Mittal: «La nostra lettera? Il governo non ha risposto». Cassa integrazione per 500

Mittal: «La nostra lettera? Il governo non ha risposto». Cassa integrazione per 500
di Domenico PALMIOTTI
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Martedì 23 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 15:23

Il Governo non ha ancora risposto all’ultima offerta di Mittal al premier Giorgia Meloni, e quindi sul fronte societario non ci sono passi avanti, ma nell’indotto cresce il ricorso alla cassa integrazione. «Siamo arrivati a circa 500 persone dell’indotto di Acciaierie d’Italia per le quali è stata chiesta la cassa integrazione ordinaria. Ad un primo stock di 200 dei giorni scorsi, si è aggiunta la Semat Engineering con altri 240. Se poi anche le altre realtà apriranno alla cassa integrazione, chiaramente il numero è destinato a salire, poiché ciascuna azienda va dai 60 agli 80 dipendenti»: così Davide Sperti e Mimmo Amatomaggi della Uilm riassumono la situazione delle imprese appaltatrici del siderurgico strette tra mancati pagamenti, ordini di lavoro scarsi e prospettive molto incerte.

Acciaierie, c'è preoccupazione

La preoccupazione riguarda soprattutto l’amministrazione straordinaria alla quale verrebbe assoggettata Acciaierie, ma anche la tenuta in futuro della società. «Sicuramente attiveremo la cassa da subito - annuncia Fabio Greco, presidente di Aigi, l’associazione dell’indotto - e quindi già da oggi partiranno altre richieste.

Per Aigi, la cassa la stanno chiedendo tutte le imprese. Valutiamo che la cassa potrebbe riguardare come numero massimo 2mila dei 4mila addetti delle nostre associate, ma tra ieri e la scorsa settimana l’abbiamo già chiesta per 5-600». Dalle dichiarazioni dei sindacati e dell’associazione che raggruppa la maggioranza dell’indotto, si ricava che sono in atto le manovre sulla cassa come risposta d’emergenza alla crisi. Tuttavia si vuole attendere l’incontro che per domani i ministri Adolfo Urso (Imprese) e Marina Calderone (Lavoro) hanno convocato per un ulteriore focus sull’indotto. Si farà un aggiornamento sulla situazione dell’ex Ilva, hanno specificato i ministri, «anche al fine di predisporre ulteriori misure dopo quanto previsto dal decreto recentemente approvato dal Consiglio dei ministri a sostegno delle aziende e dei lavoratori dell'indotto». L’incontro di domani, che coinvolgerà i sindacati, segue quello che c’è già stato venerdì con le associazioni delle imprese. Fonti vicine alla multinazionale dell’acciaio hanno intanto fatto sapere che «in merito alla proposta di accordo inviata lo scorso giovedì 18 gennaio al Governo italiano, al momento Arcelor Mittal non ha ricevuto riscontro». 


La proposta del ceo Aditya Mittal da un lato è finalizzata a riallacciare i contatti con l’Esecutivo, dopo il varo del decreto legge che spiana la strada all’amministrazione straordinaria e l’incarico a Invitalia, partner pubblico di Acciaierie, di azionare la relativa leva, e dall’altro ad evitare la stessa amministrazione straordinaria. Al premier (ma la lettera è stata inviata anche al sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano), Mittal ha dichiarato disponibilità a scendere in minoranza in Acciaierie, a perdere il controllo congiunto e qualunque potere di veto, a cedere la propria quota azionaria, anche per intero, a contribuire economicamente all’acquisto degli asset aziendali da Ilva in amministrazione straordinaria, e, sempre dalla minoranza, ad essere “partner strategico” che fornisce “esperienza tecnica e industriale mentre il Governo decide una soluzione permanente”.

Gli incontri dei sindacati


Ieri i sindacati metalmeccanici hanno avuto due incontri: in mattinata con Confindustria Taranto e nel pomeriggio con Aigi. Con la prima si è trattato il caso dell’impresa Nuova Elettromeccanica che, avendo problemi uguali al resto dell’indotto, ha chiesto la cassa ordinaria per i 50 addetti. Invece con Aigi, spiega Sperti, «abbiamo soprattutto condiviso il fatto che gli obiettivi sono comuni, ma le persone vanno messe in sicurezza. Quindi, nessuna forzatura o azione accelerata. Le imprese stanno chiedendo la cassa, ma domani ai ministri ribadiremo che bisogna trovare una soluzione normativa che ci dia garanzie. Occorre quindi migliorare il decreto legge in fase di conversione». «Le imprese ci hanno prospettato una situazione drammatica - aggiunge Sperti -. Il punto è che noi lo sappiamo da anni e da anni denunciamo che questa gestione di Acciaierie, facendo cassa sull’appalto e sui lavoratori, avrebbe determinato lo stato che vediamo».

«Abbiamo raccolto le istanze delle imprese e c’è molta preoccupazione circa il fatto che nei 15 giorni concessi ad Acciaierie con la lettera inviata da Invitalia, non si riesca a trovare un accordo che definisca le criticità che ci sono - commenta Piero Cantoro della Fim Cisl -. Per l’indotto, un’amministrazione straordinaria che ripercorresse quanto già visto nel 2015, non sarebbe assolutamente sostenibile. Se poi si aggiungono che le imprese non stanno ricevendo il contante che serve a coprire le necessità impellenti e la stretta sul credito da parte di Banca Ifis, è evidente che il quadro si complica. Abbiamo quindi registrato la voce delle imprese ma sul resto abbiamo temporeggiato aspettando l’esito dell’incontro di domani». «Ci rivedremo con Aigi dopo la convocazione di domani col Governo», puntualizza Amatomaggi. «Dopo mercoledì, vedremo cosa fare», aggiunge Greco. Infine, circa i pagamenti in attesa, lo scorso fine settimana Aigi ha sollecitato Acciaierie, fornendo nomi e posizione delle imprese, ma non ha ancora ricevuto risposte.

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