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L'ultimo colpo di coda di Michele Emiliano ha un indubitabile pregio. Squarcia il velo delle mezze verità e spazza via qualsiasi equivoco: la mutazione è compiuta. La «coalizione di governo della Puglia» è l’accurata e scaltra circonlocuzione utilizzata dal governatore per descrivere la maggioranza regionale di centrosinistra. Ecco: ora la “coalizione Puglia” ha sotterrato per sempre la “Primavera pugliese”. La traiettoria è completa. E per i partiti di centrosinistra è il tempo di interrogativi e responsabilità. La mossa di Emiliano ha in sé un valore simbolico innegabile, accecante: il governatore affida l’assessorato alla Sanità a Rocco Palese, che della “Primavera pugliese” è stato fiero e rigoroso oppositore, e dai partiti della “Primavera” è stato più volte bersagliato. Avvertenza, d’obbligo: in discussione non ci sono lo spessore umano e la caratura personale e politica dell’ex parlamentare di Forza Italia. La posta in gioco è un'altra: il metodo, i rapporti di forza nella coalizione che regge da 17 anni le sorti della Puglia, i fondamentali e i principi di un progetto politico a geometria variabile in perenne e convulsa espansione, la compatibilità tra proclami e scelte. E cioè tra il vessillo elettorale dell’“argine alle destre” e la continua e bulimica cooptazione di interi strati di centrodestra. È, insomma, una questione di trasparenza e coerenza.
Rapido bignami: per “Primavera pugliese” s’intende la stagione che tra il 2004 e il 2005 portò il centrosinistra a espugnare dopo anni - e dall’epoca incessantemente - il Comune di Bari (proprio con Emiliano) e la Regione (con Nichi Vendola), grazie a un’alchimia di nuove spinte politiche, fermenti della società civile, incoronazioni di leader carismatici e inclusivi. Perimetro ampio, ma profilo chiaro. Il pugnale e il veleno che da allora ad oggi hanno tramortito la “Primavera pugliese” sono stati maneggiati da tanti, in questi anni. La catena di errori richiederebbe una pagina a sé e di certo hanno influito anche i mutati scenari politici, l’implosione dei partiti, la frenetica consunzione delle leadership e delle idee guida. Di sicuro, in questo quinquennio abbondante, Emiliano è stato il principale e ultimo cecchino della “Primavera”.
Già dalla prima campagna per le Regionali, correva l’anno 2015, il governatore nel silenzio degli alleati aveva minato alle fondamenta il decennio vendoliano, smontandone la narrazione, ricombinandone i pezzi, sovvertendo anche qualche riferimento storico. Per necessità elettorali (dura vincere dopo dieci anni di governo) e per intima convinzione (ha il trasversalismo nel sangue). E coronando sempre più il progetto: la coalizione extra-large, il civismo onnivoro che tutto include, divora, giustifica. Un modello, o persino una vera e propria “dottrina delle contaminazioni” e della capacità di “andare oltre”, pescando ora a sinistra e ora a destra attirato da bacini elettorali territoriali e piccoli potentati, sfruttando e accentuando le debolezze degli altri, indovinando la polverizzazione dei partiti e facendo leva sul sistema di potere e poltrone che gravita attorno alla Regione. Un campo di gioco troppo largo per essere il centrosinistra e troppo vario per essere etichettato come altro: “coalizione di governo della Puglia”, appunto. E tanto basti. Probabilmente a tutti: il governatore è “l’amico geniale” della politica pugliese perché non nega a nessuno una chance e perché tutti in fondo accontenta.
Si badi: Emiliano ha davanti una prateria e con lucida spietatezza sa cavalcarla. Il nocciolo allora è un altro: chi gli ha spianato la strada, per incapacità o convenienza, badando con miopia al dividendo immediato e non alla prospettiva. E cioè i partiti del centrosinistra, a cominciare proprio da quel Pd che dopo la nomina di Palese si straccia le vesti o comunque vede traballare tante delle pochissime certezze quando però ormai non c’è più granché da fare. Andrebbero poste molte domande, ai democratici o ai vendoliani. Sempre che la “Primavera” non sia stata un abbaglio. Di sicuro, per gli atti di ribellione verso Emiliano è troppo tardi, dopo che il Pd - pur ammonito in questi anni da qualche osservatore - ha scelto la subalternità al governatore e al civismo acchiappa-tutti e tritura-Pd, schiacciato sulla logica della sopravvivenza pur di raccogliere qualche briciola, pensando che potesse bastare accomodarsi all’ombra di Emiliano per limitarlo e controllarlo. Che è cosa molto diversa dall’adesione leale e rigorosa a un progetto di governo. Idem per i vendoliani, prima critici e censori e poi anche loro agganciati al treno di Emiliano, «perché altrimenti arrivano le destre». La stessa nomina di Gianfranco Lopane al Turismo, oltre a quella di Palese, racchiude un metodo e un progetto: il Pd (il gruppo consiliare più folto) ha provato a chiedere più spazio in giunta, ma Emiliano s’è voltato dall’altra parte e ha optato per un consigliere della sua civica Con. Lo ha fatto perché aveva la forza per farlo, conquistata in anni di dominio incontrastato dai partiti: una prova muscolare, ma non imprevedibile.
Cosa succederà adesso? Il Pd sbanda, frammentato all’interno tra anti-Emiliano e lealisti che tardivamente provano a mordere con le gengive. E i rischi sono molti: la spaccatura nel gruppo consiliare, così ancora più marginale, ed è tanto un’opportunità quanto un pericolo per il governatore; i riflessi sul congresso regionale, e la mossa Palese potrebbe indurre la segreteria nazionale a intervenire sulla scelta del futuro segretario; e infine le ricadute sul programma di governo, sulle urgenze pugliesi, sulle priorità. Un’amministrazione e una maggioranza in perenne tensione, percorse dai fremiti dell’ambizioso civismo emilianista e dalle paure d’irrilevanza del Pd, possono seriamente scivolare nell’inconcludenza. Che fare? Poco. Ci vorrebbe il ritorno della politica, dei partiti, di una dialettica vera e seria. Il tutto in una Puglia monopolizzata, in Regione e fino ai Comuni, da un metodo-Emiliano che si è ormai fatto dottrina. Auguri a chi vorrà provarci. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia