Ex Ilva, il Governo non fissa la riunione. I sindacati vanno a Palazzo Chigi

La sede di Taranto del siderurgico
La sede di Taranto del siderurgico
di Domenico PALMIOTTI
4 Minuti di Lettura
Domenica 5 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:20

La convocazione entro il 7 novembre per Acciaierie d’Italia non è arrivata da parte del Governo, ma martedì le sigle metalmeccaniche Fim, Fiom e Uilm saranno ugualmente sotto Palazzo Chigi. 
Lo hanno dichiarato ieri i tre segretari generali Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella.

L'attesa

Una convocazione entro il 7 era stata annunciata da Palazzo Chigi lo scorso 20 ottobre, quando, nel giorno dello sciopero nazionale in Acciaierie, anche a Taranto, i tre segretari raggiunsero la sede della presidenza del Consiglio dove incontrarono il capo di gabinetto del premier Giorgia Meloni insieme ai capi di gabinetto dei ministri direttamente interessati al dossier ex Ilva
Il Governo, così come aveva già fatto il 27 settembre, confermò in quella sede che è in corso un negoziato con Mittal, partner di maggioranza di Acciaierie, e si impegnò ad aggiornare a breve termine le sigle metalmeccaniche.

Ma, come detto, nessuna convocazione è arrivata e quindi la mossa di ieri dei sindacati serve anche come sollecito a Palazzo Chigi. Magari una convocazione può giungere in extremis nelle prossime ore. Peraltro è accaduto il 20 ottobre, quando, con i lavoratori già arrivati a Roma per manifestare in corteo da piazza dell’Esquilino a piazza Santi Apostoli, dalla presidenza del Consiglio fu fissato l’incontro nella stessa mattinata. 

La nota dei sindacati e la risposta Usb


“Anche senza convocazione, il 7 novembre andremo a Palazzo Chigi con le nostre delegazioni per continuare il confronto sulla drammatica situazione dei lavoratori coinvolti nella vertenza di Acciaierie d’Italia”, affermano in una nota congiunta Benaglia, De Palma e Palombella che terranno anche un punto stampa dopodomani. 
Ma l’iniziativa di Fim, Fiom e Uilm provoca la reazione dell’Usb nazionale. “Abbiamo scritto a Fim, Fiom e Uilm una lettera aperta, finalizzata a condividere un percorso di mobilitazione unitaria, caduta però nel vuoto - dichiara Usb -. Prendiamo atto che continuano in un percorso solitario di iniziative velleitarie, tese anche ad escludere tutta la rappresentanza dei lavoratori di Acciaierie d’Italia. Qualcuno continua a vedere la vertenza ex Ilva come fosse un esclusiva, ma ricordiamo che la nostra organizzazione è superiore per rappresentatività anche rispetto ad alcune delle sigle sindacali confederali”. Usb annuncia quindi assemblee e iniziative sia a Taranto che a Genova. 

Il pressing


È oltre un mese ormai, dallo sciopero del 28 settembre a Taranto, seguito da quello di Genova del 2 ottobre e poi in tutto il gruppo il 20 ottobre, che Fim, Fiom e Uilm hanno intensificato il pressing sia sull’Esecutivo che sul Parlamento. 
Il 31 ottobre, infatti, i vertici sindacali hanno rinnovato la richiesta di audizione su Acciaierie già avanzata il 9 ottobre ai presidenti delle commissioni Attività produttive della Camera, Alberto Luigi Gusmeroli, e Industria del Senato, Luca De Carlo. E Camera e Senato, negli ultimi giorni, più volte si sono occupati del caso Acciaierie con le audizioni del presidente della Holding, Franco Bernabè, e dei ministri delle Imprese, Adolfo Urso, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (quest’ultimo al Senato in un question time). 
Il quadro emerso in Parlamento da un lato ha confermato la grave crisi economica e produttiva dell’azienda e dall’altro evidenziato come il nodo risieda nella difficoltà a fare un accordo dove accanto al Governo che interviene con i fondi del RepowerEU per poco più di 2 miliardi, ci sia anche il privato Mittal che faccia adeguatamente la sua parte, visto che controlla Acciaierie per il 62 per cento (il restante 38 è nelle mani di Invitalia, società Mef). 

Il consiglio di amministrazione


Da un paio di sedute del cda è all’ordine del giorno la richiesta dell’amministratore delegato di Acciaierie, Lucia Morselli, di avere altra liquidità per 320 milioni, ma da parte pubblica si vuole anzitutto sapere cosa mette sul piatto Mittal, come è stato determinato il fabbisogno di 320 milioni, quale è, oggi e in prospettiva, la situazione finanziaria e di cassa di AdI spa e della Holding. Dalla cui presidenza Franco Bernabè da diversi giorni ha annunciato le dimissioni, che però non è riuscito ancora a formalizzare. Non essendoci infatti una schiarita finanziaria e nemmeno, al momento, un successore dello stesso Bernabè, l’assemblea della Holding, dove formalizzare l’uscita dell’ex ad di Eni e Telecom, non si è tenuta. E chissà se sarà la volta buona nel cda riconvocato per questa settimana.

© RIPRODUZIONE RISERVATA