corrono e faticano senza orari, umani nelle loro tute terribili per chi le indossa e per chi le guarda. Non si nasce angeli, ma è possibile diventarlo. Ora lo so. E quando guardo mio figlio di traverso non ho bisogno nemmeno di cercarle sulle sue spalle. Perché so che ci sono. Le sue ali bellissime, lievi, perfette. Anche se gli altri non possono vederle».

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