Undici anni per aprire un ristorante

Undici anni per aprire un ristorante
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Mercoledì 3 Luglio 2019, 08:07
Undici anni per riuscire a ristrutturare un immobile ed avviare un'attività. È una vera e propria guerra con la burocrazia quella che ha dovuto affrontare, ma che alla fine è riuscito a vincere, l'imprenditore Gianfranco Mazzoccoli. Proprio lo scorso giovedì, infatti, è riuscito ad inaugurare il nuovo ristorante Dentromare a Specchiolla, marina di Carovigno.
«Ma - dice - quello che abbiamo dovuto affrontare avrebbe fatto fuggire qualunque imprenditore venuto da fuori. Noi, fortunatamente, siamo qui, gli avvocati sono quelli del nostro gruppo industriale (Sommità Group, ndr). Abbiamo avuto la possibilità di arrivare fino in fondo ma credo che nessun altro sarebbe riuscito a stare dietro a questa vicenda, che ci ha portato via tantissimo tempo e denaro in quantità copiose».

Tutto è cominciato nel 2008, quando il gruppo ha acquistato a Specchiolla quella che un tempo era una pescheria. «Abbiamo ottenuto in quell'anno - racconta Mazzoccoli - la concessione demaniale per subentro ed abbiamo iniziato a preparare la documentazione per la ristrutturazione e poi abbiamo avviato i lavori ma subito siamo incorsi nella prima vicissitudine: il Comune non ci aveva rilasciato l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 24 del regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazione marittima. Per ottenere questa autorizzazione ci abbiamo messo tre anni».

E si arriva così al 2011. «Una volta ottenuti i permessi per una semplice ristrutturazione interna - prosegue - è arrivata una nuova sorpresa: l'ordine di demolire tutto, perché la pescheria era abusiva. Anche se dalle carte non risultava nulla. Ma ci siamo dovuti adeguare, obtorto collo, altrimenti avremmo perso chissà quanti altri anni. E così siamo andati avanti».

Nel 2014, dunque, sono ricominciati i lavori, per i quali in pratica c'è stata la necessità di ricominciare da capo, visto che quanto realizzato tre anni prima era stato lasciato all'abbandono e si era ammalorato. «A quel punto - racconta ancora l'imprenditore - c'era bisogno anche di fare una manutenzione straordinaria all'esterno, sulla barriera frangiflutti. Ma ci hanno addirittura chiesto la Valutazione d'impatto ambientale. Tant'è che per tre anni abbiamo pressato la Regione perché convincesse il Comune di Carovigno che non c'era alcun bisogno della Via per una semplice manutenzione. Alla fine, dopo tanta insistenza, da Bari inviano una nota a Carovigno dicendo che non sembra ci sia alcuna necessità della Via per questi lavori. E così, arriviamo a settembre 2017, quando abbiamo finalmente ottenuto l'autorizzazione paesaggistica per la manutenzione straordinaria degli esterni. E così, ricominciamo i lavori».

In questi anni, tra l'altro, la società aveva già dovuto affrontare un primo ricorso al Tar. Tre giorni dopo l'avvio dei nuovi lavori, nel 2017, il Comune chiede alla società tutte le autorizzazioni. «Le stesse - fa notare Mazzoccoli - che aveva concesso il Comune, dunque che erano già in suo possesso. E così i lavori si fermano di nuovo. L'ente, dopo la nostra risposta, rimane silente, tanto che ci rivolgiamo nuovamente al Tar almeno per sospendere lo stop ai lavori. Il Tar, tuttavia, non dà la sospensiva. Il Consiglio di Stato, invece, sì, spiegando l'assenso con la contraddittorietà del comportamento del Comune e col fatto che si tratta di semplici lavori di manutenzione. Nel merito, poi, il Tar ci dà ragione e definisce censurabile e illegittimo il comportamento del Comune, che quindi rinuncia a qualsiasi ulteriore ricorso».

E così, dopo la terza partenza, i lavori arrivano finalmente a conclusione. «Stavolta - conclude l'imprenditore - siamo però riusciti a completarli e giovedì scorso abbiamo inaugurato, dopo 11 anni di traversie inenarrabili. E per fare cosa? La semplice ristrutturazione interna del fabbricato e la manutenzione straordinaria all'esterno».
In tutto questo, Mazzoccoli è molto critico soprattutto con il Comune di Carovigno. «Credo che questa storia - dice - non abbia eguali. Il comportamento del Comune è stato totalmente irragionevole: in pratica ha investito soldi pubblici in avvocati e personale per ottenere cosa? Che quel rudere non fosse ristrutturato, che rimanesse così, abbandonato. Come può essere questo lo scopo di un ente pubblico? Impedire ad un privato di ristrutturare e cancellare una bruttura, restituendo al territorio una struttura funzionante che, oggi, dà lavoro a venti persone».

Non basta. Se non fosse arrivata la proroga delle concessioni fino al 2035, quella della zona in questione sarebbe scaduta nel 2020. «In pratica - conclude - avremmo avuto un solo anno di attività per ammortizzare tutte le spese di 11 anni di battaglie. E pensare che solo di concessione spendiamo 10mila euro all'anno, dunque in questi anni ne abbiamo versati 110mila al Comune di Carovigno che, con una mano pretendeva il pagamento, con l'altra impediva l'utilizzo di un bene in concessione. Eppure, il turismo è un asset fondamentale per la Puglia, non è possibile che accadano certe cose».
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