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Se le accuse sono vere la realtà supera la fantasia dei più noti romanzieri dell’800, quando la “roba”, per citare Verga, dettava la legge e annullava affetti e vincoli di parentela. Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Taranto ha chiuso le indagini su un presunto falso testamento olografo. A redigere il documento sarebbe stato, stando alle conclusioni a cui è giunto il pm titolare del fascicolo di indagine, un 61enne fasanese.
Parliamo di una persona molto in vista nella città della Selva, appartenente ad una famiglia che ha contribuito a scrivere la storia di Fasano.
L'accusa
“Aver formato, anche in concorso con terzi allo stato non identificati, un falso testamento olografo, apparentemente riconducibile alla defunta sorella e successivamente facendone uso mediante la sua pubblicazione avvenuta il 13 novembre 2011 presso lo studio di un notaio di Martina Franca”: questa la contestazione che il pubblico ministero Maria Grazia Anastasia, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto contesta all’indagato.
Ad accusarlo, impugnando il testamento, è stato un altro componente della famiglia. In questi casi, la legge prevede che vi siano cinque anni per dimostrare la falsificazione. E a Fasano la battaglia alla successione si è aperta qualche mese dopo la scomparsa della donna, con un parente si è rivolto al giudice e ha chiesto l’annullamento del testamento per falsità. Proponendo una “domanda di accertamento della provenienza della scrittura". Chi agisce deve fornire le prove della falsità e non è, invece, chi si difende, in questo caso il 61enne fasanese, a dover dimostrare che il testamento è autentico. Se si dimostrasse che il testamento è falso e di conseguenza ci fosse il rinvio a giudizio per il fasanese questi rischierebbe due anni di reclusione.
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