La domanda, senza troppi fronzoli, è soltanto una: perché? Per quale motivo la Puglia è stata classificata nell'area di criticità intermedia, contrassegnata dal colore arancione? Quali criteri e numeri hanno corroborato la valutazione di ministero e Istituto superiore di sanità? La risposta è nella batteria di 21 indicatori-sentinella, una griglia di parametri stilata a fine aprile, operativa da allora, implementata dai dati forniti dalle stesse Regioni, ma fin qui non troppo pubblicizzata. Anzi: quasi sottaciuta. Ieri Silvio Brusaferro e Gianni Rezza sono stati perciò mandati in trincea dal ministro Roberto Speranza: conferenza stampa per sedare lo scontro con le Regioni in rivolta, stoppare sul nascere le polemiche e provare a spiegare. Il presidente dell'Iss e il direttore generale della Prevenzione del ministero hanno perciò aperto per la prima volta la scatola dei 21 indicatori. Diffondendo il report della settimana 19-25 ottobre, cioè quello poi sfociato nell'affresco dell'Italia a tre colori (rosso, arancione e giallo).
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Cosa inchioda la Puglia nella fascia intermedia-arancione? I dati che, al momento, ministero e Iss cerchiano in rosso riguardano perlopiù «stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari»: in sostanza, la reattività del sistema pugliese nel gestire i pazienti. È qui che il segnale d'allerta s'accende più spesso: in questa sotto-categoria dei 21 indicatori rientra per esempio il celebre indice Rt (il numero di persone che un paziente positivo può contagiare in un determinato arco temporale: «Indica una tendenza», spiega Brusaferro); o anche il trend dei focolai attivi (freccia verso l'alto), o la probabilità di occupazione delle terapie intensive al 30% e delle aree mediche Covid al 40%, possibilità entrambe stimate «più del 50%». È definita poi «alta, con probabilità alta di progressione» la classificazione complessiva di rischio.
Più volte ieri Brusaferro e Rezza hanno tentato di smorzare i toni, escludendo la connotazione a mo' di «pagella» della mappa a 21 indicatori, ed enfatizzando viceversa il clima di collaborazione con le Regioni. In effetti, sono proprio le Regioni, con le loro ramificazioni sanitarie e territoriali, a censire i dati richiesti dagli indicatori e condividono perciò questi numeri con la cabina di regia. La successiva elaborazione è sulla base di un algoritmo previsto dal decreto ministeriale della primavera scorsa. Quindi la cabina di regia rimanda i dati alle Regioni per una ulteriore validazione. Ed è solo a questo punto che viene pubblicato il livello di rischio e resilienza finale. Il primo macro-indicatore (sei criteri) riguarda, come detto, la raccolta dei dati: dal numero di casi sintomatici notificati per mese fino al numero di Rsa in una checklist con almeno una criticità riscontrata (maggiore del 30% del totale, scatta l'allerta). Il secondo indicatore (sei criteri) ruota attorno alla capacità di tracciamento di una Regione: dalla percentuale di tamponi positivi al numero di figure professionali dedicate. Il terzo indicatore (nove criteri) è centrato sulla tenuta degli ospedali e considera anche il numero di accessi Covid ai pronto soccorso (non dovrebbe superare l'aumento del 50%), fino a terapie intensive (allerta se i posti occupati sono più del 30%) e ricoveri nei reparti ordinari (allerta con +40%). Il punto, tra gli altri, è però uno: il sistema di raccolta dei dati è andato in tilt in alcune Regioni. Fino a collassare del tutto. E le prossime settimane non sembrano certo sorgere sotto i migliori auspici. A ottobre si è aggiunto il documento dell'Iss sui quattro scenari possibili con differenti livelli di rischio. Quest'ultimo, però, sembra non sovrapporsi perfettamente ai 21 indicatori che determinano le zone rosse, arancioni o gialle.
Il cruscotto di numeri da monitorare è comunque complesso. Il prossimo monitoraggio potrebbe portare a scostamenti cromatici per alcune Regioni, pur nella consapevolezza che questa mappa non dovrebbe essere ritoccata per i prossimi 14 giorni. Alcuni dati pugliesi, più aggiornati rispetto al report presentato ieri, possono essere però già elencati. A cominciare dai contagi: più 37,7% i nuovi positivi negli ultimi sette giorni, 145 ogni 100mila abitanti (Puglia terzultima: performance confortante), 802 persone testate nell'ultima settimana sempre ogni 100mila abitanti (terzultimi anche in questo caso: male), 18,16 il numero medio di positivi sui pazienti testati ogni 10mila abitanti nella settimana (sestultimi). E poi i carichi sanitari: cresciuti del 56% i ricoveri in terapia intensiva in sette giorni, con occupazione dei posti letto al 33%; stesso grado di saturazione con i ricoveri in reparti Covid (aumentati dell'11%); ma incoraggiante il numero di contagiati ricoverati ogni 100mila abitanti (18). E i modelli matematici azzardano: al 15 novembre i ricoveri totali, in Puglia, potrebbero essere quasi 1.200.