Non è possibile dimostrare che la strage degli ulivi sia la conseguenza di una sottovalutazione della xylella fastidiosa e delle competenze, come delle omissioni,...
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Procura e giudice hanno seguito il principio sancito dalla Corte di Cassazione, anche nei casi di colpa medica: per sostenere l'accusa in giudizio bisogna avere la certezza che l'evento si sarebbe potuto prevenire. Ossia, che l'essiccamento da xylella si sarebbe potuto evitare, se fossero state seguite le procedure ed i progetti sostenuti da finanziamenti pubblici. E questa certezza non c'è. Anche perché la scienza non ha ancora individuato un rimedio definitivo per debellare la xylella. Quella xylella che continua a fare stragi di ulivi.
Nelle 44 pagine del decreto di archiviazione, il giudice Maritati riporta integralmente, condividendola, la richiesta di archiviazione. Che annuncia la trasmissione alla Procura di Bari, per competenza, della parte delle ipotesi di reato di falso ravvisate negli atti acquisiti allo Iam di Valenzano e nelle comunicazioni arrivate dall'Osservatorio Fitosanitario di Bari il 2 ed il 15 ottobre del 2013. E relative, queste comunicazioni, alla data ufficiale di comparsa della xylella.
Una nuova data sull'insediamento di questo batterio che sta mettendo a rischio uno dei settori strategici e storici dell'economia pugliese: 2004. Con manifestazioni certificate anche nel 2008. È uno degli elementi di novità che si trovano nella richiesta di archiviazione della Procura: vengono riportate a questo proposito le dichiarazione di un addetto ai lavori sentito nel corso delle indagini. Si tratta di Antonio Manca, ispettore fitosanitario della Regione, in servizio nella provincia di Brindisi: ha sostenuto che ne parlò in quell'anno Antonio Guario, in uno dei corsi di aggiornamento tenuto nelle vesti di dirigente dell'Osservatorio fitosanitario regionale.
Guario, 68 anni, di Bari, è uno dei dieci indagati del filone principale dell'inchiesta archiviata e che ha contestato la diffusione di malattie delle piante, il deturpamento di bellezze naturali e l'inquinamento ambientale. Gli altri sono Giuseppe D'Onghia, 66 anni, di Noci, nelle vesti di dirigente del servizio Agricoltura area politiche per lo sviluppo rurale della Regione; Silvio Schito, 66 anni, di Bari, dirigente dell'Osservatorio fitosanitario regionale; Giuseppe Blasi, 58 anni, di Serra Sant'Abbondio (della provincia di Pesaro e Urbino), capo del dipartimento delle Politiche europee internazionali e delle sviluppo rurale del Servizio fitosanitario centrale; Vito Savino, 60 anni, di Bari, docente universitario e direttore del centro di ricerca Basile Caramia di Locorotondo; Franco Nigro, 57 anni, di Ceglie Messapica, docente di Patologia vegetale dell'Università di Bari; Donato Boscia, 62 anni, di Gioia del Colle, responsabile della sede operativa di Bari dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr; Maria Saponari, 47 anni, di Locorotondo, ricercatrice del Cnr; Franco Valentini, 48 anni, di Locorotondo, ricercatore dello Iam; ed il generale dei carabinieri della Forestale, Giuseppe Silletti, 66 anni, di Santeramo in Colle.
Ripercorre le singole responsabilità contestate agli indagati in cinque anni di inchiesta, il decreto di archiviazione. E le tappe salienti: le sperimentazioni negli oliveti anche all'epoca dell'essiccamento ritenuto la lebbra dell'olivo. I ritardi con cui furono affrontate le emergenze segnalate dagli agricoltori. La regolarità dell'uso dei finanziamenti pubblici. Ed anche una applicazione ritenuta non corretta delle procedure imposte dall'Unione europea. Come nell'uso di pesticidi vietati. O come nell'importazione del batterio della xylella per fini scientifici. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia