Vita in versi in sella a una Bianchi

Questa sera alle 20 la presentazione del libro, edito da Collettiva, alle Ergot di Lecce

Vita in versi in sella a una Bianchi
di Renato DE CAPUA
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Mercoledì 10 Aprile 2024, 08:51

Nella vita di un uomo sono tante le traiettorie che percorre uno sguardo, le geografie emozionali in cui si libra, i dettagli che sceglie di cogliere e imprimere dentro sé stesso. La visione ha l'immediatezza dell'immagine, l'istantaneo fluire dell'effimero, una naturale tendenza a posarsi nella memoria, spazio che l'accoglie e la fa divenire ricordo, quasi come un'onda che fa ritorno alla sua riva. Ed è proprio la memoria uno dei temi centrali di "Bianchi Venezia" (Collettiva edizioni indipendenti, 2024), la nuova silloge poetica di Osvaldo Piliego, scrittore, operatore culturale e socio fondatore della cooperativa Coolclub. Sebbene ogni componimento della raccolta abbia una sua precisa identità e declinazione, c'è un filo rosso che si svolge tra le fenditure di queste pagine. La voce calda di un io narrante accompagna il lettore nel viaggio e gli chiede di provare a guardare il mondo a mezz'aria, attraverso i suoi occhi e in sella a una bici "Bianchi Venezia".
Lo sguardo dell'uomo alla guida indaga volti, luoghi e sentimenti, sente suoni tra loro difformi, coglie gesti, consuetudini del quotidiano. Si perde tra le colonne "color di panna/tenute da trama d'uncinetto" della città e un azzurro che ha il sapore di un altrove. Allo stesso tempo gli chiede di restare per farsi costruttore di memoria, proprio lì, in una "città sovraesposta": «La città è lo spazio in cui da sempre mi muovo, è la mia geografia- dice Piliego - un luogo in cui ho scelto di restare. Nella "città sovraesposta" la luce non è necessariamente quella di un sole che fa bene, ma è anche in grado di ferire. Un'abbondanza di luce - continua - crea altrettanta ombra ed è quello lo spazio da cui osservo ciò che mi circonda».
Nello scenario multiforme di questo libro, in cui l'uomo è "spiraglio d'abisso" e l'esistenza "una somma di attimi perfetti, / un cronografo di sangue e ossigeno", il poeta ha "radici ferme", pienamente consapevole di quale sia il suo posto nel mondo, avvinto a esso con la stessa agile naturalezza con cui "il glicine abbraccia la cuspide". Come scrive Margherita Macrì in un passaggio della nota conclusiva, il libro "è quasi un esercizio di resistenza attraverso la parola", un continuo misurarsi con sé stessi, nel tentativo di planare agilmente sulla realtà, andando a caccia di parole. «Scrivere è il segno della mia persistenza in questo mondo e la poesia ha un legame indissolubile con la vita- aggiunge- suscita ogni volta la mia curiosità, mi fa credere nella bellezza, nella fragilità». E conclude: «La scelta di una parola precisa segna il punto in cui la vita sceglie di irrompere in maniera preponderante». La poesia di Piliego ricorda l'importanza di conoscere i propri confini, è un inno alla semplicità dell'esistere.
Il libro sarà presentato questa sera alle 20 alle Officine Culturali Ergot di Lecce.
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