Riforma delle autorità portuali, la Consulta gela il governo: «Parola alle Regioni»

Riforma delle autorità portuali, la Consulta gela il governo: «Parola alle Regioni»
di Francesco G. GIOFFREDI
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 16 Dicembre 2015, 12:30

Sabbia negli ingranaggi, anche se resta da capire quanto e come s’incepperà il cammino del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica. La riforma dei porti varata dal governo renziano, che dovrebbe comportare l’accorpamento delle Authority in 14 macro enti di sistema, rallenta e dovrà prima o poi passare all’esame (tortuoso) delle Regioni: così ha stabilito la Corte costituzionale. Con sentenza depositata quattro giorni fa dopo un ricorso della Regione Campania, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 29 del decreto “Sblocca Italia” là dove «non prevede che il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica (disciplinato dal decreto, ndr) sia adottato in sede di Conferenza Stato-Regioni». In sostanza: riorganizzare, razionalizzare e semplificare in un’unica visione strategica il sistema portuale è compito sì del governo, ma occorre comunque il parere delle Regioni. Ed è, dunque, insufficiente l’unico step sull’asse Roma-Regioni fin qui previsto: la consultazione non vincolante dei singoli governatori in fase di nomina dei presidenti delle Autorità di sistema (come previsto dal disegno di legge di palazzo Chigi).

Quali saranno gli effetti della sentenza sulla nebulosa partita delle Autorità portuali? E la Puglia ribalterà il tavolo in Conferenza Stato-Regioni, pretendendo il riconoscimento per i due porti core (Bari e Taranto)? O sarà confermata l’indiscrezione dell’Authority unica, col primato assegnato presumibilmente allo scalo tarantino? Circa 15 giorni fa, in riva allo Jonio per inaugurare la nuova e ambiziosa piattaforma logistica, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio aveva messo il lucchetto: «In Puglia una sola autorità: io avevo indicato Taranto, ma decideremo insieme», lasciando solo timidi spiragli (tutti politici e diplomatici) per Bari, dopo l’asfissiante pressing in primis del sindaco renziano Antonio Decaro.

Le conseguenze. Ora però le implicazioni della sentenza disegnano un triangolo. Primo, c’è il dettato dei giudici costituzionali: bisognerà ritoccare tanto lo “Sblocca Italia” quanto lo stesso Piano strategico, in tempi ragionevoli. Secondo: c’è il rinnovato protagonismo delle Regioni, il che però preannuncia un possibile Vietnam in fase di confronto tra palazzo Chigi e i governatori con inevitabile effetto frenante sulla riforma. Terzo, c’è il niente affatto trascurabile fattore tempo: obiettivo del governo è (era) ultimare la bozza del Piano tra un paio di settimane, per poi accompagnare il disegno di legge in Parlamento a gennaio. Adesso però c’è un interrogativo grande così: una volta adeguate le norme alla sentenza, il passaggio in Conferenza Stato-Regioni quando ci sarà e quanto sarà lacerante? Probabilmente arriverà dopo che il ministero avrà redatto l’ultima stesura del Piano, quella che indicherà quali e quante Autorità di sistema sono previste.

La bozza. Nell’ultima bozza si accenna a 14 Authority in tutta Italia, e quella della Puglia è definita “dell’Adriatico meridionale e del Mar Ionio”: Bari, Brindisi, Manfredonia e Taranto. La preferenza cadrà sulla «sede del porto core, così come individuato nel Regolamento 1315 del 2013 del Parlamento europeo. In caso di due o più porti core ricadenti nella medesima Autorità di sistema portuale (ed è il caso della Puglia, ndr), il ministro indica la sede della stessa». Il Regolamento europeo disegna la nuova mappa delle Reti Transeuropee di trasporto (Reti Ten-t), indicando per l’Italia 14 porti core: Genova, La Spezia, Livorno, Napoli, Gioia Tauro, Taranto, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia, Trieste, Palermo, Cagliari, Augusta. Resterebbe fuori Civitavecchia, primo porto crociere d’Italia e dunque destinato comunque ad ottenere i galloni di Autorità strategica. Ma a danno di chi, se il governo vuol attestarsi sui 14 super-porti? Ma se la trattativa nelle felpate stanze di governo poteva attutire e giustificare le polemiche, adesso lo step in Conferenza Stato-Regioni rischia per davvero di far esplodere il caos e far precipitare la riforma nel burrone.

Intanto la Corte costituzionale spiega perché rispolvera il ruolo delle Regioni: la materia porti ricade tra quelle di competenza legislativa concorrente, e pur motivata la “chiamata in sussidiarietà” (cioè l’accentramento statale in presenza di “un’esigenza di esercizio unitario di determinate funzioni”), occorrono comunque “adeguate forme di coinvolgimento delle Regioni interessate”.

Il ruolo di Emiliano. Cammino in salita, tra dubbi e ostacoli.

Con un’ultima domanda, tutta pugliese: Michele Emiliano, al tavolo della Conferenza Stato-Regioni, quale jolly pescherà? Il governatore ha già illustrato la sua dottrina: preferenza a Taranto, se sarà Authority unica; ma impegno a lavorare per il raddoppio degli enti strategici, per valorizzare anche Bari.

© RIPRODUZIONE RISERVATA