Trattativa Invitalia-Mittal, rottura totale. Destino segnato per l’ex Ilva: commissariamento più vicino

L'ex Ilva quando ancora era ArcelorMittal
L'ex Ilva quando ancora era ArcelorMittal
di Domenico PALMIOTTI
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Sabato 17 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 19:51

Tutto precipita per Acciaierie e tutto accade in un sol giorno per l'ex llva di Taranto. Si parte al mattino col ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che collegandosi con un convegno della Cgil Puglia a Bari parla dell’amministrazione straordinaria come di una «eventualità molto concreta». Si prosegue nella mattinata col l’ad di Acciaierie, Lucia Morselli, che sull’ispezione replica a muso duro ai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria. E si continua col Tribunale di Milano che rigetta l’ultima richiesta di AdI: far scattare le misure cautelari e confermare quelle protettive verso i grandi creditori della società, mettendo così al riparo la composizione negoziata della crisi.

La carta che Acciaierie ha tentato di giocare sino all’ultimo per evitare l’amministrazione straordinaria. Ma l’epilogo della giornata, lo fornisce lo stop alle trattative tra ArcelorMittal e Invitalia, i due azionisti di Acciaierie.

Uno stop per niente inatteso, visto che le trattative erano appese ad un esile filo. E non ha sortito effetti nemmeno una mediazione che, parallelamente al negoziato tra i soci, ha tenuto con altri rappresentanti degli azionisti il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia. Ora tocca al cda di Acciaierie d’Italia spa decidere se attivare l’amministrazione straordinaria. Ma qualora non lo facesse, sarebbe Invitalia a chiedere al ministero delle Imprese di procedere. 

Il ministro

«Il confronto fra socio pubblico e privato allo stato non sembra aver sortito quella soluzione che tutti noi auspicavamo per «garantire la continuità produttiva e il rilancio del sito siderurgico» dice Urso in mattinata alla Cgil pugliese. Ma uno dei punti che Urso marca, riguarda l’indotto, che lunedì alle 18 con tutte le associazioni (da Confindustria Taranto ad Aigi, da Confapi a Casartigiani) sarà a Roma per ricevere comunicazioni dal Governo.  «A noi pare - sostiene Urso sull’indotto - che non ci sia stata una collaborazione dell’azienda per consentire che i propri fornitori potessero utilizzare gli strumenti che il Governo ha messo in campo e che mi auguro siano convertiti in legge con il concorso costruttivo del Parlamento. Non è così che si procede. Si procede fornendo informazioni necessarie per poter valutare il credito, altrimenti nessuno può acquisire crediti che non sono stati valutati». «L’azienda a oggi - rileva Urso - non ha fornito alcuna informazione estratta dai propri database in merito alle imprese che possono utilizzare gli strumenti che abbiamo messo in campo con il decreto legge. Le informazioni fino a oggi trasmesse sono parziali. Per esempio, non è stata comunicata la composizione del debito e se si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili. Ci si è limitati a una lista molto incompleta, a informazioni su alcune decine di imprese a fronte di qualche migliaio».

Il Tribunale

Ma il colpo decisivo arriva nel pomeriggio, con l’ordinanza di dieci pagine firmata dal giudice del Tribunale di Milano, Francesco Pipicelli. Viene rigettata anche l’ultima richiesta di Acciaierie, quella delle misure cautelari e protettive da applicarsi su vari soggetti: da Ilva in as agli istituti di credito. Obiettivo: bloccarli nella «facoltà di segnalare in Centrale Rischi e alla Crif l’intervenuta sospensione dei pagamenti nel corso delle trattative, nonché di revocare le linee di credito già esistenti ed utilizzate». 
È il terzo no che arriva ad AdI dallo stesso magistrato, che in precedenza aveva respinto la richiesta societaria di impedire a Invitalia di chiedere al Mimit l’amministrazione straordinaria e dichiarato, altresì, che il decreto legge di gennaio 2023 (quello che ha posto il primo tassello dell’amministrazione straordinaria) non è anticostituzionale. Il rigetto delle misure atterra il ricorso di Acciaierie. E infatti il giudice scrive che «per la conferma delle misure protettive, condizione necessaria è l’esistenza di una concreta, attendibile e realistica prospettiva di risanamento dell’impresa». Perché solo questo «può giustificare un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni cautelari ed esecutive dei creditori sul patrimonio del debitore». 
Invece per Acciaierie, argomenta il magistrato, «una prognosi positiva allo stato non pare sussistere, in quanto la situazione finanziaria attuale, l’assenza di disponibilità di soci o di terzi a rifinanziare AdI spa, non sembrano consentire all’impresa ricorrente di avere una liquidità di cassa a breve per l’acquisto di materie prime e per la stessa sopravvivenza della continuità aziendale diretta, per un tempo limitato idoneo a condurre le complesse trattative con un ceto creditorio variegato e multiforme». 
D’altra parte, scrive il magistrato, anche l’esperto incaricato per la composizione negoziata della crisi, Cesare Giuseppe Meroni, «è netto nel ritenere l’assenza in concreto della sussistenza di concrete e ragionevoli prospettive di risanamento». L’esperto «ha già in sostanza espresso una prognosi ‘infausta’». Di conseguenza, argomenta il giudice, «l’inidoneità del piano a superare la crisi e, dunque, l’assenza delle concrete prospettive di risanamento, non solo non consentono di confermare le misure protettive, ma allo stesso tempo non rendono meritevoli di accoglimento le misure cautelari e di inibitoria richieste verso Ilva e verso gli istituti di credito».
Si va dunque verso l’amministrazione straordinaria, che ieri, parlando alla Cgil, il governatore pugliese Michele Emiliano ha definito «un fallimento che congela i crediti vantati da tutte quelle imprese che hanno lavorato con la fiducia di essere pagate». 
Infine stabilimento sempre più fermo. Come comunicato dalla Fim Cisl, nuova fermata del Treno Nastri 2. Dopo quella dei giorni scorsi, l’impianto viene rifermato dalle 15 di oggi alle 7 del 22 febbraio. 

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