Gli studenti pugliesi e siciliani sono i migliori d'Italia, secondo i voti dell'esame di maturità del 2023. Sono i peggiori, invece, se si guarda ai risultati dei test Invalsi. Secondo quest'ultimi i pugliesi che hanno sostenuto l'esame di stato l'anno scorso avevano una preparazione inadeguata in matematica nel 55% dei casi e in italiano nel 43%. Eppure oltre il 15% dei ragazzi ha chiuso il percorso delle scuole superiori con 100 o 100 e lode.
In Puglia il 5,6% degli studenti ha ricevuto la lode: è il numero più alto d'Italia, a fronte del fatto che invece secondo gli Invalsi gli studenti della regione sono tra i meno bravi d'Italia.
Le reazioni
Contrari i sindacati e anche alcuni presidi del Mezzogiorno. L'Associazione Nazionale Presidi pugliese, invece, apprezza lo sforzo di «valorizzare e tenere in massimo grado le valutazioni degli Invalsi, perché - dice Roberto Romito - forniscono indicazioni importanti anche per le stesse scuole». «La maturità - aggiunge il presidente dell'Anp regionale - spesso traduce in un voto molto generoso gli apprendimenti rilevati al momento dell'esame. Va indagata la relazione tra i risultati degli Invalsi e quelli dell'esame di stato, anche se è chiaro che non è questo lo scopo principale della legge». Insomma, può essere apprezzabile.
Tina Gesmundo, preside del Liceo Scientifico Salvemini di Bari, ribadisce l'importanza degli Invalsi. E spiega che la legge può servire a «motivare gli studenti che troppo spesso non si impegnano nei test. L'inserimento della valutazione nel curriculum può essere un incentivo importante». «Dall'altra parte - aggiunge - si vuole mettere un freno al fatto che al Sud i voti sono spesso più alti». Perché? «Non c'è un fattore corruttivo o lassista - spiega Gesmundo, dirigente scolastico da oltre 18 anni -. Il discorso è più semplice di così: al Sud, probabilmente, i docenti si affezionano maggiormente ai propri ragazzi. Si diventa quasi una famiglia e questo porta a un fenomeno di protezione nel momento degli scrutini. C'è un modo diverso di intendere la scuola e il contesto attorno ai ragazzi, ma non c'è malafede». In sostanza la preside si dice «nè favorevole e né contraria», anche se «credo che per la scuola servano interventi strutturali, anche nell'ambito degli Invalsi, e non emergenziali. E questi non dovrebbero avvenire, come spesso accade, in extremis».
Contraria la Cgil, che tramite una nota parla di una «una disposizione sbagliata che non rientra neppure tra gli obiettivi del Pnrr. Oltre a una questione di metodo e di coerenza, sottolineiamo che in tal modo viene rafforzato il ruolo delle prove Invalsi come valutazione degli apprendimenti individuali invece che quello di valutazione di sistema, snaturando il ruolo dell'Istituto quale ente di ricerca che, in tal modo, si sovrapporrebbe alla funzione docente a cui, unicamente, spetta la valutazione degli alunni. Chiediamo al Parlamento - scrive il sindacato confederale - di cancellare questo obbrobrio pedagogico e didattico».
Anche il mondo della scuola si divide. Resta, però, il nodo della discrasia tra i risultati degli Invalsi - strumento, ad ogni modo, criticato da più parti - e i voti degli esami di maturità. Anche questa è un'Italia che viaggia a due velocità tra Nord e Sud, tra livelli alti di apprendimento nei test e 100 e lode che fioccano, talvolta (almeno all'apparenza), troppo facilmente. Ed ecco il curriculum, per provare - quantomeno in questo - a riequilibrare il gap Nord-Sud. Questa volta, però, il Mezzogiorno era in testa. Solo questa volta.