Un cittadino gli dà del fascista, il sindaco lo querela. Ma per il giudice quell'insulto non è reato, poiché il primo cittadino deve essere...
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La decisione è destinata a far discutere e si inserisce nell'ampia e spesso controversa giurisprudenza in materia.
Inutile dire che il battibecco tra i due era cominciato su Facebook, dove spesso e volentieri la mano sulla tastiera vola più veloce della diplomazia, ma si è poi trasferito in un'aula di tribunale dove oggi è arrivata la sentenza: archiviazione della querela.
Protagonisti del caso sono il sindaco di Parabita Alfredo Cacciapaglia e un artigiano del posto, Emanuele Nassisi.
I due discutevano su una bottiglia di birra abbandonata in un'aiuola, fotografata e postata su Facebook da un terzo utente a dimostrare la scarsa attenzione dell'amministrazione al decoro cittadino. Il sindaco aveva replicato: «Quella bottiglia è vicino a casa tua, anch'io quando vedo bottiglie o carte vicino al mio studio le prendo e le porto negli appositi contenitori, si tratta di senso civico». Ne era scaturito un botta e risposta sul servizio e l'accusa rivolta dall'artigiano - intervenuto nella discussione online - di «far pulizia dinanzi alle sue (del sindaco) proprietà intestate a chissà chi». A quel punto il primo cittadino minacciava rivolgersi alla magistratura e l'artigiano, ormai preso dalla querelle gli rispondeva: «La sua dittatura fascista non spaventa la mia persona».
Il resto si è svolto in tribunale, con tanto di screenshot dei post incriminati. Il pm Giovanni Gagliotta però ha ritenuto che quelle frasi appartenessero a pieno titolo al diritto di critica proponendo l'archiviazione. La parola fine è arrivata dal giudice Michele Toriello che ha accolto la proposta del pm, stabilendo che di fatto chiamare fascista il proprio sindaco, almeno in questo caso, rientri nei diritti di un cittadino. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia