Prendete un post-it e segnatevi questo indice, all’apparenza misterioso: R0. Bastano una lettera e un numero per delimitare il campo dell’impari (o quasi) battaglia...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
I numeri di contagi, ricoveri e decessi, l’inclinazione delle curve di crescita, il cruciale fattore tempo, il tasso netto di riproduzione: è tutto qui. Quando il contagio ha cominciato a espandersi in Cina, l’Oms ha fissato il tasso netto di riproduzione tra 1,4 e 2,5. Il ministero della Salute italiano lo ha attestato invece tra 2,8 e 3,2: in sostanza, un singolo soggetto positivo contagia in media altre tre persone. Giusto per avere il senso delle proporzioni: la “normale” influenza stagionale ha un tasso netto di riproduzione di 1,2.
Le distanze sociali: la rilevazione. Ecco perciò il valore e la centralità delle misure di distanziamento sociale. C’è uno studio che ha testato il mutato approccio alla mobilità degli italiani dopo le restrizioni: si intitola “Covid-19 Mobility Monitoring project” ed è stato realizzato dalla fondazione Isi, dalla società statunitense Cuebiq e dall’Università di Torino. I movimenti di 170mila italiani sono stati tracciati attraverso la localizzazione degli smartphone: «I dati - spiega Michele Tizzoni, ricercatore Isi - sono completamente anonimi» e sono stati raccolti tramite il consenso degli utenti fornito ad alcune app. «I 170mila smartphone sono distribuiti in tutta Italia in modo uniforme», un campione tale da poter tracciare alcune mappe. La ricerca ha sondato i cambiamenti nei flussi di traffico, i cambiamenti nella distanza media percorsa e nella vicinanza spaziale degli utenti. «Sicuramente - riflette Tizzoni - la mobilità a medio e lungo raggio è diminuita moltissimo. Così come registriamo un calo notevole della distanza media percorsa in settimana: da 6,7 chilometri a meno di due, quasi ovunque». A seguito del blocco nazionale del 9 marzo, i flussi di mobilità tra le province sono diminuiti ovunque del 50% o più (è la seconda mappa qui in basso). Più disomogenea la terza mappa: «Mostra i potenziali incontri che un utente potrebbe avere in un’ora. La densità della “prossimità” è molto diminuita». Ma non ovunque: guardate la mappa (aggiornata al 14 marzo), la scala di blu è cangiante, più è intenso il colore e maggiore è la riduzione delle possibili interazioni. Tradotto: al Sud e in Puglia si può senz’altro fare di più, come ha ribadito Brusaferro. Se non altro per abbattere ulteriormente il numero di casi positivi ogni 10mila abitanti, soprattutto in provincia di Brindisi (2.57), Lecce (1.86), Foggia (3,6) e Bari (2,13). Nulla ovviamente di paragonabile a Bergamo (58,3) o Lodi (79,2).
Ecco perché siamo in tempo per alzare il muro. Anche perché, dopo due settimane, sembrerebbe neutralizzata la potenziale bomba piombata dal Nord: i ritorni in massa di studenti e lavoratori (oltre 16mila in Puglia, secondo la Regione). I probabili positivi “di ritorno” avrebbero potuto contagiare familiari e amici, così innescando imprevedibili catene.
Un aiuto (di tutti) alla sanità. Mantenere il rigoroso distanziamento sociale e stare a casa è inoltre un portentoso aiuto alla sanità. Appiattire la curva permette al sistema sanitario di non andare in tilt e di gestire il turn over dei posti letto: in sostanza, nessun effetto imbuto con troppi ricoveri, soprattutto in terapia intensiva, nello stesso lasso di tempo. Al momento sono 45 i pazienti pugliesi ricoverati in intensiva, il 4,5% del totale contagiati e perciò al di sotto della soglia teorica (10%) su cui si è tarata la Regione. La percentuale d’occupazione dei potenziali posti letto in terapia intensiva (306) è così del 14%. Inoltre: la corsa a ridurre il contagio del personale sanitario, troppo e troppo spesso infettato in queste settimane, contribuisce a contrarre il tasso netto di riproduzione (che per medici e infermieri è tendenzialmente molto più alto) e a non spolpare l’organico di medici e infermieri. Insomma: se stiamo a casa e rispettiamo le restrizioni, abbiamo più chance di non sovraccaricare il sistema sanitario. E di essere curati, tutti, meglio.
Quotidiano Di Puglia