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«Volevo vedere cosa ha visto lui poco prima di morire. Volevo solo capire cosa è successo e sono arrivata alla conclusione che nessuno si è reso conto di quanto stava accadendo». La voce di Angela Iodice è dolce nonostante sia incrinata da un dolore che da sette anni le lacera il cuore. Suo figlio Francesco, il 12 luglio 2016, era in treno. Viaggiava diretto ad Andria con i suoi sogni in spalla e la voglia di vivere negli occhi. Sono bastati pochi minuti per far sorgere il buio sulla sua vita, sul suo futuro. La sua mamma ha voluto compiere la stessa tratta a bordo del mezzo che sfiora il chilometro 51, quello che ha visto spezzarsi 23 vita e graffiarne atre 51.
«Il personale di bordo è stato gentile - racconta - quando ho spiegato chi fossi e ho chiesto che il treno fischiasse al chilometro 51, mi ha assecondato: per me è stato davvero importante». «Ho visitato anche la cabina del macchinista e ho potuto capire come corre veloce il treno e che quel botto era davvero inevitabile quando i due mezzi ormai erano l'uno di fronte all'altro mormora- Se pure i macchinisti hanno provato a frenare quella corsa, a impedire che quei giganti di acciaio potessero scontrarsi e incastrarsi tra loro, era impossibile evitarlo».
Errore umano
«Sapevamo già dal giorno successivo all'incidente che era stato un errore umano - sostiene Angela - ma chi doveva garantire la sicurezza della tratta? Non ci fermiamo. Non può finire così». E non finisce neppure l'amore per Francesco: ieri sul muro di largo Baione che costeggia la nuova fermata ferroviaria "Corato sud", è stato inaugurato un murale che racconta il suo ultimo anno di vita. A volerlo, è stata l'associazione nata in sua memoria.
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