Tra ansia ed esami, viaggio nelle aule universitarie: «Basta parlare di merito e miti, lasciateci liberi»

Il nostro reportage tra le sedi dell'Università del Salento

Tra ansia ed esami, viaggio nelle aule universitarie: «Basta parlare di merito e miti, lasciateci liberi»
di Giuseppe ANDRIANI
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Mercoledì 1 Marzo 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 16:15

Allo Studium 2000, a due passi da Porta Napoli a Lecce, alle 11 del mattino, di un grigio giorno di febbraio, ci sono pochi “coraggiosi”. Niente lezioni, non ci sono neppure esami. Chi c’è, studia in biblioteca. E nelle pause parla al telefono fuori o fuma una sigaretta, per lo più elettronica. In Ecotekne, il bar di Economia è vuoto anche a mezzogiorno. Anche qui, non ci sono lezioni, ma esami sì. Una ragazza apre un libro e sottolinea, all’aperto nonostante il freddo. «Utilizzo questo tempo in attesa del bus per Lecce». Ha appena finito un esame, «è andato bene tutto sommato e comunque sono contenta». 

All’Università del Salento si parla molto del caso dell’esame di Letteratura latina.

Ne parlano due ragazzi di fronte allo Studium, in pausa: «Ecco - dice uno dei due indicando un terzo giovane appena arrivato - lui ne sa qualcosa». Sorridono, perché a vent’anni si riesce a sorridere, quando si è forti, anche di qualcosa che non va. «Io sono una vittima», dice lo studente (inteso come colui che studia, senza distinzione di sesso, ndr) appena arrivato, che preferisce però mantenere l’anonimato. «Ho fatto l’esame svariate volte, è da un anno che ho la tesi pronta e non posso laurearmi. Perché succede questo?». Ha l’aria più rassegnata che arrabbiata. Evidentemente sono fasi di uno stesso percorso di consapevolezza. «Sono stato bocciato tre volte perché lo meritavo, ero poco preparato e lo ammetto. Però le altre volte no. E non capisco a chi giovi tutto questo». La docente ha già, nei giorni scorsi, espresso la propria opinione. Lo ha fatto anche in diretta tv sulla Rai. I ragazzi qui, però, non sembrano chissà quanto convinti. 

Generazione boh

Commentano, con i libri in mano e uno sguardo allo smartphone per l’orario del prossimo bus. Il fil rouge è proprio la voglia di parlare, di raccontare come si sentono. Sono i ragazzi di una generazione “boh”, che hanno superato la pandemia, la dad, hanno imparato a conoscere l’ansia e adesso hanno consapevolezza di chi sono. «La pressione c’è. Però voglio aggiungere una cosa: serve un orientamento migliore, sia da parte della scuola che da parte delle famiglie. Altrimenti la pressione si aggiunge a un qualcosa per cui un ragazzo non si sente neppure portato. Ma perché parlano di merito se non partiamo tutti dallo stesso punto?», si chiede Carlo, fuori dalla più grande biblioteca del polo urbano. «La società ci mette addosso un sacco di stress. E non capisco perché. L’università dev’essere un percorso formativo, non una gara», aggiunge Giulio, che si era dato appuntamento con l’amico, perché frequenta un corso in Ecotekne. E Manuel ha un desiderio: «L’università fatta in questo modo sembra uno storico di prestazioni nel giorno dell’esame. Vorrei un percorso meno piegato al voto e più orientato all’interesse culturale e alla formazione personale di ognuno di noi». Guardandoli, parlandoci, si ha la sensazione che non siano concetti buttati lì. Evidentemente il periodo storico, la cultura del “merito”, la salute mentale tornata ad avere un valore portante (e tutt’altro che data per scontata), ha contribuito a formare la coscienza di una generazione. 
In Ecotekne i punti di ritrovo sono il bar nel plesso di Ingegneria e una copisteria a Giurisprudenza. Una ragazza esce con una dispensa, un po’ preoccupata. «Guarda quante formule», dice all’amica. Scene ordinarie di una vita scandita da lezioni ed esami. A proposito, poco distante, davanti al bar della Community Library (struttura nuova e quasi fuori contesto per l’efficienza) Josè racconta che «ogni tanto capita di restarci male perché si pensa che il voto non rispecchi quanto hai studiato e quanto hai dato. Può capitare. I professori? Non è che ci ostacolino, però ogni tanto magari sono un po’ freddi. Questo sì». Simone assicura che la vita da universitario, oggi, è difficile. «Credo - dice - che il problema maggiore sia organizzativo: gli esami si accavallano e alcuni periodi diventano da incubo, ma non vedo problemi con i professori». Ma Francesco ha un consiglio: non ingigantire le situazioni. È più pratico: «Siamo più portati in alcune materie e meno in altre. Io penso che dobbiamo solo prendere consapevolezza della situazione, altrimenti l’esame diventa ancora più difficile». Probabilmente hanno tutti sostenuto un esame in giornata, perché qui non c’è poi tanta gente che viene solo per studiare. Un esame lo ha sostenuto anche Elena, che fa uno spaccato della vita da studentessa: «Conta più l’apparenza che tutto il resto. Soffriamo di ansia, è vero. E questo influisce. La pandemia ha sicuramente peggiorato le nostre condizioni. Io in realtà ho appena iniziato a studiare ma abbiamo tutti vissuto quel periodo, dopo è più difficile anche relazionarsi, sia con i docenti che con i compagni. Il covid ha sicuramente peggiorato la situazione. Eppure io penso che ognuno di noi abbia la propria personalità. C’è chi riesce a sbloccarsi, chi soffre di più le pressioni. Il rapporto con i professori? Dipende dal carattere di ognuno di noi». 
Non parlate loro di merito. La risposta è spesso la stessa: «Quale merito se non siamo tutti uguali?». Il viaggio tra le università leccesi non è ripetitivo. Spostandosi da un edificio all’altro: l’ateneo è vuoto nel primo pomeriggio. Ma l’auletta di Link, in un piano interrato, è frequentata da due ragazzi, entrambi con ruoli attivi nella rappresentanza studentesca, Ludovico Mordos e Mara Zaccaro. L’auletta contiene striscioni, anche vecchi, e cartelloni elettorali. «Siamo avvolti da pressioni sociali che influiscono sulla carriera accademica - commenta Mara -. Il benessere psicologico deve tornare a essere uno dei punti cardine. È stato aperto un presidio sanitario in Ecotekne, ma la richiesta era partita due anni fa. Nell’ultimo senato accademico siamo intervenuti sugli esami scoglio. Già due anni fa avevamo sottoposto agli studenti un questionario. Abbiamo chiesto maggiore attenzione al tutoraggio, dev’essere uno strumento da non sottovalutare. Chiediamo anche che ci sia un monitoraggio sugli esami per capire quali possano essere definiti scoglio. E ci sarà una commissione che si riunirà, noi vogliamo che tutto questo sia regolamentato». «Durante l’inaugurazione dell’anno accademico - aggiunge Ludovico - abbiamo esposto dei cartelloni. Il percorso formativo non può ridursi a inseguire un mito sociale. Non si può parlare di merito, il punto di partenza non è lo stesso per tutti, altrimenti parliamo soltanto di classismo». Il concetto di merito, se non è uguale per tutti, non piace a nessuno. Sui prof frasi dette e non dette. Lo sguardo va spesso al manuale da studiare, che sia di letteratura, di economia o di diritto. Nessuno, però, ha un manuale su come si gestisca l’ansia, su come si possa mettere un freno alla pressione. Fa più danni questo, di un ablativo assoluto.
 

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