L'Italia futurista e la diva Fougez

L'Italia futurista e la diva Fougez
di Anita PRETI
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Venerdì 11 Luglio 2014, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 12:56
TARANTO - C’ una piccola bellezza anche a Taranto. Pudica e preziosa, nascosta, tra i vicoli della Citt vecchia, e perci da scoprire. Lo si potr fare domani sera, quando il Mudi, Museo diocesano, la bellezza nascosta, accoglier gli Amici della Musica ed il loro omaggio ad Anna Fougez, una grande bellezza. È stata la più grande artista del teatro leggero italiano, chi è venuto dopo di lei ha potuto soltanto imitarla. Sono passati 120 anni da quando in vico Innocentini, sempre lì, nell’isola antica, veniva alla luce, il 9 luglio 1894, Maria Annina Pappacena. Perduti i genitori, fu adottata dagli zii Laganà e ancora piccola venne portata al nord.

È ancora una bambina quando sale per la prima volta in palcoscenico e ne discenderà alla vigilia della seconda guerra mondiale, per sua volontà, interrompendo una carriera artistica che ha avuto pochi eguali. Il nome d’arte è ispirato ad Eugénie Fougère, diva del vaudeville d’oltralpe.



Non è un ambiente di educande quello in cui si affaccia la giovanissima Annina: i café-chantant stanno per cedere il posto ai tabarin. Luoghi fumosi, penombre, sospiri, profumi pungenti, sullo sfondo, impalpabile, l’assenzio. Scettici e maliarde, in ossequio ad un luogo comune, ne saranno gli abituali frequentatori. Il popolo, intanto, si riversa nei teatri di varietà: Trianon, Eden, Margherita, Odeon. Anna ricordava uno dei suoi primi debutti alla Sala Umberto di Napoli: “Fu veramente trionfale. Incoraggiata dall’agente D’Acierno, io feci prodigi: il pubblico fu con me espansivo, caldo, vibrante”. Sarà sempre così, mentre la strada si allunga fino a Parigi e le amicizie si moltiplicano: da Petrolini a Mistinguett.

Anche Lina Cavalieri, prima di Anna, da Roma passa alle Folies Bergère. Per lei scrive Trilussa, per Anna Tommaso Marinetti: piace, questa ragazza tarantina, ai futuristi, annuncia il nuovo. E non solo perché, scrive Marinetti: “Il teatro di varietà esalta l’azione, l’eroismo ….l’autorità dell’istinto e dell’intuizione”.

È quel che occorreva per entrare in guerra, la prima, e, subito dopo, per marciare su Roma. Mentre al fronte i soldati combattono, i teatri delle città si riempiono di gente che vuole dimenticare se non proprio ignorare.



Giovanni Ermete Gaeta, noto come E. A. Mario, scrive “La leggenda del Piave”, un inno al coraggio dei soldati. Per Anna Fougez compone invece “Vipera”. Diventerà l’elemento identificativo di un divismo fatto di occhi cerchiati dalla matita nera, di lunghi fili di perle al collo, di abiti fascianti di satin: una sobrietà rispetto a quello che Anna indossa sulla scena (dove dominano le scale che discende fra due schiere di boys) e sono costumi che lei stessa disegna: metri e metri di veli e di rasi, chilometri di strass, chili di piume. Dalle ceneri del varietà, è nata la rivista. Ed Anna è diventata impresario e capocomico: scrittura artisti giovanissimi dai nomi destinati a diventare famosi come Carlo Dapporto. Di un giovane ballerino, il suo porteur per eccellenza, René Thano, si innamora, lo sposa e resteranno per sempre insieme.



Lavora anche per il cinema muto, tra il 1916 ed il 1922 gira alcuni film, alcuni dei quali diretti da Gustavo Serena che è anche il divo per eccellenza del grande schermo. Ma è il teatro l’irrinunciabile passione di Anna. Ci sono tutti in platea, mentre canta “Addio mia bella signora”, “Abat-jour”, “Il fox-trot delle piume”, “Ah, la donna…”, “Fiocca la neve”, tutti lì ad applaudirla anche i gerarchi. Qualcuno ha un debole per lei. Compromessa con il fascismo forse, difficile starne lontani in quel momento, ma non impossibile.



Fra il 1919 ed il 1928, raccontano gli storici del varietà, Anna Fougez è l’artista italiana più pagata. Da 500 a 1000 lire, il suo cachet. Nel 1930 decide di scrivere l’autobiografia: “Il mondo parla ed io passo”. Nel 1940, l’Italia è in odore di guerra. La Fougez si ritira dalle scene e non vi farà più ritorno. Sceglie di vivere a Santa Marinella, dove possiede una villa. Gioca interminabili partite a carte con il suo René e con pochi amici fidati, uno dei quali è Virgilio Riento, popolare protagonista del cinema dell’epoca.

L’ozio accompagna con eleganza l’incedere della vecchiaia. Si spegne nel settembre del 1966. Per suo desiderio viene sepolta nel cimitero di Taranto. Si chiude una carriera che coincide con la parabola del teatro leggero: varietà, rivista ed ora, quando il genere declina, il mordace ed un po’ sguaiato avanspettacolo. Dove non c’era posto per gente come lei.
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