Ma l'Osvaldo lo vuole l'articolo?

Ma l'Osvaldo lo vuole l'articolo?
di Rosario COLUCCIA
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Domenica 25 Giugno 2023, 11:52

«Cerco un divano comodo per me e per l'Osvaldo» recita lo spot pubblicitario in cui una cantante famosa e da decenni molto amata dal pubblico magnifica i pregi dei divani prodotti da una ditta altrettanto nota, adattissimi a lei e a suo marito. Non parleremo certo di mobili, in questa rubrica. Né delle tecniche di persuasione occulta sapientemente messe a frutto dai pubblicitari. Ma qualche riga possiamo spendere sui diversi usi dell'articolo determinativo nella lingua italiana, a partire dall'esempio che abbiamo appena citato e da altri casi.


La regola generale, spesso ripetuta dalle grammatiche, afferma che l'articolo prima del nome proprio, o prenome («l'Osvaldo», appunto) non andrebbe usato. La norma tuttavia sembra contraddetta dall'uso reale dei parlanti di alcune regioni italiane: in tali zone è invece consueto anteporre l'articolo davanti al prenome (e anche davanti al cognome, come vedremo in una diversa occasione). ALIQUOT è la sigla che definisce un'iniziativa di ricerca intitolata per esteso "Atlante della Lingua Italiana QUOTidiana" (http://www.atlante-aliquot.de/). L'idea si presenta come un giochino, richiede la partecipazione degli utenti della rete, ma i risultati sono molto interessanti. Considerato in una certa prospettiva, ALIQUOT è il primo atlante digitale interattivo online per lo studio e la visualizzazione delle varianti della lingua italiana quotidiana (al momento in cui scrivo le carte sono in rifacimento per aggiornamenti con nuovi dati, ma quanto già sappiamo consente di ragionare con buona precisione).

Il sito formula domande sugli usi linguistici dei parlanti, del tipo: «Quale espressione si sente normalmente nella tua città o nel tuo paese per non andare a scuola ingiustificatamente'?». Per maggiore efficacia, ogni domanda è accompagnata da una foto che ne illustra il contenuto. Nel nostro caso, un bambino con lo zaino in spalla guarda con aria furbetta l'obiettivo: sa che non andare a scuola quando dovrebbe non è proprio da studente esemplare, per questo ammicca. «Marinare la scuola» è l'espressione che nell'italiano dei vocabolari indica non andare a scuola ingiustificatamente'. Negli usi reali dei parlanti, dal nord al sud d'Italia, ricorrono altre espressioni o parole: «far berna, far sega, far vela, bigiare, bruciare, forcare, far forca, far filone, saltare, nargiare...».

Ci sono anche domande di autovalutazione linguistica. Nella terza inchiesta (finora ne sono state avviate cinque, ognuna con molte domande) si chiede: «Nel tuo paese o nella tua città è usuale impiegare l'articolo determinativo davanti ai nomi di persona femminili (es. la Sara, la Marta, la Valentina)?»; «Nel tuo paese o nella tua citta è usuale impiegare l'articolo determinativo davanti ai nomi di persona maschili (es. il Luca, l'Antonio, il Michele)»?

Proprio il modulo da cui siamo partiti, «l'Osvaldo». Alle domande gli interrogati possono rispondere «no», «raramente», «sì» e questi risultati vengono riportati sulla carta d'Italia. Nelle due cartine che ci riguardano il colore chiaro segnala le zone dove prevalgono le risposte affermative, lo scuro dove sono maggioritarie quelle negative. Il chiaro, con varie sfumature d'intensità, si concentra nelle zone del nord, lo scuro nel resto del territorio nazionale, a parte l'eccezione salentina (dove sono normali i tipi come «la Maria», «la Cinzia» o, in dialetto, «lu Pietru», «lu Ninu»); la distribuzione territoriale è inequivocabile, l'articolo ricorre con maggiore frequenza davanti ai nomi propri femminili, è relativamente meno diffuso davanti ai nomi propri maschili.

La variazione non riguarda solo la lingua parlata dei nostri giorni.

Ricorre anche in esempi letterari illustri dei secoli passati e di oggi, che si possono leggere in «Giusto, sbagliato, dipende», un bel libro pubblicato dall'Accademia della Crusca proprio per rispondere ai dubbi sulla lingua italiana: «Ricorditi di me, che son la Pia» invoca, rivolgendosi a Dante («Divina Commedia», «Purgatorio» V 133, anno 1319 circa), Pia de' Tolomei, nata a Siena e morta in Maremma in circostanze misteriose nelle quali appare implicato il marito (un femminicidio trecentesco); o «Lascia star la Nena, che non ha questo; lascia star la Nena, che non ha quest'altro» raccomanda, finché è in vita, la mamma a suo figlio Santo, incapricciato di una donna senza dote che non fa per lui (Giovanni Verga, «Pane nero», nella raccolta delle «Novelle Rusticane», anno 1883).

Negli scrittori contemporanei l'uso dell'articolo che precede il nome proprio vale a caratterizzare il parlato settentrionale dei protagonisti. Lo troviamo in autori famosi, quando nello stile espressivo vogliono riprodurre l'atmosfera locale. Piero Chiara e Giovanni Testori mettono di continuo articoli davanti ai nomi propri, femminili e maschili. In «Lessico famigliare» di Natalia Ginzburg, romanzo che racconta in forma partecipata e autoironica la vita quotidiana di una famiglia dell'alta borghesia piemontese dal 1925 ai primi anni '50, si trova: «Finché capitò un giorno, non so come, in casa nostra la Natalina e ci rimase trent'anni»; «mia madre cantava, e scrollava i capelli bagnati nell'aria del mattino. Poi andava a discorrere, nella stanza da stiro, con la Natalina e la Rina». L'integrazione dell'articolo si dà anche nel caso di insiemi composti da nome e cognome: «La Paola era poi, dal canto suo, anche lei gelosa delle amiche di mia madre. Non della Frances, o della Paola Carrara. Era gelosa delle amiche giovani».

L'articolo che precede il nome maschile è più raro. Nello stesso romanzo di Ginzburg il costrutto è sporadico, c'è un solo nome maschile in cui l'articolo è regolarmente integrato. L'eccezionalità conferisce a quel nome il massimo rilievo, l'apice della marcatezza: «Il Silvio era stato un musicista e un letterato (...). Il Silvio era molto elegante, si vestiva con grande cura (...). C'era poi del Silvio, in casa, un'opera rimasta incompiuta, il Peer Gynt (...). Com'era spiritoso il Silvio! diceva sempre mia madre. com'era simpatico!».
«Il Silvio» non è un politico dei nostri giorni, è Silvio Tanzi, zio materno della narratrice: «(mia nonna Pina) aveva avuto tre figli, il Silvio, mia madre e la Drusilla, che era miope e rompeva sempre gli occhiali (...). Il suo figlio maggiore, il Silvio, si uccise sparandosi alla tempia, una notte, nei giardini pubblici di Milano»: un gesto inspiegabile che giustifica la straordinarietà dell'uso linguistico.

«S'è beccato un bel tre mesi il Gino», cantava Giorgio Gaber nella canzone «La ballata del Cerutti» (1961), scritta «per uno che sta a Milano / al Giambellino», quartiere milanese attraversato negli anni Sessanta del secolo scorso da forme diffuse di criminalità e microcriminalità e ancor oggi da scontri tra clan, spaccio di droga, racket di vario tipo e occupazioni abusive.

Proprio il titolo della canzone di Gaber, con la preposizione articolata davanti al cognome, ci offre l'argomento di una prossima puntata della nostra rubrica: l'uso dell'articolo davanti ai cognomi.
 

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