Viaggio nella Preistoria sulle strade della Puglia

Viaggio nella Preistoria sulle strade della Puglia
di Nicola DE PAULIS
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Martedì 30 Agosto 2022, 05:00

Un viaggio in Puglia può non essere necessariamente solo un viaggio alla ricerca del sole, del mare fra i più belli d’Italia, e degli antichi sapori. Può essere anche un viaggio nella preistoria di una regione che, punto di passaggio fra Oriente e Occidente, fu frequentata dalle genti più antiche. I siti preistorici della Puglia si snodano, a volte, attraverso itinerari difficilmente percorribili come grotte, cavità, gravine, che possono essere raggiunti con sicurezza solo da speleologi, archeologi o gruppi organizzati di studiosi e appassionati. Vi sono però anche siti, monumenti facilmente fruibili e presenziati che possono trasmettere al visitatore tutte le informazioni e nel contempo il fascino della preistoria pugliese.

L'Uomo di Altamura, Neanderthal, 180.000/130.000 anni fa

Chi volesse avventurarsi su questa strada, potrebbe iniziare dalla scoperta paleontologica più straordinaria avvenuta in Puglia: il ritrovamento nel 1993 di uno scheletro umano, il cosiddetto “Uomo di Altamura”, appartenente alla specie di Neanderthal, incastonato nelle formazioni carsiche della grotta di Lamalunga. Lo scheletro, ricoperto da sedimenti calcarei, è datato fra i 180.000 e 130.000 anni. È stato ipotizzato che si trattasse di un cacciatore neandertaliano proveniente dalle vicine zone della Basilicata che si spinse attraverso ponti naturali di collegamento creatisi a causa del ritiro del mare, e che sia poi caduto in una profonda voragine. Lo scheletro è visibile grazie a un collegamento televisivo con il Museo di Altamura, ma lì si possono prenotare anche le visite guidate alla Cava dei Dinosauri in cui si ritrovano le impronte di diversi animali preistorici che qui vivevano prima della grande estinzione avvenuta 75 milioni di anni fa.

L’uomo di Neanderthal giunse in Puglia molto più tardi, fra i 130.000 e i 100.000 anni fa dal Nord Europa e la sua presenza è accertata anche nella Grotta del Cavallo nella Baia di Uluzzo, sulla costiera neretina, oltre che in diversi altri siti minori. Presso il Museo di Nardò, di recente istituzione, è visibile un’ampia documentazione degli scavi effettuati negli anni Novanta dalla dottoressa Lucia Sarti dell’Istituto italiano di preistoria e protostoria.

La Donna di Ostuni, una mamma con il suo feto

Proveniente forse dalla Palestina, dove era giunto dall’Africa circa 50.000 anni prima, attraverso l’area balcanica giunse in Puglia l’uomo “Sapiens Sapiens”, fra i 34.000 anni fa a Grotta Pagliacci sul Gargano e circa 31.000 anni fa nella Grotta del Cavallo nel Salento. Si tratta dell’uomo “moderno” e fa parte della specie “CroMagnon” la cui più importante scoperta per la preistoria mondiale e per lo studio dell’evoluzione umana e gli aspetti culturali è la cosiddetta “Donna di Ostuni”, una giovane donna morta di parto, col feto ancora in grembo, ritrovata nella Grotta di Santa Maria d’Agnano a Ostuni negli anni Novanta dall’archeologo pugliese Donato Coppola, docente all’Università di Bari. Adornata con collane di conchiglie, la donna era adagiata con cura all’interno della grotta, in posizione fetale sul fianco sinistro, con il braccio destro appoggiato sul ventre quasi a protezione del bambino mai nato: una pietà e sensibilità umana evidentemente già presente nell’uomo di CroMagnon.

Del ritrovamento, nel Museo di Ostuni possono vedersi un calco e una ricostruzione dell’ambiente in cui è stata rintracciata la sepoltura, datata 28.000 anni fa.

Il Pulo di Molfetta è invece una interessante testimonianza delle culture neolitiche che popolarono la Puglia fra il VII e il VI millennio avanti Cristo. Un luogo poco noto anche agli stessi pugliesi, a poca distanza dal centro cittadino e facilmente raggiungibile. Si tratta di un’ampia depressione carsica con un perimetro di 600 metri e un diametro di 170 metri, profonda 30 metri, sulle cui pareti si aprono numerose grotte abitate da comunità neolitiche già 7.000 anni fa. Ed è anche un interessante luogo di biodiversità.

Fenomeno affascinante è poi il megalitismo pugliese. L’impiego di blocchi e massi enormi per la costruzione di sepolcri (i dolmen), fortificazioni, segnacoli a ricordo di personaggi, imprese o divinità (i menhir). Esso è assimilabile al megalitismo di tutto il Mediterraneo (Malta, Le Baleari) ed è databile al II millennio a.C. Imponenti il Dolmen di Bisceglie e il Dolmen a galleria di Giovinazzo, ne sono le espressioni maggiori.

Il Dolmen di Bisceglie, denominato Dolmen Chianca e dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è il più conosciuto e facilmente raggiungibile con una sosta presso l’area di servizio “Dolmen di Bisceglie” lungo l’autostrada A14 Bari-Foggia. Fu scoperto e studiato nel primo decennio del 1900 dallo studioso barese Michele Gervasio, che lo datò all’incirca al 1700 a.C. e per primo fornì la prova che i dolmen, costituiti da due lastroni verticali e uno di copertura e ricoperti da un regolare ammasso di pietre circolari (le specchie), fossero dei sepolcri collettivi nelle comunità nomadi e pastorali che popolavano la Puglia nell’Età del Bronzo. 

A circa 20 chilometri di distanza, sulla stessa direttrice lungo la Statale 16, si può raggiungere il dolmen a Galleria di Giovinazzo, situato sulla via per Terlizzi in località S.Silvestro, meno noto di quello di Bisceglie ma certamente il più grande Dolmen della Puglia, costituito da lastroni che formano una galleria ricoperta in origine dalle tipiche pietre presenti nel barese e ancora visibili, le “chiancarelle”. Fu scoperto nel 1961 durante i lavori di sbancamento di un cumulo di pietrame. Il professor Felice Lo Porto, all’epoca Soprintendente archeologo della Puglia, lo assimilò alle cosiddette “tombe a corridoio” della Penisola Iberica datandolo al 1800-1600 avanti Cristo.

L’ultima propaggine - o forse la prima - della Puglia, il Salento, è infine “terra eminentemente megalitica”. La maggior concentrazione di megaliti si trova fra i centri di Giurdignano, Minervino, Uggiano. Sono i cosiddetti “dolmen e menhir dell’Otrantino”, visibili in maggior parte nel “Giardino megalitico” di Giurdignano.

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