Pierotti, un guizzo che vale mezza salvezza del Lecce

Contro l’Empoli l’argentino non si fa prendere dall’egoismo, resta lucido, evita portiere e difensore e serve l’assist per l’1-0 di Sansone

Pierotti, un guizzo che vale mezza salvezza del Lecce
di Michele TOSSANI
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Lunedì 15 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 21:42

Tre punti fondamentali in chiave salvezza quelli conquistati dal Lecce contro l’Empoli sabato al Via del Mare nel primo weekend veramente primaverile del campionato. Tre punti che portano la firma di Santiago Pierotti. Arrivato in Salento a gennaio con grandi aspettative, il ventiquattrenne argentino è finito presto nel dimenticatoio, poco utilizzato da D’Aversa e partito indietro anche nelle gerarchie di Luca Gotti. Ad un calciatore però può bastare poco per cambiare il corso degli eventi e dare senso ad una stagione. Così è stato contro l’Empoli. In una situazione di stallo, quando lo zero a zero sembrava ormai il risultato più probabile al termine di una sfida che ha visto il Lecce sì tirare più degli avversari (alla fine saranno 14 le conclusioni totali effettuate dai giallorossi a fronte delle sole 3 provate dagli empolesi) ma farlo soprattutto in situazioni da calcio piazzato e poco su azione manovrata, Gotti decideva di ricorrere a Nicola Sansone e al ragazzo di Pilar, provincia di Buenos Aires. A dare spazio a Pierotti era Rémi Oudin, autore di una prova evanescente e fattosi notare solo nelle occasioni in cui andava a calciare da fermo (peraltro senza nemmeno la consueta precisione). 

Cosa si può fare ad un minuto e quaranta secondi dal novantesimo? Per molti, niente. Per Pierotti, tutto. Caprile, portiere empolese che aveva salvato la sua porta in almeno un paio di occasioni, sbaglia il rinvio dal fondo. Ne scaturisce una rimessa laterale per il Lecce. Venuti (subentrato a Gendrey) si affretta a rimettere la palla in gioco, per consentire ai salentini l’ultimo assalto di un secondo tempo giocato in avanti (come dimostra il baricentro di 52.77m registrato dal Lecce nella ripresa). La sua rimessa è lunga, c’è un rimpallo che coinvolge Piccoli e la palla arriva così in area di rigore. In zona ci sono Pierotti e Sebastian Walukiewicz. L’argentino fa una finta per farsi scorrere la palla alle spalle, ma il polacco dell’Empoli è comunque in vantaggio. Il numero 50 del Lecce però non si abbatte e, con un movimento felino, arriva sulla sfera prima dell’avversario. A quel punto un qualsiasi giocatore poco utilizzato, ritrovatosi da solo davanti al portiere, proverebbe un tiro per trovare la gloria personale e dimostrare a tifosi, stampa e allenatore di essere un elemento importante. Ma Pierotti non si fa prendere dall’egoismo e mantiene invece la lucidità necessaria per evitare sia Caprile che il disperato intervento di Bartosz Bereszynski e servire così il solissimo Sansone.

Quest’ultimo non ha altro da fare che depositare a palla nella porta ormai vuota dell’Empoli. 

Un po’ Ignacio Piatti per le movenze (ma Piatti non la passò a Ofere in quel famoso Napoli-Lecce) un po’ Maradona (con le dovute proporzioni) contro il Brasile agli ottavi di finale di Italia ’90 (Diego attirò i brasiliani su di sé per poi servire lo smarcato Caniggia), Pierotti potrebbe, già solo con questa azione, aver contribuito a scrivere la storia del Lecce in questa annata. Il tutto toccando appena quattro palloni nei sette minuti totali in cui è stato in campo (recupero compreso). Ma questo è solo l’inizio. Domenica infatti a Reggio Emilia è previsto un altro importante scontro salvezza contro il Sassuolo. In quella circostanza mancherà Pontus Almqvist, ammonito contro l’Empoli e quindi squalificato per la trasferta emiliana. Per sostituire lo svedese ora Gotti sa di poter contare anche su Pierotti. Da esterno d’attacco o da trequartista alle spalle del rientrante Krstovic (o di Piccoli), l’argentino è pronto a dare il suo contributo anche partendo dall’inizio, mettendo in campo la sua forza fisica, la sua tecnica e la voglia di emergere. Per continuare a scrivere quel romanzo sentimentale che lega Lecce all’Argentina, fin dai tempi di Beto Barbas e Pedro Pablo Pasculli. 

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